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Il Vescovo di Shanghai: sogno una stretta di mano tra il Papa e il presidente Xi Jinping

China flag and the Pope Francis – it

Jeffrey Bruno & Lianqing Li

Vatican Insider - pubblicato il 22/09/15

Thaddeus Ma Daquin diffonde un saggio sul possibile nuovo inizio del dialogo tra Cina e Santa Sede.

di Gianni Valente

Ci potrà essere almeno una «stretta di mano» tra Papa Francesco e il Presidente Xi Jinping, quando giovedì prossimo si troveranno tutti e due a Washington? L’incontro «americano» tra Papa Bergoglio e Xi Jinping, ipotizzato da qualche analista negli articoli «di scenario» pubblicati prima del viaggio papale a Cuba e negli Usa, a pochi giorni dalla grande occasione viene evocato a sorpresa da un «supporter» speciale: Thaddeus Ma Daqin, vescovo cattolico di Shanghai, ordinato nel 2012, a cui da allora gli apparati cinesi hanno impedito di esercitare il ministero episcopale. Ieri, nel suo seguitissimo blog, il vescovo Ma ha pubblicato un breve saggio sui rapporti tra Cina popolare e Santa Sede e sulla presenza della Repubblica popolare cinese sugli scenari internazionali. Un intervento denso e articolato, per lanciare un messaggio-chiave: «Negli Usa» scrive tra l’altro Ma Daqin «il nostro Presidente Xi Jinping e Papa Francesco avranno l’opportunità di incrociarsi, ma ci sarà la tanto attesa stretta di mano? Io non vedo l’ora che tra loro questa stretta di mano ci sia».

La vicenda personale di Thaddeus Ma Daqin è nota: ordinato vescovo nel giugno 2012, con il «consenso parallelo» della Santa Sede e del governo di Pechino – operazione riuscita grazie soprattutto al lavoro di tessitura del suo grande predecessore, il vescovo gesuita Aloysius Jin Luxian – Ma Daqin fin dal giorno della sua ordinazione era stato confinato dagli apparati cinesi nel seminario di Shanghai, per aver espresso l’intenzione di abbandonare le cariche fino ad allora ricoperte nell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi. Il Collegio dei vescovi cinesi (organismo anch’esso orientato dal potere civile e non riconosciuto dalla Santa Sede) lo aveva anche punito con il ritiro dell’autorizzazione a svolgere il ministero episcopale e una sospensione di due anni dal pubblico esercizio del sacerdozio. Tale «punizione» è terminata già nel giugno 2014. Da allora, la diocesi di Shanghai vive una situazione di impasse, dove proliferano le divisioni nel clero diocesano.

Negli ultimi tempi, il controllo sul vescovo è stato in parte allentato. Gli è stato concesso di ricevere persone presso il seminario di Sheshan e di celebrare messe con gruppi di fedeli. Ma Daqin, anche quando la «stretta» nei suoi confronti era più rigida, ha continuato a diffondere le sue riflessioni pastorali e spirituali attraverso un blog personale. Lo stesso su cui ieri ha pubblicato il saggio sull’auspicata stretta di mano tra Xi Jinping e Papa Francesco. Considerazioni diffuse anche attraverso i suoi account personali su WeChat e Weibo, il seguitissimo sito cinese di microblogging.
Il «sogno» di Ma Daqin appare al momento di improbabile realizzazione: un eventuale incontro tra il leader cinese e il Successore di Pietro sarebbe stato forse ipotizzabile a New York, presso la sede dell’Onu, dove però il Papa e Xi si recheranno in giorni diversi. Nondimeno, l’intervento del vescovo Ma contiene molti spunti degni di nota, nei diversi passaggi in cui è articolato.

«Il nostro Presidente Xi Jinping» così comincia il testo pubblicato «ha iniziato una visita di Stato negli Stati Uniti. Anche il nostro Papa Francesco sarà lì, nello stesso periodo, per una visita apostolica di cinque giorni. Come cinese, mi piacerebbe vedere il nostro Presidente avere buon successo negli Usa. Come cattolico, ho gioito alla notizia che Papa Francesco andava anche lui negli Stati Uniti. E ha attirato la mia attenzione il fatto che i due capi si troveranno ambedue a Washington, il prossimo 24 settembre».

Il vescovo Ma, vestendo i panni dell’analista geo-politico, ripercorre poi la storia dei rapporti tra Usa e Cina, dalla visita del Presidente Richard Nixon a Mao Zedong (1972) fino all’allacciamento delle relazioni diplomatiche (1979). Da quel momento – si legge nel testo – «le relazioni sino-americane non sono sempre state una luna di miele, ma il rapporto complessivo è abbastanza stabile. Perché entrambe le parti sono consapevoli che nel mondo di oggi, prevale una comunanza di interessi, per lo sviluppo, ma anche si condividono i problemi riguardo alle risorse ambientali». Il vescovo Ma cita il suo professore Ni Shixiong, della Fudan University, che lo ha persuaso della necessità di adottare con gli Stati Uniti «una strategia “win-win”, che garantisca vantaggi per tutti, allarghi gli ambiti di collaborazione e favorisca lo spirito di pace nel mondo. Credo che possiamo tutti auspicare che tra il nostro presidente Xi Jinping e il Presidente Obama degli Stati Uniti, ci sia una stretta di mano amichevole».

Il vescovo di Shanghai, proseguendo la sua analisi, si sofferma anche sui rapporti tra Stati Uniti e Santa Sede, forse con l’intento di suggerire comparazioni utili a chi nel suo Paese si occupa dei rapporti sino-vaticani: Ma Daqin accenna al lungo periodo in cui tra Washington e i Palazzi d’Oltretevere ha funzionato un’intensa «relazione senza diplomazia». Fa notare che Usa e Santa Sede hanno allacciato piene relazioni diplomatiche solo negli anni Ottanta. Ma già da molto tempo prima contatti fruttuosi erano stati impostati nel segno del reciproco riconoscimento. Nel tempo – nota il vescovo cattolico cinese – gli Stati Uniti sono diventati consapevoli del ruolo svolto sulla scena del mondo dalla Santa Sede. Così ora «è facile immaginare che tra Papa Francesco e il presidente Barack Obama ci sarà una buona stretta di mano». Poi il vescovo mette in fila tutti i segnali recenti che da una parte e dall’altra suggeriscono un nuovo inizio nei rapporti tra Cina e Santa Sede. Ribadisce che «il Vaticano non è uno Stato in senso stretto», e che anche all’Onu partecipa ai lavori con lo status di osservatore permanente, e non come membro. Ma sottolinea pure che il prestigio della Santa Sede nel contesto delle relazioni internazionali «si sta espandendo», anche in virtù delle posizioni sagge assunte davanti alle emergenze globali e regionali.

«Il nostro Presidente Xi Jinping e Papa Francesco» dichiara il vescovo cinese «negli Usa avranno l’opportunità di incrociarsi: ci sarà la tanto attesa stretta di mano? Io Non vedo l’ora che tra loro ci sia questa stretta di mano». Poi, anche per dare profondità storica ai suoi auspici, Ma Daqin si avventura in un excursus sulle diverse occasioni in cui nel corso della millenaria vicenda cinese il cristianesimo ha fatto ingresso nel Celeste Impero. Ripercorre l’espansione in Cina della Chiesa nestoriana, l’arrivo – nel XIII secolo – dei francescani con Giovanni da Montecorvino, poi l’epopea di Matteo Ricci e dei missionari gesuiti nel XVI secolo, fallita con la «controversia dei Riti». L’ultimo «ingresso» del cristianesimo nella Cina imperiale – ricorda Ma Daqin – «è stato prima e dopo aver subito l’umiliazione della guerra dell’Oppio» con i missionari che arrivano dietro ai cannoni delle potenze straniere colonizzatrici, così che «nel pensiero di molte persone in Cina, la Chiesa cattolica si presenta ancora rivestita di un “cappello straniero”, e viene vista come uno strumento degli interessi degli stranieri: è una diffidenza critica che dura ancora». Anche per questo – conclude il vescovo di Shanghai – la crescita del cristianesimo in Cina «ha trovato molti fattori di inciampo». Ma oggi «il nostro Paese sta prosperando, e mentre si rafforza, aumenta anche la capacità di comprensione fiduciosa verso gli altri…. Abbiamo bisogno di fare amicizia. Quando ci mettiamo in contatto l’un l’altro, l’effetto è che il mondo diventa più piccolo. Mentre l’ostilità allarga le distanze, e anche parenti stretti finiscono per trattarsi come estranei». In questo contesto, Ma Daqin enumera tutti i segnali di amicizia che Papa Francesco ha rivolto al popolo e ai dirigenti cinesi da quando è stato chiamato al soglio di Pietro, dalla lettera inviata al Presidente Xi Jinping dopo l’elezione pontificia, fino alle parole («Se voglio andare in Cina? Anche domani…») pronunciate davanti ai giornalisti sul volo di ritorno dalla Corea del sud. Il successore di Jin Luxian fa notare anche che la Cina ha permesso al volo papale di sorvolare il suo spazio aereo. Ricorda il mancato incontro tra il Papa e il Dalai Lama, e le indiscrezioni riferite dal quotidiano di Hong Kong, molto vicino a Pechino, Wenhuibao su una ripresa del dialogo sino-vaticano entro la fine dell’anno, insieme all’intervista del cardinale Pietro Parolin a Famiglia Cristiana, in cui il Segretario di Stato vaticano ha auspicato la ripresa di un «dialogo rispettoso» con le autorità cinesi.

A conclusione del suo articolato discorso, il vescovo di Shanghai ripropone il suo desiderio: «Non vedo l’ora che ci sia in buona fede una stretta di mano, per poter ricominciare sulla base di questa buona fede un dialogo costruttivo. Questo tempo richiede dialogo, c’è bisogno di una più profonda comprensione gli uni degli altri, occorre comprendersi e unire le forze insieme per andare avanti. Il grande scenario del mondo ha bisogno di entrare in contatto con la Cina». Ma Daqin ricorda le priorità dell’armonia sociale e della lotta alla corruzione perseguite dal Presidente Xi Jinping. E auspica che la Cina sia sempre più coinvolta nei processi decisionali condivisi sugli scenari internazionali. «Se questi due leader di grande influenza nel mondo si stringessero la mano, non solo io, che me ne sto piccolo come una formica ai piedi della collina di Nostra Signora di Sheshan, ma tutto il mondo ne sarebbe commosso» conclude Thaddeus Ma Daqin.

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