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Quelle proposte di Ruini sulla nullità matrimoniale

cardinal Camillo Ruini

© Vicariatus Urbis

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 09/10/15

L'ex Vicario di Roma si spinge più in là di Francesco e rimette al centro la domanda sulla fede di chi si sposa

L’ex Vicario di Roma Camillo Ruini auspica una procedura «amministrativa» e «pastorale» per il riconoscimento delle nullità matrimoniali e dichiara «opportuno e urgente» chiarire la «questione giuridica di quella “evidenza di non fede” che renderebbe non validi i matrimoni sacramentali».

Nei giochi degli schieramenti al Sinodo, nella loro rappresentazione mediatica come pure nei tentativi di influenzare dall’esterno il dibattito, ad aver la meglio è sempre la semplificazione. Ma a leggere bene tra le righe degli interventi si scorge una realtà più complessa. È il caso del libro a firma di undici porporati pubblicato alla vigilia del secondo Sinodo sulla famiglia per sostenere l’impossibilità di aperture per quanto riguarda i sacramenti ai divorziati risposati. Nelle tante riprese e nei vari rilanci che sono stati fatti del volume a sostegno di questa posizione, non sono però state fatte notare altre sottolineature, come quella del cardinale Camillo Ruini, già Vicario di Roma.

Il contributo di Ruini è contenuto nel volume intitolato «Matrimonio e famiglia. Prospettive pastorali di undici cardinali». I porporati in questione, oltre a lui, sono Caffarra, Cleemis, Cordes, Duka, Eijk, Meisner, Onaiyekan, Rouco Varela, Sarah, Urosa Savino (Cantagalli editore). Il mini-saggio dell’ex Vicario di Roma è intitolato «Il Vangelo della famiglia nell’Occidente secolarizzato». Ruini scrive, a proposito dell’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti: «Questa via non sembra però percorribile, principalmente perché implica un esercizio della sessualità extraconiugale, dato il perdurare del primo matrimonio, rato e consumato».

Subito dopo però aggiunge: «Ciò non significa che ogni possibilità di sviluppo sia preclusa. Una strada che appare percorribile è quella della revisione dei processi di nullità del matrimonio: si tratta infatti di norme di diritto ecclesiale, e non divino. Va quindi esaminata la possibilità di sostituire il processo giudiziale con una procedura amministrativa e pastorale, rivolta essenzialmente a chiarire la situazione della coppia davanti a Dio e alla Chiesa». Evidentemente il contribuito di Ruini era stato preparato prima della riforma dei processi di nullità matrimoniale promulgata da Francesco un mese fa, che snellisce le procedure, elimina la necessità della doppia sentenza conforme e responsabilizza il vescovo diocesano. Pur senza però spingersi sulla via di quella «procedura amministrativa e pastorale» suggerita da Ruini, Papa Bergoglio si è fermato prima, ha voluto mantenere il carattere giudiziale del procedimento, seppur semplificandolo e rendendolo più rapido.

Ma Ruini, nello stesso contributo pubblicato da Cantagalli, chiede di affrontare anche un’altra questione che va al di là degli aspetti procedurali: quella del rapporto tra la fede di coloro che si sposano e il sacramento del matrimonio. «Di fatto – osserva il porporato – sono purtroppo molti oggi i battezzati che non hanno mai creduto o non credono più in Dio. Si pone dunque la questione se essi possano validamente contrarre un matrimonio sacramentale».

Ruini afferma che «su questo punto rimane di valore fondamentale l’Introduzione del cardinale Ratzinger al volumetto “Sulla pastorale dei divorziati risposati” pubblicato nel 1998 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ratzinger ritiene che si debba chiarire “se veramente ogni matrimonio tra due battezzati è “ipso facto” un matrimonio sacramentale”. Ratzinger aggiunge: “All’essenza del sacramento appartiene la fede; resta da chiarire la questione giuridica circa quale evidenza di ‘non fede’ abbia come conseguenza che un sacramento non si realizzi”. Sembra pertanto accertato – chiosa Ruini – che se veramente non c’è fede, non c’è nemmeno il sacramento del matrimonio».

Dunque, «nella situazione attuale, sono forse da ritenere ancora più numerosi i battezzati che di fatto non hanno fede e che pertanto non possono contrarre validamente il matrimonio sacramentale. Sembra quindi davvero opportuno e urgente – conclude il cardinale Ruini – impegnarsi a chiarire la questione giuridica di quella “evidenza di non fede” che renderebbe non validi i matrimoni sacramentali e che impedirebbe per il futuro ai battezzati non credenti di contrarre un tale matrimonio. Non dobbiamo nasconderci, d’altra parte, che si apre così la via a cambiamenti molto profondi e carichi di difficoltà, non solo per la pastorale della Chiesa ma anche per la situazione dei battezzati non credenti. È chiaro infatti che essi hanno, come ogni persona, diritto al matrimonio, che contrarrebbero in forma civile».

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