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Il Sinodo entra nel vivo della discussione sui divorziati risposati

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©Mazur/catholicnews.org.uk

Iacopo Scaramuzzi - Vatican Insider - pubblicato il 16/10/15

Opinioni divise tra chi sottolinea che non si può cambiare la dottrina e confondere i fedeli e chi mette in luce che la Chiesa accompagna tutti

Il Sinodo sulla famiglia in corso in Vaticano (4-25 ottobre 2015) entra nel vivo della discussione sull’ipotesi di concedere la comunione ad alcune coppie di divorziati risposati, uno dei temi più controversi già all’assemblea straordinaria dell’anno scorso, con numerosi interventi che hanno mostrato «una gamma di tonalità che va da zero a cento».

«Se non è l’unico soggetto, tutt’altro», ha sottolineato Romilda Ferrato, uno dei collaboratori (in lingua francese) del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per il briefing quotidiano multilingue sull’andamento dei lavori assembleare, «bisogna riconoscere che la questione dell’accesso alla comunione per le coppie divorziati risposati è ampiamente tornata nella valanga degli interventi nelle ultime 24 ore».

Sono stati 93 gli interventi, tra ieri pomeriggio e questa mattina, nel corso della discussione generale in aula sinodale, di un dibattito, sulla terza e ultima parte del documento-base (instrumentum laboris), che si dovrebbe concludere questo pomeriggio, prima di tornare a dare la parola ai 13 gruppi di lavoro linguistici (circuli minores) per l’ultimatranche di relazioni prima della conclusione. Il tema è particolarmente interessante «nella misura in cui – ha sottolineato Ferrato – cristallizza più di altre questioni i diversi approcci che si esprimono in questa assemblea, come peraltro l’anno scorso, tra chi sottolinea che il ruolo della Chiesa non è aderire all’opinione pubblica o politica, ma essere fedele al Signore, e chi dice che la Chiesa è accanto alla gente malgrado i loro fallimenti senza per questo tradire la dottrina, e chi fa appello alla prudenza e mette in guardia dall’adozione di soluzioni rapide che rischiano di aumentare la confusione generale e turbare i fedeli. Tra i due atteggiamenti in molti sottolineano che non si tratta per nessuno di un accesso indiscriminato alla comunione ma di proporre un approccio personalizzato sulla condotta dei fedeli guidato dai vescovi diocesani. Le posizioni presenti tra le due sono molto variegate, tanto che uno degli intervenuti ha detto di aver percepito una gamma di tonalità da zero a cento».

Molti dei padri, ha sottolineato da parte sua Bernd Hagenkord, collaboratore di padre Lombardi per la lingua tedesca, «sono intervenuti in difesa e per una chiarificazione della dottrina cattolica sul matrimonio e la famiglia, dicendo che è necessario riassumere in modo chiaro e univoco la visione cristiana del matrimonio, sottolineando che la Chiesa non ha l’autorità o il potere di cambiare la parola di Dio. Altri, d’altro canto, hanno sottolineato che seguendo l’insegnamento di Gesù la Chiesa non può escludere permanentemente alcuni fedeli dai sacramenti, perché non siamo funzionari di dogana che controllano la purità dei cristiani». Si è trattato, ha riassunto Hagenkord, di «molti, molti interventi» che hanno mostrato un livello «sempre costruttivo e di alta qualità».

Don Manuel Dorantes, collaboratore al briefing per la lingua spagnola, ha fatto il caso di un padre sinodale intervenuto con parole emotivamente forti per raccontare di una prima comunione molto particolare. Giunto all’altare per ricevere nella mano l’ostia consacrata, il bambino – ha raccontato don Dorantes – di sua iniziativa ha provveduto a spezzarla in due, dandone metà al padre che lo accompagnava, ma che essendo divorziato risposato non poteva riceverla direttamente.


Quanto alla via penitenziale, progetto inizialmente prospettato dal cardinale Walter Kasper, un anno e mezzo fa, come condizione per l’accesso alla comunione, mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla (Messico), intervenuto al briefing, ha ricordato che si tratta di un percorso, analogo a quello presente nelle Chiese ortodosse, che prevede un pentimento per accettare gli errori compiuti e iniziare un nuovo cammino». Stanislaw Gadecki, arcivescovo di Poznan e presidente della conferenza episcopale polacca, da parte sua, ha ribadito che l’episcopato polacco ha «escluso» l’ipotesi della comunione, facendo riferimento alla Familiaris consortio del 1984, sottolineando che i divorziati risposati «non sono scomunicati, ma ci sono molteplici modi di partecipare alla vita della Chiesa» e riconoscendo che a volte «chi è escluso dalla comunione ha un desiderio di eucaristia più forte di chi può accedervi». Il vescovo messicano, più in generale, ha ricordato che il Sinodo «non intende e non ha mai inteso arrivare a decisioni, che sono nelle mani del Santo Padre, al quale diamo le nostre riflessioni e i nostri punti di vista».

Molti, oltre alla comunione ai divorziati risposati, gli argomenti toccati nei numerosi interventi. Padre Thomas Rosica, collaboratore di padre Lombardi per la lingua inglese, ha citato la diversità tra molte culture, la formazione dei sacerdoti che vengono da famiglie difficili, questioni più sociali come l’immigrazione e la prostituzione, nonché l’osservazione di un padre sinodale che «ha parlato sull’importanza di sorridere, poiché Papa Francesco mostra l’importanza di sorridere per un sacerdote». Qualcuno, ha sottolineato padre Lombardi, «ha parlato del motu proprio sul processo di nullità matrimoniale, in particolare in merito alla formazione degli operatori in campo giuridico», molte sono state le proposte e i consigli pastorali molto concreti, un padre sinodale «ha sottolineato che nell’Instrumentum laboris si parla solo una volta di perdono ed è un po’ poco».

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