Un libro intervista con lo storico Paolo Pombeni ricostruisce una vicenda che si aprì con il Risorgimento e che ancora oggi interroga il credente: l’impegno politico
Quale è il ruolo dei cattolici in politica? Quale la loro identità e la loro storia? Si può parlare di un movimento cattolico italiano in politica?
È una domanda che, a seguito della caduta delle ideologie e del ciclone che ha portato in Italia al passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, torna spesso alla ribalta nel dibattito politico e culturale. Il dialogo tra Michele Marchi e Paolo Pombeni ripercorre la storia del cattolicesimo politico dal Risorgimento ad oggi soffermandosi in modo particolare sul “caso” italiano. È un movimento omogeneo o plurale? La presenza della sede pontificia in Italia ne ha condizionato l’evoluzione? Da Murri a Sturzo, da De Gasperi a Moro, da Andreotti a Fanfani, da De Mita a Prodi, il volume mette a fuoco tutti i più rilevanti snodi della storia contemporanea tra luci e ombre (dalla quarta di copertina).
E’ questo l’impegno di una agile opera edita da Città Nuova dal titolo quanto mai provocatorio “La politica dei cattolici dal Risorgimento a oggi”. Una domanda implicita che in questo declino di Seconda Repubblica, che tanto fa rimpiangere certi aspetti della Prima, i cattolici si devono o si dovrebbero porre, continuamente stuzzicati sul tema da un Papa che non ha mai conosciuto la DC o che è lontano dall’esperienza delle democrazie cristiane in Europa o dei conflitti con il mondo socialista-sovietico. Sì perché Papa Francesco è un pastore che più di una volta ha chiesto ai cattolici di impegnarsi politicamente, di essere agenti di cambiamento e lievito della società, ricordando (ponendolo quasi a proprio nume tutelare assieme a Giovanni XXIII) costantemente l’insegnamento di Paolo VI: “La politica è la più alta forma di carità” per il suo coinvolgimento con il bene comune e con la comunità. Nessuno può quindi sottrarsi dal fare il proprio dovere (grande o piccolo) per migliorare la vita della propria e altrui comunità. E qui torna la domanda implicita di questo saggio. Se c’è una “politica dei cattolici” bisogna chiedersi quale essa sia e come si sia espressa in un periodo apparentemente breve (poco più di 150 anni) eppure così contraddittoria della storia d’Italia. Dal non expedit che impediva ai cattolici di partecipare alle istituzioni sabaude, alla mobilitazione in chiave antisocialista e poi con la grave sottovalutazione dell’alleanza col fascismo a scapito del nascente popolarismo di Don Sturzo, fino al dopoguerra, e alla progressiva autonomia della DC ma anche del pieno riconoscimento del valore della democrazia e della divisione delle competenze. Divisione dei compiti che è venuta meno con la fine della DC e soprattutto con la fine dell’unità dei cattolici in politica, divisi tra destra e sinistra e che si è tradotto nell’interventismo durante il ventennio berlusconiano dei vertici della CEI.
Un libro utile per il cattolico che si interroghi sulle origini e sui destini del cattolicesimo in politica, ben diverso dall’idea di un cattolicesimo politico da brandire come una ideologia…