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E io, di cosa devo confessarmi?

Man confessing sin

© The Photographer

Desde la fe - pubblicato il 26/08/15

Molti si pongono questa domanda

C’è chi lo chiede come dando a intendere di non avere peccati, per cui di cosa si dovrebbe confessare?, e chi lo chiede perché vuole confessarsi ma non sa di cosa.

In entrambi i casi c’è una risposta simile, ma prima di offrirla bisogna spiegare che chi crede di non avere peccati ritiene in genere che essere cattolico consista semplicemente nell’andare a Messa la domenica. Si sbaglia. Se la Chiesa ci chiede di andare a Messa, è per ricevere tutto l’aiuto celeste di cui abbiamo bisogno per poter compiere l’unico comandamento che ci ha lasciato Gesù: amarci gli uni gli altri come Egli ci ama (cfr. Gv 15,12).

Noi cattolici andiamo a Messa non come un fine in sé, ma perché lì incontriamo Gesù che ci abbraccia, ci perdona, ci parla, ci comunica la Sua pace e ci si offre come cibo che ci rafforza e ci rende capaci di poter amare con l’amore con cui ci ama (per questo la Chiesa considera un peccato grave mancare alla Messa senza motivo e ci chiede che la prossima volta che assistiamo alla Messa non facciamo la Comunione se prima non abbiamo chiesto perdono nella Confessione).

Chi si chiede di cosa si debba confessare (sia perché crede di non avere peccati che perché sa di averli ma non sa quali siano) deve esaminarsi nell’amore.

Bisogna fare un esame di coscienza e chiedersi se dall’ultima confessione tutto ciò che si è pensato, detto, fatto e smesso di fare è stato solo per amore, e se non è così, se a volte è stato motivato da un po’ (o molto) di egoismo, superbia, invidia, ira, rancore, pigrizia, gola, indifferenza verso le sofferenze altrui, attaccamento disordinato al piacere, al denaro, al potere… In questo caso deve chiedere perdono a Dio, confessarsi.

Gesù ha istituito la Confessione quando ha dato ai suoi apostoli il potere di perdonare i peccati (cfr. Gv 20,22-23; Mt 16,19 e 2Cor 5,18). È un sacramento, ovvero un segno sensibile dell’amore di Dio, attraverso il quale riceviamo la grazia divina di cui abbiamo bisogno per santificarci. Ci aiuta a riconoscere le nostre miserie, a sfogarci confessandole al sacerdote che sappiamo che ci comprende, perché anche lui commette errori, ci consiglia, perché ha sentito di tutto e ha più esperienza di noi, non può raccontare niente a nessuno perché gli è impedito dal segreto della Confessione, e ha l’autorità di perdonarci in nome di Dio. È una cosa meravigliosa, che guarisce veramente!

C’è chi dice che preferisce “confessarsi direttamente con Dio”, ma spreca l’aiuto offerto dal Signore e resta sempre con il dubbio di aver ricevuto il Suo perdono. Nulla è paragonabile ad ascoltare le parole dell’assoluzione mentre il sacerdote traccia su di te il segno della croce. Esci sentendoti davvero perdonato, liberato!

C’è chi dice “Perché devo confessarmi con una persona che forse pecca come me, o anche peggio?” A questo bisogna rispondere che il sacerdote non perdona a titolo personale, ma in nome di Dio, e il fatto che sia un peccatore gli permette di comprendere meglio. San Pietro, il primo papa della storia, ha commesso dei peccati, ha rinnegato il suo Signore, e senza dubbio le sue cadute gli hanno permesso di essere più compassionevole con altri che cadevano anch’essi.

La Chiesa ci invita a confessarci almeno una volta all’anno, preferibilmente in Quaresima. Magari non ci attenessimo a queste istruzioni minime, ma ci accostassimo con più frequenza a ricevere l’abbraccio del Signore che ci viene sempre incontro per perdonarci e coprirci con il Suo amore!

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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