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La nuova linea dura della Chiesa scozzese contro i preti abusatori

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Alyssa L Miller

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 27/08/15

Dopo il riscontro degli abusi sessuali, si apre una nuova fase di denuncia e trasparenza

Alla politica della tolleranza zero contro gli abusi sessuali commessi all’interno della Chiesa aderisce con fermezza anche la Chiesa cattolica di Scozia. Il 22 e il 23 agosto nelle 500 parrocchie cattoliche del Paese sono stati distribuiti 100mila opuscoli ai fedeli durante le messe domenicali con gli impegni assunti dalla Chiesa per rispondere dei crimini commessi e un testo dell’arcivescovo Philip Tartaglia, presidente della Conferenza episcopale scozzese, in cui a nome dei vescovi chiede scusa alla popolazione (Agensir, 27 agosto). 

DUE ANNI DI INDAGINI
L’iniziativa è stata presa in seguito alla pubblicazione la scorsa settimana di un Rapporto redatto da una Commissione presieduta da Andrew McLellan e istituita dagli stessi presuli cattolici scozzesi nel novembre 2013. Il Rapporto – dal titolo “Review of Safeguarding Protocols and Procedures” – contiene una minuziosa rassegna del lavoro condotto in questi anni a fianco delle vittime degli abusi, e una serie di raccomandazioni per migliorare la risposta, fino ad oggi purtroppo ancora inadeguata, della Chiesa a tutti i livelli, a cominciare dal vescovo (Radio Vaticana, 24 agosto).

OLTRE 60 DENUNCE
Dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale della Scozia emerge che sono state 46 le denunce di abusi presentate tra il 2006 e il 2012. Più della metà sono per abusi sessuali. Nel 2013 sono state presentate altre 15 denunce, sei delle quali relative ad eventi accaduti prima del 1990. Come risultato, tre individui sono stati rimossi dal ministero, e altri due casi sono, al momento della stesura del Rapporto, ancora al vaglio del Procuratore (Agensir, 19 agosto). 

VERGOGNA PER AVER SUBITO L’ABUSO
Nella relazione, la Commissione sottolinea quanto sia difficile per le persone che hanno subito abusi, denunciare il fatto. Provano vergogna; si sentono sleali e disobbedienti se parlano; molto spesso si reputano addirittura loro stessi i colpevoli. Per questi motivi, l’abuso è tenuto segreto anche ai familiari più stretti e possono passare quindi molti anni prima che le vittime siano in grado di parlare della violenza subita e denunciarla.

LA SVOLTA DELLA CHIESA
Le cose, per fortuna, scrive Agensir, almeno da questo punto di vista, sono un po’ cambiate. E ciò accade grazie alla testimonianza fornita da persone che hanno confessato la stessa esperienza; al lavoro di denuncia e investigazione svolto dai media; e infine grazie alla svolta intrapresa dalla Chiesa cattolica in tutto il mondo che ha riconosciuto il male commesso al suo interno promettendo di dare priorità alle vittime.

UN’INFAMIA LA PROTEZIONE DEI COLPEVOLI
L’infamia più grande di cui si è macchiata la Chiesa – si legge nel Rapporto – è quella di aver coperto i colpevoli per proteggere la reputazione della Chiesa stessa ed evitare lo “scandalo”.

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A questo riguardo, vengono ricordate le parole di Papa san Gregorio I: “È meglio consentire la nascita di uno scandalo, piuttosto che abbandonare la verità”. La testimonianza più eclatante dei sopravvissuti è l’esperienza quasi universale di essere lasciati soli.

IL CASO O’BRIAN
Il Rapporto scozzese dedica un paragrafo al caso del cardinale Keith O’Brien, finito nel 2013 al centro di una inchiesta per abusi ai danni di sacerdoti. Una accusa gravissima che gli impedì di partecipare al conclave e che lo ha oggi relegato, per volontà di Papa Francesco, a vita privata. Nel Rapporto si recrimina il fatto che anche in questo caso, la Chiesa non ha dato resoconto “aperto e trasparente” di quello che era successo.

LE “BUONE PRATICHE”
Le parole del vescovo. Il Rapporto riserva una sezione alle “buone pratiche”, indicando cosa si deve fare e non fare con i minori e in caso di una “confessione” o di un sospetto come ci si deve comportare. La raccomandazione è quella di “non cedere allo shock”, rassicurare il bambino o il giovane di aver fatto la cosa giusta a parlarne, non investigare ma raccogliere tutti i dati utili per riferire a chi di competenza.

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