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«Noi, famiglie testimoni al Sinodo»

Praying family © Itsmejust / Shutterstock – it

<a href="http://www.shutterstock.com/pic.mhtml?id=257270470&amp;src=id" target="_blank" />Praying family</a> © Itsmejust / Shutterstock

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Vatican Insider - pubblicato il 01/10/15

Saranno tre le famiglie italiane presenti al Sinodo che offriranno la propria testimonianza alla Veglia del 3 ottobre in Piazza San Pietro

Saranno 3 le coppie italiane presenti al Sinodo (i coniugi Miano, Paloni e Matassoni) cui si aggiungono Lorena e Stefano Girardi, che offriranno la propria testimonianza alla Veglia del 3 ottobre in Piazza San Pietro insieme ai 4 figli

Sono già stati analizzati da molti, quasi passati ai raggi X, i nomi e le personalità dei membri del Sinodo: d’altra parte a loro, Padri sinodali, spetterà il compito di discutere e indicare valutazioni che poi saranno sottoposte al Papa nel documento finale.

Ai membri «togati» si affianca poi una lista di «collaboratori del segretario speciale», tra i quali i coniugi italiani e docenti universitari, Giuseppina e Francesco Miano, già presidente di AC, e un buon numero di uditori laici, tra cui 17 coppie di sposi invitate a vario titolo, vuoi per preparazione specifica in campo culturale, vuoi per esperienza di servizio ecclesiale. Tra di essi altre due sono le coppie italiane: Patrizia e Massimo Paloni, impegnati nella pastorale missionaria della famiglia e Lucia e Marco Matassoni, membri della Commissione per la Pastorale Famiglia della loro diocesi.

Nati a Rovereto (Trento) 48 anni fa, studi all’università di Padova, sposati dal 1997, i coniugi Matassoni hanno 4 figli: Sara (17 anni), Daniele (14), Veronica (13) e Alessandro (11). Marco, informatico, lavora come ricercatore nel Centro per le Tecnologie per l’Informazione della Fondazione Bruno Kessler di Trento e si occupa di elaborazione e riconoscimento della voce, Lucia, una laurea in scienze biologiche nel cassetto, si è occupata della famiglia e dal febbraio scorso ha un incarico annuale come assistente spirituale laica presso due RSA per anziani della sua città (che diede i natali al beato Antonio Rosmini). A ottobre 2014 hanno conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II a Roma e prestano il loro servizio ecclesiale sia a livello parrocchiale e decanale che diocesano.

Una richiesta dal Vaticano nel corso dell’estate: una sorpresa o qualcosa che era già nell’aria? Quale è stata la vostra reazione di coppia e dell’intera famiglia?

«Una grande sorpresa. Abbiamo accolto l’invito con meraviglia e con gioia, felici per il dono ricevuto, ma anche con una sana preoccupazione per il compito che ci attende durante e dopo il Sinodo. Benché fin dall’inizio del percorso sinodale ci siamo sentiti chiamati a riflettere, come coppia, sulle sfide e sulle ricchezze della famiglia di oggi, siamo consapevoli dei molti aspetti o problemi che non conosciamo o che non sperimentiamo nella nostra quotidianità. I nostri figli sono molto contenti della grande opportunità; in verità all’inizio si sono anche meravigliati del fatto che non li avremmo portati con noi per condividere, come solitamente accade, l’esperienza a livello di famiglia intera».

Dire famiglia significa entrare nel concreto della vita quotidiana di laici: talvolta per due genitori è già difficile ottenere ferie congiunte, come riuscirete a gestire l’impegno delle riunioni sinodali, per un così ampio arco di tempo e per di più a 600 km da casa?

«Da questo punto di vista siamo privilegiati: abbiamo due lavori che ci permettono di gestire le ferie con una certa autonomia e in questo periodo abbiamo potuto organizzare l’assenza, contando comunque di rimanere aggiornati con i moderni sistemi di comunicazione. Più delicata sarà la cura dei nostri figli, che peraltro in questo momento in casa sono solo tre perché la maggiore sta frequentando un anno in Perù. Abbiamo coinvolto zii, nonni e amici che garantiranno la regolare routine scolastica; con grande gioia, peraltro, abbiamo ricevuto tantissime offerte di sostegno per gestire le attività dei nostri ragazzi. Davvero questo ci appare come un ulteriore dono che riceviamo e un segno concreto della solidarietà e dell’incoraggiamento che tanti stanno dimostrando nei nostri confronti».

Come uditori laici avete in programma incontri per una conoscenza reciproca o in previsione di eventuali testimonianze o istanze da presentare per iscritto?

«Non abbiamo ancora i dettagli dell’agenda e quindi non abbiamo programmato incontri specifici; possiamo però immaginare che ci saranno diverse occasioni di conoscenza reciproca. Saranno per noi momenti molto importanti per venire a contatto e comprendere esperienze che si snodano in contesti molto diversi dal nostro. In base a queste discussioni valuteremo se sarà opportuno sottolineare in assemblea qualche aspetto rilevante o semplicemente raccontare l’esperienza della nostra famiglia e delle famiglie che conosciamo. Come impegno durante il Sinodo vorremmo sempre provare a tradurre i frutti delle discussioni in proposte e iniziative specifiche «per» e «con» le famiglie che abitualmente frequentiamo, tenendo sempre presenti le loro attese e i loro dubbi».

Quali sono, a vostro giudizio, i temi dell’Instrumentum Laboris che sentite più vicini alla sensibilità vostra o delle famiglie con cui siete in contatto?

«Fin dall’inizio del percorso sinodale ci siamo messi anche noi in ascolto partecipando attivamente alla ricezione dei due questionari e alla formulazione delle risposte, sia a livello di ufficio famiglia diocesano che decanale. Un tema che riteniamo essere fondamentale è quello che il Papa chiama «l’arte dell’accompagnamento» che dovrebbe essere lo stile che caratterizza le nostre relazioni sia nella famiglia (tra sposi, tra genitori e figli, tra nonni e nipoti) che tra famiglie e nella società, perché queste assumano «il ritmo salutare della prossimità» (EG, 169), della tenerezza e della misericordia, rispettose dei tempi di ogni persona. Altrettanto importante riteniamo sia la collaborazione tra sposi e presbiteri, perché l’esperienza concreta dell’amore attraverso il dono di sé illumini le rispettive vocazioni affinché si aprano a nuovi orizzonti di corresponsabilità nel cammino della Chiesa. Inoltre, la nostra sensibilità di genitori prima che di operatori pastorali ci rende attenti all’educazione affettiva e di fede dei figli e all’accompagnamento delle giovani famiglie».

Se Lucia e Marco Matassoni saranno a Roma per tutto l’arco dei lavori sinodali, un’altra coppia italiana sarà presente in Vaticano, invitata dalla Conferenza Episcopale Italiana, per offrire la propria testimonianza alla Preghiera in Piazza San Pietro «Le famiglie illuminano il Sinodo» presieduta da papa Francesco. Si tratta dei trentini Lorenza e Stefano Girardi, entrambi 48 anni, sposati dal 1991, co-direttori dal 2011 (insieme al delegato don Albino Dell’Eva) del Centro di Pastorale Famiglia della diocesi di Trento, sorto nel 1979 per la profetica lungimiranza dell’allora arcivescovo Alessandro Maria Gottardi che aveva raccolto l’auspicio dei vescovi italiani del 1975 di «promuovere uffici pastorali dedicati alla famiglia» all’epoca ritenuta la «grande ammalata». Insegnante lei, tecnico catastale lui, parteciperanno alla Veglia di sabato 3 ottobre alle 18.00 insieme ai loro 4 figli: Emanuele (23 anni), Martina (21), Luca (18) e Francesca (12).

Alla domanda sulla realtà della direzione congiunta di un Ufficio diocesano rispondono così: «La condivisione di ministeri fa parte dell’essere prete o coppia. Non solo un continuo confronto, ma una dimensione ecclesiale che ci completa a vicenda. Sarebbe impensabile un Centro Famiglia guidato solo da un prete».

E lo stesso per un Sinodo sulla Famiglia, dove appare indispensabile la presenza di coppie che vivono quotidianamente la realtà familiare, se pure solo uditrici.

QUI L’ORIGINALE

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