Grazie al cielo qualcuno ci fa ancora caso
Rinfranca trovare persone che combattono ancora le vecchie battaglie cattolico-protestanti. Un giovane scrittore evangelico di spicco, Tim Challies, ha appena pubblicato il suo rifiuto dei crocifissi, che al Religion News Service è piaciuto così tanto da farlo apparire nella sua e-mail quotidiana. Sono lotte che è raro che qualcuno inizi oggi.
Sono coinvolto in lavori ecumenici da quasi trent’anni, e vorrei che i cristiani divisi si riavvicinassero l’uno all’altro, ma il mio cuore perde un battito quando mi imbatto in uno scrittore protestante che dice “Noi abbiamo ragione e loro torto”. Può sembrare un secchio di acqua gelata gettato su un abbraccio di gruppo, ma risveglia chiunque. È tonificante.
Perché siamo ancora in disaccordo, e i disaccordi contano molto. In una conferenza di qualche anno fa, un presbiteriano formato a livello teologico che si rivolgeva a un gruppo misto di cattolici e presbiteriani ha detto che il governo della Chiesa era solo una questione di quale struttura si preferiva, se quella personale o quella collegiale. Ciascuna aveva i suoi pregi e i suoi difetti, che bisognava soppesare, ma non c’erano risposte giuste o sbagliate. Stava a ciascuno di noi decidere quale modello ci piaceva. I cattolici amavano il modello personale e avevano un papa, i presbiteriani amavano il modello collegiale e avevano presbitèri. Ho pensato: “Dio preferisce il modello personale”. Il sacerdote cattolico che ha parlato quel giorno ha cercato coraggiosamente di correggerlo, ma non ci è riuscito.
Mi sono imbattuto in questo fatto lunedì a The Stream – un’iniziativa ecumenica gestita da un ministro battista del Sud e da un cattolico convertito – in un articolo intitolato Don’t Be Nice to Other Christians (Non essere gentile con gli altri cristiani), che sviluppava un aspetto che avevo affrontato in High Fivin’ the Pope. Siamo in disaccordo su questioni molto importanti, e la via per un’amicizia reale passa attraverso le differenze, e non, com’è tanto comune oggi, per l’agire come se in realtà non fossimo in disaccordo o se i disaccordi non contassero davvero.
Un grande merito degli evangelici seri che hanno continuato a combattere queste battaglie è il fatto che ci ricordano che siamo davvero in disaccordo. Lavorano in una cultura in qualche modo insulare che dà loro la libertà di dire cose che altri non direbbero. Leggete quello che scrivono e a volte pensate: “Dio, sembra così ottocentesco!” È come se camminassero a casa vostra avvolti in un cappotto a lunghe code con quelle enormi basette che alcuni uomini erano soliti sfoggiare. Ma c’è qualcosa da dire.
Tendiamo a pensare che non dobbiamo combattere le vecchie battaglie, che ce le siamo lasciate tutte dietro. Nel XIX secolo i cattolici e i protestanti si opponevano a livello sociale e politico, nonché a livello teologico, e quindi lottavano su ogni minima cosa. Oggi non è così.