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Un sacerdote che è in peccato può celebrare i sacramenti? Sì, secondo Charamsa

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 07/10/15

Cosa pensava Krzysztof Charamsa dei sacerdoti che pur essendo consapevoli di essere nel peccato, celebrano la santa messa e i sacramenti?

Ad un lettore di ZENIT (29 gennaio 2015), il prete balzato recentemente agli onori della cronaca con il suo coming out, in cui ha annunciato di avere un compagno, risponde in maniera netta: «Sì. Assolutamente sì. La validità dei sacramenti non dipende dalla santità o meno dei ministri che li amministrano».

LA LEZIONE DI SAN TOMMASO
Poi spiega che «l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino al riguardo è molto chiaro, e non manca di chiarezza la dottrina della Chiesa (cfr Concilio di Trento, Sess. VII, can. 8, DS 851: i sacramenti agiscono “ex opere operato”, ovvero per il fatto stesso di essere posto in atto, e non “ex opere operantis” che richiederebbe la santità del ministro, una bella sintesi di tutto ciò troverai nel catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1127-1128)». Su questo punto, spiega Charamsa «ci vuole una piena serenità del credente, certo che il peccato dei ministri non “contamina” la validità dell’azione sacramentaria di Dio».

SACERDOTI SOSPESI
Evidenzia, quindi che «anche i sacerdoti sospesi non perdono il potere di amministrare validamente i sacramenti. Tale esercizio gli viene vietato, ma non perdono la capacità di celebrare validamente. Per questo in pericolo di morte di una persona, anche un sacerdote sospeso può offrirle il sacramento valido. E quante volte è successo, dando la pace e la grazia di Dio ad un morente».

“SIAMO TUTTI PECCATORI”
Charamsa lasciava trasparire uno stato d’animo non proprio sereno. «Siamo tutti peccatori – sentenziava – Nessuno di noi è del tutto libero dal peccato. Ultimamente su questo triste fatto insiste il nostro Santo Padre Francesco, fino al punto che a molti è apparso incomodo se non insopportabile (forse perché provvidenzialmente ha toccato il nascosto problema delle loro anime). Prima del Papa, però, come ricordi bene, era il nostro Signore a dirci “chi è senza peccato, lanci la prima pietra”. Come per dire: “quelli senza peccato, avanti, colpite rapido e efficace”…Siamo peccatori e questo influisce purtroppo sui frutti spirituali dei sacramenti, ma in questo campo (non di validità oggettiva, ma di frutti che si instaurano nell’animo), ciascuno è responsabile per se stesso».

IL PRETE INNAMORATO
A questo punto fa un esempio di prete in stato di peccato: «Forse tu mi parli – dice al lettore – di un sacerdote, che si era innamorato e addirittura aspetta ora di diventare padre, e decide di occuparsi della famiglia, che ha appena formato. In questi casi, penso che è stato coerente e coraggioso, perché il più delle volte un sacerdote che in conseguenza di simili cambiamenti nella propria vita, lascia il ministero, di solito rimane in grande difficoltà per trovare un lavoro: nella propria vita lui era solo sacerdote!»

“GIUSTO CONCLUDERE LA GRAVIDANZA”
In questi casi «lui non è stato fedele alla promessa fatta, ma ha accolto la vita».

«Non si è macchiato con insistenze o collaborazioni con la propria compagna per compiere un aborto (e purtroppo conosco anche tali casi). Ha accolto il figlio ed è coerente e ha coraggio di dedicarsi a custodirlo, come padre. Esattamente come consigliava Papa Benedetto XVI nel suo famoso libro-intervista “Luce del mondo”, ha avuto il coraggio della coerenza».

LA COMPRENSIONE DELL’ALTRO
In questi casi, prosegue, «mi piace ricordare ciò che mi diceva il saggio rettore del mio seminario, quando ci avvertiva: noi nel nostro zelo siamo rapidi a condannare il peccato dell’altro, specialmente del confratello sacerdote, ma guardate bene, dovreste pensare piuttosto quanto bene ha fatto questo nostro fratello quando era prete, per gli anni del suo ministero. Dovreste fissare il vostro sguardo sul bene fatto, e meno sulla varietà dei nostri mali, sui quali ciascuno deve rispondere per se stesso. Questo non significa lassismo o permissivismo nei confronti delle promesse che sono state infrante, ma significa: la comprensione dell’altro».

LA VALIDITA’ DEI SACRAMENTI
La validità dei sacramenti, conclude Charamsa, dunque «non dipende dalla percentuale della nostra santità, se non nei frutti che esso semina nei nostri cuori, per chi trenta, per chi sessanta, per chi cento per cento (ma qui ciascuno è responsabile per se stesso: il sacerdote per la propria anima, ed ogni fedele per la propria)».

LA RESPONSABILITÀ’ DEL MINISTRO DELL’EUCARISTIA
A questo punto è importante richiamare quanto stabilito dal Codice di Diritto Canonico che al Can. 916 afferma: “Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza avere premesso la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima”.

Per quanto riguarda la fedele osservanza delle disposizioni liturgiche, rileggiamo invece insieme quanto scriveva san Giovanni Paolo II nella lettera indirizzata ai sacerdoti per il Giovedì Santo del 1980: “II sacerdote come ministro, come celebrante, come colui che presiede all’assemblea eucaristica dei fedeli, deve avere un particolare senso del bene comune della Chiesa, che egli rappresenta mediante il suo ministero, ma al quale deve essere anche subordinato, secondo una retta disciplina della fede. Egli non può considerarsi come proprietario, che liberamente dispone del testo liturgico e del sacro rito come di un suo bene peculiare. Questa subordinazione del ministro, del celebrante, al minìsterium, che gli è stato affidato dalla Chiesa per il bene di tutto il popolo di Dio, deve trovare la sua espressione nell’osservanza delle esigenze liturgiche relative alla celebrazione del santo sacrificio. La trasgressione delle prescrizioni liturgiche denota mancanza di spirito di fede” .

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