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Ragione e libertà…senza non si educa

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CC Charlotte Bromley Davenport//www.thepapalvisit.org.uk

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Quotidiano Meeting - pubblicato il 23/08/15

Wolfsgruber e Rigotti parlano di una scuola del dialogo e di un impegno educativo che è amore alla propria vita

di Benedetta Cremona

Davanti al sempre problematico mondo della scuola è facile imputare tutte le difficoltà a un deficit di organizzazione. Non è questa però l’idea portata avanti da Carlo Wolfsgruber, rettore della fondazione Grossman, e Eddo Rigotti, professore emerito allo Ials dell’università della Svizzera italiana. I due docenti, nell’incontro dal titolo «Ragione e libertà: la generazione di un soggetto», hanno infatti spiegato che all’origine della questione scuola l’essenziale è l’educazione, vista come ragione che si mette davanti alla realtà. Ed è proprio questo concetto, quello di una ragione spalancata e totalmente irriducibile, che ha affascinato Wolfsgruber nel suo primo incontro con don Giussani tra i banchi del liceo.

Un’intuizione che lo ha sempre accompagnato nella sua carriera di docente, fino ad approdare alla fondazione di Accademia, un progetto di formazione interdisciplinare rivolto a docenti delle superiori, ma a cui hanno preso parte anche professionisti che operano al di fuori delle mura scolastiche. Un progetto che ha visto la luce grazie all’incontro con Eddo Rigotti che con una «autorevolezza e apertura di cui c’era davvero bisogno – racconta Wolfsgruber – ha impostato il lavoro attraverso una amicizia vera che è diventata subito operativa». Il focus degli studi di Accademia è proprio il binomio che ha dato il titolo all’incontro: ragione e libertà. Il risultato dell’educazione deve essere infatti un soggetto in grado di giudicare la realtà attraverso l’uso della ragione messa in moto dalla totale libertà dell’individuo.

«Una ragione così, a cui appartiene l’esperienza dello stupore della realtà e di sé, è una ragione affettiva che coinvolge l’io intero – ha affermato Wolfsgruber – sennò la persona è scissa in se stessa ed è proprio ciò che vediamo nella società attuale». La frammentazione del sapere, così presente nel mondo contemporaneo, è il risultato del fatto che non c’è più la prospettiva di una vera unità della ragione. «L’obiettivo di Accademia è proprio cercare di superare questa spaccatura tra il sapere delle scienze umane e quello delle scienze esatte» ha spiegato Rigotti. Un superamento possibile attraverso un dialogo continuo e una cooperazione costante tra docenti che si impegnino con autenticità nel rapporto con la propria disciplina e con i propri alunni. Un’interazione che, hanno sottolineato entrambi i relatori, è e deve essere possibile in ogni contesto, sia che si parli di scuola privata, paritaria o pubblica, perché realizzare da soli il compito educativo è impensabile. Un confronto tra le aule di scuola è infatti sempre possibile, secondo Rigotti, laddove l’interesse per l’educazione è interesse per il compimento e la coltivazione dell’umano. «Educare è un accompagnamento, un aiuto all’incontro con la realtà. La ragione però non lavora per comandi».

L’esito dell’educazione, ha continuato Rigotti, è infatti sempre a rischio perché è implicata la libertà di un altro. Una libertà che non può essere ristretta nei confini della manipolazione, ma che può essere guidata attraverso la persuasione, il continuo dare ragioni della propria proposta. Il compito dell’insegnante diventa allora quello di cercare di rispondere alla domanda: «Il mio agire è in grado di non deludere le attese della ragione dei miei studenti?». Un compito che arriva a interrogare non solo l’altro, ma l’educatore stesso: «L’amore alla vita ha motivato il nostro impegno educativo – ha detto Wolfsgruber – ma non è un amore alla vita degli altri e basta, ma alla nostra stessa vita». Citando Charles Péguy, Wolfsgruber ha infatti sottolineato che «le crisi di insegnamento non sono crisi di insegnamento, sono crisi di vita», crisi che possono quindi facilmente riverberarsi sulla società, perché «una società che non insegna è una società che non si ama, che non si stima».

Proprio sulla crisi della società è tornato anche Rigotti definendola un problema di cultura, ovvero un problema di educazione. L’utilizzo della libertà e della ragione diventano quindi essenziali per affrontare la realtà tutta, a partire dalle aule scolastiche fino ad arrivare a paragonarsi con il mondo intero

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