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Perché quando ci paragoniamo agli altri non siamo mai contenti?

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Catholic Link - pubblicato il 17/09/15

Paragonandoci perdiamo obiettività, non ci vediamo in modo integrale

di Silvana Ramos

Adoro i paragoni: più, meno, uguale, quasi, tanto come. Sono fantastici per descrivere, ma solo per descrivere. Quando diventano una voce interiore per giudicare, c’è un problema.

Potrei dire che tutti, in qualche momento della nostra vita, siamo caduti in grado maggiore o minore in questa storia del paragonarci, in quell’affanno che abbiamo di sapere se siamo migliori o peggiori di un altro. I paragoni sono presenti fin da quando nasciamo. Ricordi queste frasi quando è nato il mio secondo figlio: “È più magro della sorella”, “Ha gli occhi azzurri, la sorella sarà gelosissima”. Mille paragoni tra due fratelli che si conoscevano solo da pochi minuti.

I paragoni possono diventare pensieri molto frequenti nella nostra vita. Ci sono persone che si misurano costantemente con tutti coloro che le circondano. La necessità di sapere se si è al di sopra o al di sotto dello standard con cui si giudica l’altro può anche diventare un’ossessione, e i parametri di comparazione possono essere infiniti: la bellezza fisica, le condizioni economiche, il livello accademico, quello culturale, la quantità di amici, il grado di divertimento, il grado di impegno, la situazione familiare, il tipo e il numero di figli… Ci sono paragoni assolutamente per tutto. Giudicando le persone, le rendiamo semplici, con un valore assegnato in base al giudizio. E così all’improvviso appaiono persone che sono superiori ad altre, che valgono più di altre, che hanno dignità superiore ad altre o più diritti di altre.

Cosa succede quando ci paragoniamo?

I paragoni comportano grande insicurezza e quindi angoscia. Quanto è difficile essere valutati tutto il tempo! Da un lato diventiamo oggetti con un valore assegnato, valiamo in base allo standard che abbiamo raggiunto. Se non ci arriviamo ci riteniamo meno importanti, per cui ci angosciamo e diventiamo insicuri. In alcuni casi, questa angoscia e questa insicurezza possono tradursi in gelosia e invidia, e quando siamo già contaminati da questi sentimenti siamo facile preda di atteggiamenti nocivi come la menzogna, perché per raggiungere lo standard non ci resta alternativa che fingerlo. A poco a poco perdiamo quell’essere autentico che c’è dentro di noi, e quando ci sentiamo ormai soddisfatti c’è il pericolo che l’orgoglio e la superbia ci abbiano resi ciechi, per cui iniziamo a crederci superiori.

Perché ci paragoniamo?

Mi sono chiesta varie volte quale sia il motivo per il quale ci paragoniamo continuamente. Perché quell’atteggiamento di voler avere il giudizio migliore possibile di fronte a se stessi e alla società? Credo che la risposta sia semplice: la necessità che ha l’essere umano di essere amato e la chiamata a trascendere, ad essere ricordato. Contaminati come siamo, tuttavia, i nostri aneliti si traducono in paragoni che anziché darci valore ce ne privano.

Tra gli esseri umani non esiste paragone valido. Non esistono due uomini uguali. Ogni essere umano è unico e irripetibile. Nessuno è esattamente uguale a te, né ha avuto le tue stesse esperienze. Anche i fratelli gemelli nati dagli stessi genitori sono diversi, unici. Siamo stati creati in questo modo e a ciascuno di noi sono stati dati doni e facoltà propri, destinati a realizzarsi in un progetto che nessun altro potrà portare a termine. Per questo possiamo affermare che, al di là di queste caratteristiche uniche, sono già il più amato, l’infinitamente amato. Dirlo può risultare facile, ma richiede una riflessione quotidiana. Per aiutarci ad approfondire potrebbero risultare utili tre domande: come permettere di meravigliarci di più della realtà di essere amati per quello che siamo? Come lasciarci ammirare perché siamo amati da Colui che è Tutto? A cosa serve paragonarci?

Signore onnipotente e buono, che hai cura di ciascuno dei tuoi figli come se fosse l’unico e che ti prendi cura di tutti come se fossero una cosa sola! – Sant’Agostino

Guardarci con occhi nuovi

Paragonandoci perdiamo obiettività, non ci vediamo in modo integrale, ma ridotti a una o a poche caratteristiche. Non vediamo in noi neanche tutti gli aspetti positivi che abbiamo.

Impariamo quindi, con molta pazienza e carità verso noi stessi e verso gli altri, a vederci come ci vede Dio, ad essere obiettivi e senza l’affanno di giudicarci, ma con il desiderio di scoprire i nostri doni e di metterli al servizio degli altri. Un esercizio assai raccomandato per imparare a guardarci correttamente consiste nello stilare una lista delle nostre virtù e nel riconoscere come si manifestano nella nostra quotidianità.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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