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Con l’intelligenza artificiale i tempi stanno cambiando. Davvero?

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Matthew Becklo - Aleteia - pubblicato il 09/10/15
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Nell’era della robotica, Bob Dylan, il cantante e cantautore dell’anima, ha qualche asso nella manicaIn un nuovo spot pubblicitario dell’IBM, il cantante e cantautore Bob Dylan si mette a chattare con il sistema di elaborazione della corporazione, “Watson”:

Watson: Bob Dylan. Per migliorare le mie capacità linguistiche ho letto tutti i tuoi testi.
Bob Dylan: Hai letto tutti i miei testi.
Watson: Riesco a leggere 800 milioni di pagine al secondo.
Dylan: Sono tante.
Watson: La mia analisi mostra che i tuoi temi principali sono il fatto che il tempo passa e l’amore svanisce.
Dylan: Sembra giusto.
Watson: Non ho mai conosciuto l’amore.
Dylan: Forse dovremmo scrivere una canzone insieme.
Watson: So cantare.
Dylan: Sai cantare.
Watson: Do-be-bop, be-bop-a-doo. Do-be-do-be-do.

Lo schermo ci lascia con la promessa di una partnership tra l’uomo e la macchina: “Watson dell’IBM pensa con noi per superare i limiti della creatività”. Ma Dylan sembra annoiarsi e uscire dalla stanza, forse per andare a scrivere una canzone.

Dylan non è nuovo a pubblicità originali, ma visto che questa riguarda più che altro il prodotto, la sua presenza ha probabilmente lasciato tiepidi molti fan. Il pensiero di processare istantaneamente il corpus di Dylan in un codice e di “sputare” un riassunto di due righe è piuttosto deludente, ma venderlo come la soluzione ai “limiti della creatività” sembra come voler aggiustare qualcosa che non si è rotto.

Ma andiamoci piano. Quell’uomo enigmatico ha lo stesso vecchio sorriso beffardo, come se avesse in mente qualcosa. E forse non è niente di più (o niente di meno) del fatto di essere lì.

Watson è arrivato a rappresentare un’ondata di tecnologia di robotica “cognitiva” pronta a rovesciare il mondo degli affari, digitalizzando la conoscenza lavorativa e mettendo milioni di lavoratori in mezzo a una strada. In My Puny Human Brain, Ken Jennings dice che il fatto di aver perso con Watson giocando a Jeopardy è stato solo l’inizio di una tendenza più spiccata. “Come nel XX secolo i lavori in fabbrica sono stati eliminati dai robot, Brad e io siamo stati i primi lavoratori dell’industria della conoscenza ad essere cacciati dalla nuova generazione di macchine ‘pensanti’”.

Bill Gates ha detto che la tendenza non si fermerà, e che faremmo bene a mettere al lavoro i nostri piccoli cervelli – non per salvare il nostro lavoro, ma per salvare noi stessi. “Le macchine faranno buona parte del lavoro per noi e non saranno superintelligenti”, ha spiegato Gates su Reddit. “Questo dovrebbe essere positivo se lo gestiremo bene”.

Stephen Hawking ha detto alla BBC che “lo sviluppo della piena intelligenza artificiale potrebbe mettere fine alla razza umana” (i fans di Kubrick sospettano da tempo che HAL 9000 – solo tre lettere prima di IBM – sia stato un ammiccamento nella direzione della società tecnologica. Se è così, la serenata di Watson sembra un po’ meno affascinante).

Qualunque possa essere il risultato sociale della tecnologia robotica, vedere Watson che parla a Bob Dylan della sua musica sembra assurdo. E perché non dovrebbe esserlo? È chiaro che l’IBM vuole replicare alle paure di Gates e Hawking mostrando che Watson può offrire un complemento positivo e organico al lavoro degli umani. Vuole anche offrire una sorta di test di Turing: ecco un computer che sa analizzare i testi di Dylan in modi nuovi e interessanti che lui stesso non avrebbe saputo elaborare.

La presenza di Dylan, tuttavia, non fa altro che sottolineare il baratro tra il lavoro della sua coscienza e il “pensiero” del computer – quella che il romanziere Walker Percy ha definito “la faglia di Sant’Andrea nella mente moderna”. Le teorie mentali di computer e le teorie computazionali della mente si nutrono a vicenda finché non dimentichiamo che la differenza esiste (“l’unica differenza tra noi e il computer Apple è la complessità”). Film recenti come Her ed Ex Machina non fanno altro che rafforzare queste abitudini. Ma Watson fa esattamente ciò per cui è l’IBM l’ha progettato. Nel frattempo, la musica di Bob Dylan è un viaggio senza sforzo al di là dei modelli di informazione, nel mondo dell’esperienza innominabile e dell’insegnamento spirituale. Dylan è piacevolmente sorpreso per il riassunto del suo lavoro da parte di Watson, ma ha ancora un sorriso segreto, e tutta la soddisfazione di sapere ciò che significa.

Lasciate a Bob Dylan il fatto di confondere il nostro “pensiero sul pensiero”, e ricordiamoci che nell’era di Watson il mistero dell’anima è ancora il nostro diritto di nascita.

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Matthew Becklo è un marito e padre, filosofo amatoriale e commentatore culturale di Aleteia e Word on Fire. I suoi scritti sono apparsi su First Things, The Dish e Real Clear Religion.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]