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Al Sinodo proposte soluzioni variegate per i divorziati risposati

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©Mazur/catholicnews.org.uk

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 22/10/15

Dal panorama variegato delle relazioni dei gruppi linguistici, i tredici «circuli minores» del Sinodo, dedicate alla terza parte del documento preparatorio, emerge un approccio significativo ai problemi dei divorziati risposati. Papa Francesco ha ribadito più volte – l’ultima intervenendo in aula il 6 ottobre per rassicurare i cardinali sospettosi di possibili manipolazioni che gli avevano consegnato una lettera – che non bisognava focalizzarsi sul tema della confessione e della comunione per i fedeli che si sono uniti civilmente con un’altra persona dopo la rottura del matrimonio sacramentale.

Il circolo Gallicus A ha scritto di aspettare «una parola» del Papa per aiutare i pastori e le famiglie, e ha sottolineato la mancata menzione del catecumenato, cioè di quelle persone che «incontrano la fede in età adulta» e si trovano in situazioni matrimoniali irregolari: «Noi crediamo che non sia bene rifiutare di fare entrare queste persone nella Chiesa…». Il circolo Gallicus B ha invitato ad approfondire le «forme di partecipazione alla vita della comunità cristiana» e dunque i padri si sono domandati se sia opportuno e necessario «mantenere certe limitazioni attuali», come quelli riguardanti il lettorato in chiesa o l’esclusione dai consigli pastorali. Anche i vescovi del circolo Anglicus A, dopo aver detto che la maggioranza ma non l’unanimità dei partecipanti riafferma l’attuale insegnamento e pressi sui sacramenti ai divorziati e che questa stessa maggioranza non unanime è contraria a trasferire alle conferenze episcopali competenze su questa materia, hanno scritto che «i pastori devono accompagnarli con comprensione, sempre pronti a estendere la misericordia di Dio a coloro che vi anelano quando ne hanno bisogno».

Il circolo Anglicus B insiste sulla comunione spirituale, notando che alcuni divorziati risposati «potrebbero non essere soggettivamente colpevoli di un stato continuo di peccato». Da questo gruppo, nonostante i due anni di lavoro e i due Sinodi, è venuta la richiesta al Papa di stabilire durante il Giubileo «una speciale commissione per studiare la disciplina della Chiesa sull’indissolubilità e applicarla alle situazioni di persone in unioni irregolari, incluse quelle della poligamia». L’Anglicus C dichiara apertamente la divisione al proprio interno sull’argomento della riammissione ai sacramenti e la necessità di «studiarla di più».

Nell’Italicus A tutti sono d’accordo «sull’esigenza di affrontare» questi casi «avendo particolare cura nel distinguere la varietà di situazioni, promuovendo comunque itinerari di fede, di riconciliazione e di integrazione nella comunità ecclesiale. Si è affermata l’importanza che questi itinerari comprendano un accurato e prudente discernimento pastorale sotto l’autorità finale del vescovo; le Conferenze episcopali sono chiamate a maturare criteri comuni adeguati alle situazioni delle rispettive Chiese particolari». Mentre l’Italicus B, afferma: «L’ansia del pastore è quella di individuare e trovare ogni mezzo dottrinalmente valido per aiutare chi ha sperimentato il fallimento a ritrovare la strada verso l’abbraccio pieno con la Chiesa». Aggiunge che «circa la disciplina riguardante i divorziati risposati, a tutt’oggi, non è possibile stabilire criteri generali inclusivi di tutti i casi, talvolta molto diversificati fra loro. Ci sono divorziati risposati che si applicano a camminare secondo il Vangelo, offrendo significative testimonianze di carità. Allo stesso tempo, non si può negare che, in alcune circostanze, si presentino fattori che limitano la possibilità di agire diversamente. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non potrebbe essere assunto nel giudizio sulla “imputabilità” soggettiva. I limiti e i condizionamenti diventano allora un appello al discernimento, primariamente del vescovo, accurato e rispettoso della complessità di tali situazioni».

Anche in questo caso, si chiede un «supplemento di riflessione» e si domanda al Papa «di voler valutare la convenienza di armonizzare e di approfondire la materia complessa (dottrina, disciplina e diritto) al riguardo del sacramento del matrimonio, che consideri anche l’azione pastorale nei confronti dei divorziati risposati». Quasi un «testo unico» sull’argomento. Anche l’Italicus C sostiene che vanno rimosse «alcune forme di esclusione liturgica, educativa, pastorale, ancora esistenti» e bisogna «promuovere cammini di integrazione umana, familiare e spirituale da parte di sacerdoti, coppie esperte e consultori; in ordine alla partecipazione alla comunione». Ferma restando «la dottrina attuale», bisogna «discernere in foro interno sotto la guida del vescovo e di presbiteri designati le singole situazioni con criteri comuni secondo la virtù di prudenza, educando le comunità cristiane all’accoglienza». Anche in questo caso si affida al Papa «l’approfondimento del rapporto tra aspetto comunionale e medicinale della comunione eucaristica, in riferimento a Cristo e alla Chiesa».


Nell’Hibericus A si osserva che «non basta parlare di cammini di misericordia e di vicinanza» senza arrivare «a proposte concrete», per non rimanere fermi a parole «buone ma vuote». Anche qui si osserva che i divorziati risposati secondo le norme attuali non possono fare da padrini e madrine o fare catechismo.«Dobbiamo mostrare di aver dato ascolto al grido di tante persone che soffrono e gridano chiedendo di partecipare più pienamente possibile alla vita della Chiesa». Mentre nell’Hibericus B invita a non concentrarsi nell’accesso ai sacramenti: «Crediamo che la migliore offerta che possiamo fare al Papa è di segnalare» dubbi e questioni lasciando poi a lui la decisione.

Infine, il circolo Germanicus, dove lavoravano fianco a fianco i cardinali Walter Kasper (autore nel febbraio 2014 della proposta di concedere a certe condizioni e in certi casi, i sacramenti ai divorziati risposati), Reinhard Marx, Christoph Schöenborn e Gerhart Ludwig Müller: quest’ultimo è il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e si era più volte espresso contro ogni possibilità di cambiamenti riguardo la disciplina e la prassi vigente.

Ma proprio questo circolo, dove sembravano convivere gli opposti, ha dato una grande lezione di unità. Tutti, nessuno escluso, hanno concordato che «non esistono soluzioni semplici e generali», ma «sono necessari alcuni chiarimenti e approfondimenti per esaminare meglio la complessità di tali questioni alla luce del Vangelo, della dottrina della Chiesa e con il dono del discernimento». I padri del circolo di lingua tedesca indicano però «alcuni criteri» che aiutano a discernere. «Il primo di questi viene dato da Papa san Giovanni Paolo II in Familiaris consortio, quando al n. 84 dice: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”».

«È pertanto compito del pastore compiere con la persona interessata questo cammino di discernimento. A tal fine può essere utile compiere insieme, con un sincero esame di coscienza, i passi della riflessione e della penitenza». Così, per esempio, «i divorziati risposati dovrebbero domandarsi come si sono comportati con i loro figli quando la comunione matrimoniale è andata in crisi. Si è tentata la riconciliazione? Qual è la situazione del partner abbandonato? Quali sono gli effetti del nuovo rapporto sulla famiglia più estesa e sulla comunità dei fedeli? Qual è l’esempio dato ai più giovani che devono decidere per il matrimonio? Una riflessione sincera può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio, che non viene negata a nessuno che porti dinanzi a lui i propri fallimenti e i propri bisogni».Un discernimento caso per caso, con il confessore, secondo delle linee guida fissate dal vescovo, perché le situazioni non sono tutte uguali.

A leggere le relazioni, pur variegate, con differenti proposte e approcci, si ha l’impressione che il Sinodo dei pastori sia comunque più attento e aperto di quello mediatico, che in queste settimane ha visto giornalisti nella Sala Stampa vaticana fare l’esame di dottrina ai vescovi. Appare peraltro evidente che dal metodo di lavoro e dal modo di procedere dell’assemblea sotto la guida del Pontefice emerge un approccio più attento alla realtà concreta e alla vita delle persone, con partecipazione alla loro sofferenza anche da chi è convinto che poco o nulla possa essere mutato in quanto a disciplina sacramentale. Insomma, un approccio lontano anni luce da quello delle rumorose lobby mediatico-ecclesiatiche e dai «ripetitori» a gettone di sentenze, che non di rado hanno confuso la dottrina con determinate posizioni teologiche.

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