Il vescovo di Shanghai, proseguendo la sua analisi, si sofferma anche sui rapporti tra Stati Uniti e Santa Sede, forse con l’intento di suggerire comparazioni utili a chi nel suo Paese si occupa dei rapporti sino-vaticani: Ma Daqin accenna al lungo periodo in cui tra Washington e i Palazzi d’Oltretevere ha funzionato un’intensa «relazione senza diplomazia». Fa notare che Usa e Santa Sede hanno allacciato piene relazioni diplomatiche solo negli anni Ottanta. Ma già da molto tempo prima contatti fruttuosi erano stati impostati nel segno del reciproco riconoscimento. Nel tempo – nota il vescovo cattolico cinese – gli Stati Uniti sono diventati consapevoli del ruolo svolto sulla scena del mondo dalla Santa Sede. Così ora «è facile immaginare che tra Papa Francesco e il presidente Barack Obama ci sarà una buona stretta di mano». Poi il vescovo mette in fila tutti i segnali recenti che da una parte e dall’altra suggeriscono un nuovo inizio nei rapporti tra Cina e Santa Sede. Ribadisce che «il Vaticano non è uno Stato in senso stretto», e che anche all’Onu partecipa ai lavori con lo status di osservatore permanente, e non come membro. Ma sottolinea pure che il prestigio della Santa Sede nel contesto delle relazioni internazionali «si sta espandendo», anche in virtù delle posizioni sagge assunte davanti alle emergenze globali e regionali.
«Il nostro Presidente Xi Jinping e Papa Francesco» dichiara il vescovo cinese «negli Usa avranno l’opportunità di incrociarsi: ci sarà la tanto attesa stretta di mano? Io Non vedo l’ora che tra loro ci sia questa stretta di mano». Poi, anche per dare profondità storica ai suoi auspici, Ma Daqin si avventura in un excursus sulle diverse occasioni in cui nel corso della millenaria vicenda cinese il cristianesimo ha fatto ingresso nel Celeste Impero. Ripercorre l’espansione in Cina della Chiesa nestoriana, l’arrivo – nel XIII secolo – dei francescani con Giovanni da Montecorvino, poi l’epopea di Matteo Ricci e dei missionari gesuiti nel XVI secolo, fallita con la «controversia dei Riti». L’ultimo «ingresso» del cristianesimo nella Cina imperiale – ricorda Ma Daqin – «è stato prima e dopo aver subito l’umiliazione della guerra dell’Oppio» con i missionari che arrivano dietro ai cannoni delle potenze straniere colonizzatrici, così che «nel pensiero di molte persone in Cina, la Chiesa cattolica si presenta ancora rivestita di un “cappello straniero”, e viene vista come uno strumento degli interessi degli stranieri: è una diffidenza critica che dura ancora». Anche per questo – conclude il vescovo di Shanghai – la crescita del cristianesimo in Cina «ha trovato molti fattori di inciampo». Ma oggi «il nostro Paese sta prosperando, e mentre si rafforza, aumenta anche la capacità di comprensione fiduciosa verso gli altri…. Abbiamo bisogno di fare amicizia. Quando ci mettiamo in contatto l’un l’altro, l’effetto è che il mondo diventa più piccolo. Mentre l’ostilità allarga le distanze, e anche parenti stretti finiscono per trattarsi come estranei». In questo contesto, Ma Daqin enumera tutti i segnali di amicizia che Papa Francesco ha rivolto al popolo e ai dirigenti cinesi da quando è stato chiamato al soglio di Pietro, dalla lettera inviata al Presidente Xi Jinping dopo l’elezione pontificia, fino alle parole («Se voglio andare in Cina? Anche domani…») pronunciate davanti ai giornalisti sul volo di ritorno dalla Corea del sud. Il successore di Jin Luxian fa notare anche che la Cina ha permesso al volo papale di sorvolare il suo spazio aereo. Ricorda il mancato incontro tra il Papa e il Dalai Lama, e le indiscrezioni riferite dal quotidiano di Hong Kong, molto vicino a Pechino, Wenhuibao su una ripresa del dialogo sino-vaticano entro la fine dell’anno, insieme all’intervista del cardinale Pietro Parolin a Famiglia Cristiana, in cui il Segretario di Stato vaticano ha auspicato la ripresa di un «dialogo rispettoso» con le autorità cinesi.
A conclusione del suo articolato discorso, il vescovo di Shanghai ripropone il suo desiderio: «Non vedo l’ora che ci sia in buona fede una stretta di mano, per poter ricominciare sulla base di questa buona fede un dialogo costruttivo. Questo tempo richiede dialogo, c’è bisogno di una più profonda comprensione gli uni degli altri, occorre comprendersi e unire le forze insieme per andare avanti. Il grande scenario del mondo ha bisogno di entrare in contatto con la Cina». Ma Daqin ricorda le priorità dell’armonia sociale e della lotta alla corruzione perseguite dal Presidente Xi Jinping. E auspica che la Cina sia sempre più coinvolta nei processi decisionali condivisi sugli scenari internazionali. «Se questi due leader di grande influenza nel mondo si stringessero la mano, non solo io, che me ne sto piccolo come una formica ai piedi della collina di Nostra Signora di Sheshan, ma tutto il mondo ne sarebbe commosso» conclude Thaddeus Ma Daqin.