4 lezioni per capire come gestirlo
Luisa Restrepo
Non hai imparato a camminare la prima volta che ci hai provato. Sei caduto e ricaduto, hai pianto, ti sei fatto male. Ma ti sei arreso? Con questa frase inizia questo video semplice ma eloquente di Casi creativo, che tratta un tema ben noto a tutti: il fallimento.
Sbagliarci è una situazione così ovvia e così comune nella nostra vita che spesso la dimentichiamo. Ci risparmieremmo molte frustrazioni se ricordassimo costantemente questa verità: siamo fragili. Non nasciamo sapendo le cose, nella vita dobbiamo imparare quasi tutto.
Per riflettere su questo video prenderò come base il libro di José Tissot El arte de aprovechar nuestras faltas, pubblicato molti anni fa, ma i cui consigli spirituali sono stati e continuano ad essere di grande utilità.
Spesso iniziamo i nostri progetti pieni di speranza, fiduciosi nelle nostre capacità e nei nostri piani. Anche nella nostra vita cristiana iniziamo pieni d’amore e con grandi desideri di santità, ma quando passa il tempo e il cammino inizia a diventare duro, cominciamo a scivolare, cadiamo, rallentiamo il ritmo e iniziamo a stancarci. Ci stupiamo di come questo non facesse parte del piano iniziale, come se non fosse stato incluso nel pacchetto del “prodotto originale” che ci hanno venduto. Prima di scoraggiarci dobbiamo chiederci: Cosa significa il fallimento nella mia vita? Una caduta significa che ho fallito? No. «In genere – dice padre Grou –, le nostre cadute derivano dalla rapidità della corsa e dal fatto che l’ardore che ci spinge non ci permette di prendere alcune precauzioni. Le anime timide e caute, che cercano di guardare sempre dove mettono i piedi, che fanno continuamente giri per evitare le strade difficili e hanno un timore esagerato di sporcarsi, non procedono rapidamente come gli altri, e la morte li sorprende, quasi sempre, a metà del cammino. I più santi non sono quelli che commettono meno errori, ma quelli che hanno più coraggio, più generosità, più amore, quelli che compiono più sforzi su se stessi e non hanno paura di inciampare, e ancor meno di cadere e di sporcarsi un po’, pur di avanzare» (Manual de las almas interiores).
San Giovanni Crisostomo ci dice lo stesso in altri termini: “Quando un soldato che sta combattendo riceve qualche ferita o indietreggia un po’, nessuno è tanto esigente o tanto ignorante sulle cose relative alla guerra da pensare che sia un crimine. Gli unici che non ricevono ferite sono quelli che non combattono; chi si lancia con ardore contro il nemico riceve colpi”.
Una cosa che richiama molto l’attenzione ai nostri tempi è il fatto che i giovani non sono preparati al fallimento, non sanno soffrire. Esiste un pensiero molto forte nel nostro ambiente che afferma che si può giungere alla meta senza sporcarsi, rimanendo intatti, perfetti, senza che ci si muova neanche un capello. Per questo, quando si presenta il fallimento, è semplicemente inconcepibile che lo faccia. Per comprendere meglio questo tema e crescere in maturità spirituale, vi lascio 4 lezioni che ci offre l’autore del libro che ho menzionato:
1. Non dobbiamo scoraggiarci alla vista delle nostre mancanze
La stragrande maggioranza delle cadute a cui non si rimedia proviene dallo scoraggiamento. Il consiglio dei maestri spirituali è “Non disperare mai”. Ci dicono che la nostra salvezza ha due nemici mortali: la presunzione di innocenza e la disperazione dopo le cadute; quest’ultimo è il più terribile perché senza speranza non c’è alcuna vittoria che si possa assicurare, perché “nella speranza siamo stati salvati” (Rm 8, 24). Per riuscire a non scoraggiarci dobbiamo essere consapevoli del motivo per cui lo facciamo e lottare contro quei pensieri e quei sentimenti, trarre dalla nostra vita l’idea che la nostra debolezza è grande e impossibile da vincere dimenticandoci di ciò che Dio fa nella nostra vita, dubitando o non riconoscendo la sua misericordia.
2. Approfittare delle nostre mancanze per essere più umili attraverso al conoscenza della nostra piccolezza
Ricordare che nella nostra vita “tutto contribuisce al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,18). Tutte le cose nella nostra vita accadono per un motivo. Non possiamo perdere la pace di fronte alle difficoltà e dobbiamo essere grati. Non tutto per essere buono deve essere perfetto. L’atteggiamento è quello di rallegrarsi sia per le vittorie che per le sconfitte, perché vivendo nella verità possiamo liberarci da pesi ingiustificati. È necessario essere umili per accettare che non possiamo fare tutto e che nella nostra piccolezza Dio ci educa per fare cose grandi con noi.
3. Approfittare delle nostre mancanze per aumentare la nostra fiducia nella Misericordia di Dio
Dio non cambia mai la sua disposizione primordiale e sostanziale nei nostri confronti: l’amore che nutre per noi. Di fronte al nostro nulla, la sua bontà diventa amore; di fronte al peccato, il suo amore diventa misericordia; e con questo è detto tutto. Detto tutto, ma a una condizione: che abbiamosperanza. In un certo senso, nessuno ha tanti meriti come colui che si è sbagliato perché sperava in Dio. E c’è di più! I grandi maestri di vita spirituale ci dicono che la misericordia non si può esercitare se non sulla miseria.
4. Approfittare delle nostre mancanze per affermarci nella perseveranza
La prima lezione che la nostra vigilanza deve trarre dalle nostre cadute è riconoscere e combattere le cause, evitare l’imprevisto e la leggerezza su tutto, evitare le occasioni volontarie. I marinai hanno le proprie carte nautiche sulle quali segnalano accuratamente gli scogli che conoscono. Alla luce delle nostre mancanze passate, elaboriamo anche la nostra carta di navigazione, nella quale devono essere segnalate le cause delle nostre cadute precedenti, le inclinazioni, le speranze vane, le mancanze di precauzione che hanno portato le nostre frustrazioni. Sapendo questo, eviteremo in seguito gli scogli segnalati dai nostri naufragi. Da questo primo profitto che trarremo dalle nostre mancanze risulterà naturalmente la fedeltà ai mezzi per perseverare.
Il fallimento è un successo se impariamo da questo.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]