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Le inutili diete dell’amore: forse è il caso di cominciare a mangiare

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Sale cibo cuoco

padre Gaetano Piccolo - Rigantur Mentes - pubblicato il 21/08/15

Dare da mangiare la propria carne e il proprio sangue è l’unico modo per rimanere nell’altro

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (Gv 6,51-58)

Antony De Mello diceva che per molte persone la fede somiglia spesso a quelli che al ristorante guardano solo il menù senza cominciare mai a mangiare. Passiamo anni, o persino tutta la vita, a curare i dettagli: i moralisti passano la vita a battersi il petto, gli intellettuali si perdono nei loro ragionamenti, gli emo si struggono nel loro dolore…ma non assaggiano mai il cibo che hanno davanti.

Nella nostra cultura mediterranea, mangiare insieme è un luogo e un tempo di relazione, di conoscenza, di condivisione. Condividiamo lo stesso cibo, cioè ci nutriamo dello stesso mondo. Il modo in cui stiamo a tavola dice molto del modo in cui stabiliamo relazioni con gli altri: c’è chi pensa solo a se stesso, chi ha sempre uno sguardo attento sugli altri, chi guarda sempre nel piatto dell’altro, chi mangia senza entrare mai veramente in relazione.

Condividere il pane, per quanto sia un momento di profonda relazione, rappresenta però una situazione temporanea.
Alla fine di questo lungo discorso, sembra che per Gesù l’immagine del pane non sia più sufficiente. Improvvisamente sostituisce l’immagine del pane con quella della carne e del sangue, che in termini biblici non rimanda all’idea della grigliata, ma alla realtà della persona!

Dare da mangiare la carne e il sangue vuol dire donare la propria persona: donarsi totalmente nella relazione, mi metto completamente nelle tue mani, mi lascio mangiare affinché la mia vita possa nutrirti. È il chicco di grano che muore per dare vita. È l’immagine dell’uomo e della donna adulti che sanno farsi da parte affinché un altro possa vivere, è quello che accade ai genitori davanti alla vita del figlio.

Dare da mangiare la propria carne e il proprio sangue è l’unico modo per rimanere nell’altro, cioè la via per una relazione piena. Il desiderio di Gesù non è allora solo quello di nutrire, ma di legarsi in una relazione in cui si rimane stabilmente!

Non so se nelle nostre relazioni, anche in quelle più significative, siamo disposti a dare all’altro la nostra carne e il nostro sangue da mangiare, cioè se siamo disposti a morire per l’altro. Morire per l’altro vuol dire anche sacrificare un po’ del nostro spazio e delle nostre idee, un po’ del nostro interesse e dei nostri gusti. In genere noi siamo conquistatori della carne e del sangue degli altri, vogliamo possederli, usarli, vogliamo saziarci con la vita dell’altro. Dare la propria carne e il proprio sangue vuol dire invece vivere per qualcuno.

La relazione con Gesù non è una conquista, non è una gara, non è un premio per i nostro meriti: è una relazione donata, gratuita, è pane disceso dal cielo. La fede è nutrirsi di questa relazione, non leggere solo il menù!

Leggersi dentro
Ci sono relazioni in cui dono la mia carne e il mio sangue?
Cosa resta in me delle relazioni che vivo?

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