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Essere fidanzati: cos’è e cosa non è

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Juan Ávila Estrada - pubblicato il 25/08/15
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Non serve a dimostrare capacità di corteggiamentoIl fidanzamento è il periodo che trascorre tra la conoscenza e la scelta del matrimonio. Non ha come finalità l’esercizio della genitalità in momenti di ozio, né la ricerca del proprio piacere in nome dell’affetto. Non cerca di riempire solitudini mal sopportate né vuoti a cui nessuno può supplire. Non è fatto per dimostrare la propria capacità di corteggiamento né per trovarsi nell’altro quando non si ha la certezza di ciò che si è.

La sua finalità è la conoscenza reciproca, la maturazione dell’affetto fino a trasformarlo in un amore di decisione capace di arrivare alla scelta che porti alla rinuncia a qualsiasi altro uomo o donna.

Durante questo processo, il sesso non dev’essere la base della relazione ma l’apice dell’impegno, un impegno che viene suggellato dal matrimonio. Iniziare questa conoscenza mediante la nudità e la donazione genitale è coartare il cammino verso la trasparenza. È più difficile essere se stessi vestiti quando essere nudi è stata un’abitudine.

L’obiettivo del fidanzamento è vedere l’altro nella chiarezza della ragione e non nell’annuvolamento del cuore, senza minimizzare i suoi difetti o esaltarne le virtù. Scoprire nel processo ciò che ci assomiglia, ciò che fa sì che siamo capaci di divertirci insieme, di prendere decisioni che non siano alle spalle dell’altro, di avere chiara la direzione nella quale stiamo procedendo; ciò che ci complementa perché mostra quanto possiamo arricchirci a vicenda (ad esempio i gusti personali e quello che ciascuno desidera fare nel tempo libero); quello che ci distingue e che può trasformarsi nel cavallo di battaglia quando sono le differenze a prevalere nella relazione.

Un fidanzamento ben condotto deve dare la certezza della persona che abbiamo scelto per condividere la vita. Saltare i principi di base del processo farà scoprire che ci si è sbagliati. Deve permettere di capire che non si compie la scelta della persona “ideale”, che non esiste, ma della persona “adeguata”, che si intenderà sempre come qualcuno che è forte nelle debolezze e capace di gestire seri conflitti di coppia.

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Questo periodo deve aiutare a guardare come reagisce l’altra persona di fronte alle situazioni limite della vita; come affronta l’abbondanza e la penuria (due realtà che possono accompagnare la condizione di sposi), la malattia, il successo, il fallimento e la morte delle persone care.

Nulla di tutto ciò deve essere estraneo alla coppia, perché tutto farà parte del bagaglio della sua vita futura. Anzi, i due fidanzati devono conoscere le proprie capacità di risolvere i conflitti, perché questi appariranno durante tutta la loro esistenza, e la capacità di perdonare e guarire situazioni dolorose.

Un buon fidanzamento deve permettere di gettare le prime basi dell’edificazione dell’amore. Non è il momento per “rendere felice” l’altro (responsabilità troppo complessa per essere realizzata), ma per condividere la propria felicità. Deve aiutare a guardare al di là del letto, perché la vita futura non si costruirà tutta su questo.

Deve aiutare i fidanzati a conoscere la generosità del futuro coniuge o la sua taccagneria, la sua elasticità (atteggiamento che gli permette di affrontare le avversità senza farsene distruggere), il suo amore che costruisce e non sfrutta come se l’altra persona fosse una miniera da cui trarre profitto.

Il fidanzamento deve portare all’esperienza di pensare con lo sguardo al futuro, ma senza l’immaginazione dei racconti di fate, credendo di aver trovato principi o principesse. Non esistono. Ci sono solo plebei, persone umane, troppo umane, che non colmeranno mai le aspettative errate di nessuno, persone che non hanno il dovere di essere l’artefice del destino di nessuno né della felicità di nessuno, ma solo compagni di cammino, le persone con cui un giorno abbiamo deciso di legare amorevolmente un giogo (da cui la parola coniuge) per poter aprire insieme il solco in cui gettare il seme della felicità.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]