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La cattedrale di Chartres: nera di fuliggine o di un bianco splendente, continua a salvare anime

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AFP PHOTO / Guillaume SOUVANT

WILLIAM NEWTON - pubblicato il 26/10/15

Mentre infuria il dibattito sul restauro della cattedrale francese, ricordiamone lo scopo superiore

Se non avete seguito gli ultimi dibattiti su arte e architettura – in fondo è per questo che leggete questo articolo –, potreste non sapere della tempesta che infuria intorno al restauro della cattedrale di Notre Dame a Chartres, in Francia. Considerata a livello universale una delle principali opere architettoniche del pianeta, l’architettura medievale di Chartres e le sue splendide vetrate hanno ispirato scrittori, artisti e compositori, nonché molti imitatori. Nel 2008 il Governo francese ha iniziato a restaurare l’edificio, e il processo ha rimosso buona parte della fuliggine, della polvere e della sporcizia che si erano accumulate nei secoli.

Facendo questo, gli esperti che lavorano al progetto sostengono che stanno riportando l’edificio al suo aspetto originale, in base alle scoperte che stanno compiendo nel percorso. “Non!”, gridano altri esperti, screditando il lavoro eseguito a Chartres come un disastro scientifico e architettonico. La loro lamentela è che la “nuova” cattedrale è troppo pulita, troppo bianca e troppo speculativa nel suo aspetto, e che l’edificio viene rovinato con interventi irresponsabili. Questa lotta è in atto sulla stampa artistica ormai da anni, e non mostra segni di cedimento.

Perché un singolo edificio, addirittura una chiesa, dovrebbe provocare tanta costernazione tra tante persone? La risposta deriva dall’importanza particolare della cattedrale di Chartres, che incarna cambiamenti fondamentali nell’esperienza umana che oggi potrebbe sembrare tanto comune da essere facilmente trascurata. Perché a rischio di ipersemplificazione, inevitabile in un articolo breve come questo, Chartres rappresenta un punto di svolta sia della scienza che della comprensione occidentale del rapporto dell’uomo con il Divino.

A livello scientifico, Chartres è una capolavoro di tecnologia. Oggi che la maggior parte di noi vive in edifici le cui mura sono composte interamente di vetro o comportano superfici significative di quel materiale, è facile per noi dimenticare che una volta era impossibile a livello pratico. In passato, le mura di un edificio erano usate principalmente per la protezione dagli elementi esterni, dagli animali o da altri esseri umani. Più erano impenetrabili e spesse, meglio era.

I progressi nello studio e nella comprensione dell’ingegneria, della fisica e della chimica, tra gli altri settori, hanno fatto sì che i costruttori di Chartres alterassero il modo in cui gli esseri umani progettano e usano una struttura permanente. Anziché essere uno spazio chiuso progettato per tener fuori la natura, Chartres impiega la natura per raggiungere uno scopo più elevato. Le mura della cattedrale diventano infatti un mezzo per un duplice fine.

A Chartres, l’obiettivo di base, utilitaristico, della struttura – la protezione – viene raggiunto, ma allo stesso tempo questo scopo è volto verso un fine teologico: la fede. Le mura della cattedrale tengono fuori sole e pioggia, uccelli e insetti, i mori e gli unni per offrire un luogo sicuro in cui gli esseri umani si possano riunire e adorare, ma nel raggiungere questo risultato attraverso l’uso di grandi quantità di vetro colorato inserite in mura relativamente sottili, i costruttori della cattedrale sono riusciti a raggiungere il loro obiettivo di persuadere il visitatore a riesaminare alla base la propria vita, il che non è cosa da poco per una struttura costruita otto secoli fa, senza l’uso del computer o dei macchinari moderni.

È fondamentale tenere a mente questo obiettivo, perché qualunque siano le sue glorie scientifiche, Chartres era ed è ancora, in primo luogo e prima di tutto, una casa di adorazione cristiana. Se non è stato il primo edificio gotico al mondo, è senz’altro uno dei più belli. A livello teologico, rappresenta un cambiamento significativo nell’atteggiamento dell’uomo nei confronti del divino.

Ricordiamo che in passato le case di adorazione erano spesso luoghi piuttosto tetri, anche se di grandi dimensioni all’esterno e decorati in modo elaborato all’interno. Strutture come gli antichi templi egizi a Karnak, il Sancta Sanctorum nel tempio di Gerusalemme e Santa Sofia a Costantinopoli erano progettati per evocare il divino come qualcosa di onnipotente, misterioso e alla fin fine impossibile da conoscere. Anche nelle rare occasioni in cui la luce riesce a farsi strada in queste strutture, come nel Pantheon di Roma, la penetrazione era in genere limitata.

Con l’arrivo dell’architettura gotica, in particolare a Chartres, Dio è ancora Dio, ma l’uomo non è più capace di percepirlo. È la casa di adorazione in cui il visitatore dovrebbe provare gioia, sia per il fatto di essere una parte della creazione di Dio a livello collettivo che per il fatto di essere una persona amata da Dio a livello individuale. Senza negare il potere divino, figuriamoci il giudizio e la punizione finale per i peccati – e anzi, mettendo in guardia contro di essi nella decorazione –, Chartres e le tante chiese che poi l’hanno copiata incoraggiano chi varca la sua soglia a vivere nella speranza piuttosto che nella disperazione.

Non importa dove si vada in una chiesa come la cattedrale di Chartres, la luce ci tocca. Ne siamo circondati e avvolti mentre entriamo e usciamo dagli elementi strutturali che costituiscono l’edificio. Se l’effetto di trovarsi in un posto del genere è schiacciante e ci fa capire quanto siamo piccoli nello schema delle cose, allo stesso tempo siamo attirati e abbracciati dalla bellezza maestosa che ci circonda. Capire che non siamo dimenticati da un Dio distante, nascosto da qualche parte nell’ombra, ma piuttosto conosciuti e curati da lui indipendentemente dalla nostra posizione nella vita è ciò che distingue il cristianesimo. La stessa luce del cielo che illumina il sacerdote o il re ricade sul laico e sul mendicante.

Le critiche del programma di restauro della cattedrale di Chartres continueranno sicuramente per anni, com’è avvenuto per altri progetti significativi di restauro i cui risultati sono stati controversi, primo fra tutti quello della Cappella Sistina qualche anno fa. Il dibattito sull’ipotesi che la cattedrale di Chartres debba essere sporca e tetra, bianca e brillante o qualcosa di intermedio occuperà i commenti del settore dell’arte e dell’architettura negli anni a venire, ma il fatto che la gente ancora una volta guardi e parli dell’importanza di questo monumento alla fede cristiana è alla fin fine una cosa positiva. Parlare semplicemente di questa chiesa non riempirà i suoi banchi, ma come parte della riscoperta del ricco tesoro della cultura cattolica e della sua influenza nel mondo che abitiamo al giorno d’oggi sicuramente non può far male.

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William Newton è laureato presso la Georgetown University School of Foreign Service, la University of Notre Dame Law School e il Sotheby’s Institute of Art in London. Per ulteriori notizie, wbdnewton.com, o su Twitter wbdnewton. Questo articolo è apparso sul Blog of the Courtier di Newton.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

Tags:
arte cristiana
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