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Potere nella Chiesa? Le donne l’hanno sempre avuto

Joan of Arc

Elizabeth Scalia - Aleteia - pubblicato il 12/10/15

Nessun'altra istituzione ha fatto di più per dare potere alle donne e incoraggiarle a pensare con la propria testa

La giornalista del New York Times Maureen Dowd ha colto l’occasione della visita di papa Francesco negli Stati Uniti per riferirsi a Sua Santità come al “perfetto papa ottocentesco”, in gran parte perché sembra disinteressato al sacerdozio femminile.

Le affermazioni della Dowd spesso mancano di contesto, e l’articolo non è particolarmente interessante, ma è stato il benvenuto perché ci permette di considerare come la Chiesa cattolica, più di qualsiasi altro corpo istituzionale nel corso della storia, abbia elevato le donne e le abbia incoraggiate a sfruttare al massimo il loro potenziale.

Si può argomentare a ragione sul fatto che la Chiesa cattolica sia stata il mezzo per liberare le donne, e non – come molti l’accusano sconsideratamente – il mezzo della loro oppressione. Fino a 150 anni fa, la grande maggioranza delle donne istruite e realizzate era composta da donne cattoliche religiose, che hanno concepito idee del tutto originali e le hanno seguite.

Pensate a Elizabeth Bailey Seton, vedova con 5 figli, tagliata fuori dalla fortuna della sua famiglia a causa della sua conversione, che ha concepito quella che siamo arrivati a pensare come educazione elementare cattolica, inventando sostanzialmente i mezzi perché i figli dei poveri e degli emarginati diventassero istruiti e competitivi nel “nuovo mondo”.

Pensate a Teresa d’Avila, che non solo ha riformato un ordine religioso corrotto, ma ha poi costruito 16 monasteri, sia per donne che per uomini, pur soffrendo spesso di un dolore paralizzante. E ha scritto anche alcuni libri considerati dei classici della teologia, e ora è Dottore della Chiesa. Non male per una donna che ha trascorso la giovinezza leggendo romanzetti!

Pensate a Henriette DeLille, figlia di schiavi liberati, e a Katharine Drexel, figlia di un ricco industriale, che hanno fondato entrambe ordini femminili e hanno speso tempo ed energie per costruire scuole e ospedali per i nativi americani e gli afroamericani nel profondo Sud.

Pensate a Caterina da Siena, consigliera di papi e re, che dettava le sue lettere a due scrivani alla volta. Un altro Dottore della Chiesa. È interessante che Caterina fosse quasi del tutto analfabeta e “poco dotata” in base agli standard mondani, ma la Chiesa – che non è un’istituzione elitista – la definisce “Dottore” come Santa Ildegarda di Bingen, un gigante intellettuale di musica, scienza, medicina, lettere e teologia. Come nel caso di Santa Teresa di Lisieux, che è entrata nel Carmelo a 15 anni e non lo ha mai lasciato, ma la cui influenza è arrivata molto lontano.

Oh, e non dimentichiamo Giovanna d’Arco, una donna guerriera che guidava gli uomini in battaglia.

Il fatto è che, per quanto si parli di quanto la Chiesa sia stata oppressiva nei confronti delle donne, non c’è stata altra istituzione nella storia che abbia dato alle donne una simile libertà di creare, esplorare, scoprire, servire, gestire, costruire, espandere, in genere con ben pochi aiuti dalle casse delle diocesi in cui lavoravano, e il più delle volte senza interventi da parte della gerarchia maschile.

Rose Hawthorne, figlia di Nathaniel Hawthorne, ha fondato le Domenicane di Hawthorne, un ordine di suore che si prende cura dei malati di cancro – gratis – e che si basa unicamente su donazioni. Una donna americana di nome Vera Duss conseguì la laurea in Medicina alla Sorbona di Parigi e dopo meno di una settimana entrò in un’abbazia benedettina parigina, dove nascondeva e curava gli ebrei perseguitati dai nazisti. Dopo che Patton ha liberato Parigi, Madre Benedicta Duss si sentì chiamata a tornare in America e istituì un’abbazia benedettina nel Connecticut uno dei cui membri è, ironia della sorte, la nipote di Patton.

Quasi fin dall’inizio, la Chiesa ha promosso la realizzazione femminile. Sarebbe difficile trovare un’altra istituzione nel pianeta che non sia la Chiesa cattolica che abbia permesso semplicemente alle donne di pensare con la propria testa, di essere quello che erano nate per essere e di realizzare grandi cose.

La Chiesa ha promosso letteralmente migliaia di grandissime donne, i cui successi sono ingiustamente trascurati perché sono stati compiuti indossando un abito. Paragonatele alle donne “potenti” di oggi – donne spesso intrappolate nel loro vortice amaro di aspettative non realizzate, o addestrate a trovare “microaggressioni” intorno a loro – e il contrasto non potrebbe essere più stridente.

Le donne moderne sono diventate davvero più fantasiose, più consapevoli a livello sociale delle donne cattoliche che fondamentalmente hanno inventato i servizi sociali nella Chiesa ben prima che i Governi sapessero cosa fare con gli orfani e i figli illetterati dei poveri, o come curare i malati? C’è da dubitarne. Le donne moderne sono più libere delle donne religiose che hanno costruito e servito le chiese? Purtroppo no, perché nella nostra società secolarista la creatività delle donne segue non il corso di Dio, ma quello che ha già avuto successo per gli uomini. Il loro senso di successo viene misurato non dal loro servizio agli altri, e al cielo, ma dagli standard mondani falsi – e maschili.

Qualsiasi cosa pensi la Dowd di papa Francesco, vale la pena di ricordare che è stata la Chiesa cattolica, prima di chiunque altro, a guardare le donne che circondavano l’Essere più importante mai apparso sulla terra e a vederle come donne in pienezza, meritevoli di onore e rispetto. Sara, Rebecca, Ester e Rut hanno avuto il proprio ruolo e sono state onorate, con quel rispetto – quella volontà di guardare alle donne come più a semplici note a pié di pagina, come persone essenziali alla storia della salvezza – iniziato com Maria, la donna chiamata dalla Chiesa la più grande di tutti i santi, e la più grande della creazione di Dio.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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