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Una città svedese ospita i cristiani mediorientali

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Ground hopping Merseburg-cc

John Burger - Aleteia - pubblicato il 09/09/15

Famiglie siriane, irachene, copte e serbe aumentano i fedeli della Chiesa in Svezia

La massiccia ondata di profughi che arrivano in Europa dal Medio Oriente e dall’Africa è composta prevalentemente da musulmani, che presentano sfide a vari livelli a un continente che ha ancora le vestigia di una grande civiltà cristiana.

Anche i cristiani, però, stanno fuggendo dalle stesse regioni, e nonostante gli appelli dei vescovi mediorientali molte famiglie non pensano di avere molte alternative all’abbandono della terra dei loro antenati.

“Sappiamo che circa 700.000 cristiani siriani sono sfollati”, ha detto Michael LaCivita, portavoce della Catholic Near East Welfare Association. “Lo stesso vale per centinaia di migliaia di cristiani iracheni, ma non si sa quanti di coloro che fuggono in Europa sono cristiani”.

Con le promesse di papa Francesco, della Chiesa e dei leader politici di ospitare sempre più rifugiati, il numero dei cristiani che mira all’Europa potrebbe aumentare, ha affermato padre Andrzej Halemba, responsabile della Sezione Medio Oriente dell’associazione caritativa internazionale cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Le discussioni che stanno avvenendo Europa sono state diffuse [in Siria]. Molti vogliono andarsene per questo motivo, soprattutto i cristiani”, ha affermato. “Mi è stato spesso chiesto se posso aiutare le persone ad andare in Germania, ad esempio, ma l’obiettivo del nostro lavoro è favorire un futuro per la gente nel suo Paese”.

Padre Halemba ha visitato il Paese devastato dalla guerra varie volte quest’anno. “La mia impressione, dopo diverse visite dall’inizio di quest’anno, è di una crescente preoccupazione per la sempre maggiore instabilità in Siria”, ha confessato. “Il successo militare dello ‘Stato islamico’ suscita paura e ansia, soprattutto tra i cristiani. Il futuro della città di Aleppo, dove vivono molti cristiani, è incerto”.

Una destinazione europea inattesa ha già anni di esperienza nell’accoglienza dei rifugiati. La piccola città di Södertälje, fuori Stoccolma (Svezia), ospita l’Accademia Teologica Sankt Ignatios, che ha aiutato i rifugiati delle crisi precedenti in Iraq, Siria e Balcani. Come college ben radicato che ha servito una crescente comunità di cristiani di varie tradizioni, Sankt Ignatios può essere in una buona posizione per accogliere i rifugiati di oggi.

Ampiamente finanziata dal Governo svedese, l’accademia gestita dalla Chiesa è un “esempio interessante di come il Governo cerchi di sistemare e integrare i rifugiati provenienti dal Medio Oriente usando la teologia”, ha detto padre Cyril Hovrun, che vi insegna ecclesiologia politica.

In breve, lo studio del trascendente aiuta anche a trascendere i confini nazionali, politici, etnici e confessionali.

Il sobborgo di Stoccolma non è un luogo in cui ci si aspetterebbe di trovare dei mediorientali. È un luogo in cui le lunghe notti invernali e le temperature non sono certo quelle dei loro Paesi di origine. Bjorn Borg è nato qui. La Scania costruisce qui i suoi camion.


Con un’ondata di rifugiati sulla scia dei conflitti degli anni Novanta nell’ex Yugoslavia, Södertälje ha ora una forte comunità serba, e per via della guerra in Iraq molti cristiani assiri si sono stabiliti nella città.

Un opuscolo promozionale di Södertälje afferma che la città ha accolto più rifugiati iracheni di Stati Uniti e Canada messi insieme. Gli assiri vi hanno ora cinque chiese e due vescovi, e la città ospita la più grande cattedrale siriaca al mondo. Da questo luogo, due canali televisivi trasmettono ai cristiani siriaci, caldei e assiri in Medio Oriente e nella diaspora: Suroyo TV e Suryoy Sat.

Se i residenti serbi sono ortodossi orientali, quelli provenienti da Siria e Iraq sono in gran parte membri di Chiese che si sono separate dal mondo ortodosso orientale dalla disputa del V secolo sulla natura di Cristo. Si aggiungono a questi ultimi gli immigrati copti provenienti da Egitto ed Etiopia.

L’esperienza di vivere e di lavorare fianco a fianco in un Paese straniero, soprattutto in un istituto teologico, promuove uno spirito ecumenico. Se i due tipi di ortodossi non possono celebrare l’Eucaristia insieme, possono però pregare i Vespri e altre liturgie insieme. Queste celebrazioni si alternano quotidianamente tra i vari riti – copti, siriaci e bizantini.

L’atmosfera accademica smorza anche qualsiasi tensione esistente tra le varie confessioni religiose. Nella zona vivono, lavorano e studiano anche gli immigrati musulmani e i membri delle loro famiglie. L’accademia fa parte di una rete di college di comunità che “abbraccia ogni tipo di persone, tutte le classi della società, incluse le più povere, rappresentate dai rifugiati”, ha detto padre Hovrun, un sacerdote ortodosso ucraino. “È un buon esempio di come gli allievi musulmani e cristiani possano studiare insieme”.

Di recente ho avuto una conversazione con un mio studente, un autista di taxi”, ha commentato padre Hovrun. “Mi ha detto che grazie ai suoi studi si è sbarazzato dei pregiudizi che aveva nei confronti dei musulmani. La gente viene da quei Paesi con forti sentimenti di ostilità, ma attraverso lo studio, l’istituzione incoraggia le persone ad ampliare il proprio pensiero, e cambiano atteggiamento”.

In Svezia sia il Governo che le Chiese hanno una lunga tradizione di accoglienza. I rifugiati siriani hanno iniziato ad arrivare negli anni Settanta, ma “c’è stato un forte influsso agli inizi del terzo millennio”, ha detto Michael Hjälm, decano di Sankt Ignatios e senior lecturer di Studi Cristiani Orientali. Molti dei rifugiati di oggi che hanno la famiglia in Svezia troverà modo di arrivare più facilmente rispetto alle masse di migranti che cercano di arrivare in Germania e in altre parti dell’Europa, non sapendo dove andranno a finire.


Ieri abbiamo ricevuto nella zona circa duecento rifugiati”, ha detto lunedì. “Molti arrivano dal Medio Oriente con un background cristiano molto forte”, ha spiegato padre Hovrun. “È un bene perché la società svedese diventa più consapevole di queste tradizioni cristiane orientali. I rifugiati non solo ospiti nella società svedese, ma una parte naturale del tessuto sociale. E la Chiesa diventa più consapevole di queste tradizioni, le conosce meglio. È un bene anche dal punto di vista del riavvicinamento ecumenico. La Chiesa cattolica è molto attiva in questo campo, anche se in Svezia è una Chiesa minoritaria”.

Alcuni dei rifugiati torneranno in patria, se e quando la situazione politica si stabilizzerà. Tra molti espatriati c’è ancora un forte desiderio di ritornare a casa, e molti vogliono tornare alle comunità che vivevano intorno ad antichi monasteri e altri luoghi santi.

Nel frattempo, le famiglie si sono stabilite sul suolo svedese, e coloro che sono nati in Svezia imparano a conoscere le lingue dei loro avi così come lo svedese e l’inglese. Le vocazioni al sacerdozio stanno arrivando anche tra le nuove generazioni, e Sankt Ignatios ha seminari siriaci, bizantini e copti. C’è perfino un vescovo copto locale egiziano ma nato in Svezia.

Södertälje è pronta a un’immigrazione di massa?

È stato un flusso costante”, ha detto Hjälm. “Siamo preparati quanto lo eravamo durante la guerra in Iraq”.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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