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L’incontro più intimo: chiamati alla consumazione

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Elizabeth Duffy - pubblicato il 05/10/15

Sono stata creata per consumare ed essere consumata

Ritengo difficile accogliere consigli spirituali da altre donne. Potrei enumerarne le ragioni: sono orgogliosa ed egoista, sembrano esserci sempre troppe parole e dichiarazioni qualificative…

La questione di fondo, però, è che ho smesso di considerare la mia anima un problema che richieda pizzichi e messe a punto qui e lì perché tutto vada liscio. La soluzione che la mia anima richiede più spesso non è un consiglio quanto un rapporto – quello che papa Francesco definisce “l’arte dell’accompagnamento”. Ovviamente Gesù è la mia prima fonte di accompagnamento. È anche molto di più – è nutrimento, è misericordia, è consumazione, sposo, fratello, tutto.

Ho anche pochi veri amici che mi accompagnano, ma le mie compagne sono diventate un gruppo di madri sante: Sant’Anna, Sant’Elisabetta, Santa Monica, la beata Dorothy Day e la Madonna.

Una volta in confessione un sacerdote mi ha detto di cercare santi che avevano affrontato delle sfide o avevano lottato contro tentazioni simili alle mie. Avevo sempre pensato ai santi solo come a una sorta di progetto o di stampo a cui avrei cercato di conformare la mia anima, ma ho imparato che la lotta di alcuni santi particolari, e il loro trionfo sul peccato con l’aiuto della grazia di Dio, ha un valore santificatore che trascende il tempo e il luogo – perfino la loro stessa vita – e interessa l’intero corpo di Cristo. In breve, la loro lotta è la mia lotta, e le loro grazie le mie grazie.

Sant’Anna ha dato alla luce la purezza. Il frutto del suo grembo è stata la purezza. Quando parlo di purezza, non mi riferisco alla purezza sessuale, ma alla verginità spirituale, all’assenza di duplicità nel mio cuore. Un cuore pieno dell’unico sposo. Una cosa sola. Amare una cosa sola è purezza, essere pieni dell’Unico, di Gesù. Sant’Anna è stata la madre della madre di Dio e ha ricevuto la benedizione di partecipare al modellamento del lignaggio di tutti i cristiani. L’eredità che lascio ai miei figli andrà ai loro figli, e ai figli dei loro figli. Posso cambiare gli effetti della mia storia e i suoi effetti su di loro? Posso dare alla luce la purezza?

Sant’Elisabetta, patrona dell’ospitalità, il cui grembo era paziente, che è stata esaudita nella sua vecchiaia, è stata la madre di colui che ha battezzato Gesù. “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Scorge la santità in altre donne. Tutto ciò che è e che ha concepito sussulta di gioia alla presenza della Pura. Ti saluto, o piena di grazia. Il Signore è con te. Scorge il tabernacolo sacro che contiene il Figlio di Dio. E questo nella sua età avanzata, quando era stanca e pesante per il proprio figlio, e una giovane vergine era venuta a prendersi cura di lei. Quanto sarebbe stato facile per qualcuno come me esprimere cinismo nel momento in cui invece Santa Elisabetta si rallegra.

Santa Monica piange e supplica per quanto è necessario. Non ha stabilito limiti, dicendo “Bene, piangerò solo per questo periodo di tempo, e poi mi raddrizzerò e andrò avanti con la mia vita”. Non meritava quello che le ha fatto Agostino, né quello che le ha fatto suo marito.

Mi piace Monica perché supplica il cielo. Beati quelli che piangono. Sarà esaudita. Se una donna è incrollabile, come saprà cosa pregare? Non voglio più essere incrollabile.

E poi la Madonna. Penso in particolare alle nozze di Cana, quando la Madonna è riuscita a vedere ciò che era divino nel proprio Figlio e a provocarlo a mostrarlo. Do grandi responsabilità ai miei figli. Li incoraggio nello studio e nello sport. Mi piace che siano socievoli e attivi nella comunità, ma quando arriva il momento delle cose spirituali non sono mai troppo decisa. Vorrei avere il discernimento che ha avuto la Madonna quando ha fatto sapere a suo Figlio che era la sua ora. Non c’è più vino.

La serva di Dio Dorothy Day è una dei pochissimi beati e santi la cui vita esprime la lotta con la cupidigia. Non mi sono mai accontentata di alcun concetto di Gesù come fidanzato casto.

Sono stata creata per la consumazione, ne ho bisogno, e se non riesco a ottenerla nell’Eucaristia e nel servizio, allora la mia anima errante la cerca in occupazioni meno meritevoli.

Sono stata creata per consumare ed essere consumata. Lo so con la stessa certezza che ho provato quando ho riposato senza vergogna tra le braccia di mio marito, volevo quasi mangiarlo. Volevo vivere in quel momento intimo, e che vivesse in me.

Nel glorioso mistero che è presto seguito – quel modo in cui Dio risponde a ogni preghiera –, un’altra anima è venuta ad abitare in me, e poi un’altra, e poi altre quattro. I miei sei figli, che ho nutrito con la mia stessa carne, la placenta che li alimentati nel mio grembo, e il mio latte una volta che sono usciti fuori. Sono stata fatta per la consumazione, e così loro, per nutrirsi al corpo di Cristo, che è l’Eucaristia, e anche la mia carne e la loro rese sacre dal Suo patto.

I miei figli, ovviamente, non avrebbero alcuna idea di ciò di cui sto parlando, né sarebbero consapevoli del loro stesso desiderio di una cosa del genere, anche se all’inizio si manifesta con il loro desiderio di essere visti e conosciuti, di amare e assaporare i frutti dell’amore, seguito rapidamente dalla consapevolezza che non è abbastanza, l’occhio umano, il corpo umano – non sono abbastanza in sé. Anche lo sguardo di Dio, pur in tutta la sua gloria, è solo l’inizio.

Tutto questo sembra follemente sessuale? Beh, lo è. Lascerò ai nostri amici dell’industria dell’intrattenimento il compito di alleviare lo stigma della sessualità femminile. La mia chiamata nella vita, se mai ci arriverò, è alleviare lo stigma della spiritualità femminile, troppo a lungo coperto da tinte pastello e devozioni sdolcinate.

Rapiscimi, Signore! E camminando con le tue sante, aiutami a dare frutti al momento dovuto.

———

Elizabeth Duffy tiene un blog su Patheos, scrive su Elizabeth Duffy: Perspectives on Catholic Life, Family and Culture e ha lavori pubblicati o imminenti su OSV, On Faith, The Catholic Educator e Image.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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