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Preghiera per chiedere di diventare come bambini

Mother teaching his little girl to pray © Denis Kuvaev / Shutterstock – it

<a href="http://www.shutterstock.com/pic.mhtml?id=99953372&amp;src=id" target="_blank" />Mother teaching his little girl to pray</a> © Denis Kuvaev / Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 28/07/15

“Insegnami a guardare con occhi innocenti, a credere nella vita, negli altri, a non fare calcoli, a fidarmi di te...”

Gesù è stato bambino, ha amato i bambini, ha riso come un bambino. Mi piace guardare Gesù come un bambino. Aveva un cuore da bambino. Gesù gioca, guarda, si lascia abbracciare e curare, impara. Guarda con innocenza. Inizia a camminare dando la mano a Giuseppe e a Maria.

Impara a mangiare e ad affacciarsi al mondo in una casa semplice. Piena di routine sacre. Impara a pregare. Piange. Ha bisogno dei suoi genitori per sopravvivere. Obbedisce. Riceve amore. Credo che l’infanzia di Gesù sia stata soprattutto ricevere amore.

Apparentemente improduttiva, troppi anni, ma nella sua anima ha gettato radici per sempre quell’amore incondizionato di Giuseppe e Maria che gli parlava di suo Padre.

Non diffida, non si indurisce. La sua anima di bambino rimane fino alla croce. Si fida sempre. Non giudica mai. Si abbandona. È il bambino tra le braccia di suo padre per tutta la vita. Maria ha serbato l’infanzia di Gesù nel suo cuore.

Una persona pregava:

Signore, insegnami ad essere bambino, a godere della vita, a giocare e a ridere delle piccole cose. Insegnami a confidare e a donarmi totalmente senza proteggermi per non essere ferita.

Insegnami a guardare con occhi innocenti, a credere nella vita, negli altri, a non fare calcoli. A fidarmi di te. A camminare con la mano nella tua. A lasciarmi abbracciare come i bambini, a ricevere amore e carezze perché ne ho bisogno.

Insegnami sempre a perdere il tempo con cose non fondamentali, non serie né importanti. Insegnami a godere del momento come i bambini. Senza temere il futuro. Senza rimanere a pensare al passato”.

È importante imparare a vivere come bambini. Portare a passeggio nella vita il bambino che abbiamo dentro, senza paura di essere feriti. Abbiamo bisogno di persone e di luoghi in cui poter essere bambini. Senza paura delle grida e del rifiuto. Ridere come bambini. Giocare come bambini.

Questa domenica un bambino portava i suoi pani e i suoi pesci. Mi sono sempre chiesto: non sono troppi pani e troppi pesci per un bambino? Forse li portava a qualcuno. Forse i discepoli gli hanno chiesto cosa aveva e lui ha dato tutto.

Non sappiamo molto bene come sia andata esattamente, ma mi piace pensare agli occhi di quel bambino che ha affidato i suoi pani e i suoi pesci. A volte perdiamo lo sguardo dei bambini.

Diceva padre Josef Kentenich: “Cosa deve fare il bambino? Solo consegnarsi indifeso al Padre, sentirsi piccolo. E cosa fa il Padre? Più mi sento piccolo, più mi porta in alto.

Non è mancanza di attività propria, ma donazione piena a Dio.

L’ascensore della santità. Ci entro e va vertiginosamente verso l’alto. Mi ritengo piccolo davanti a Dio, come un bicchiere vuoto. Non sono nulla, Egli è tutto. Quanto è pratico! Quanto sono piccolo e indifeso davanti al Dio infinito!”

Il bambino confida in suo padre. Si abbandona. Offre tutto. Comprende che non può fare nulla se il padre non lo sostiene. Quanto è difficile essere come bambini quando vogliamo controllare tutto, avere tutto tra le mani!

Il bambino impara a confidare e lascia le mani. Mette tutto nelle mani di Dio. Così, semplicemente. Abbandono totale. Il bambino che ride e confida. Il bambino che crede nell’impossibile. Essere come bambini è la grazia per la vita che vogliamo continuare a chiedere.

Gesù sul monte, dopo aver parlato al suo popolo, dice di dare da mangiare a tutti. “Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere”.

Alza lo sguardo e sente compassione per il suo popolo. Sa che ha fame, che vive disorientato come pecore senza pastore. Fa un miracolo superfluo.

Quante persone si avvicinano a Gesù perché vogliono essere curate, e Gesù vede in fondo alla loro anima la fragilità, la ferita e il peccato, e li guarisce!

Oggi succede il contrario, si avvicinano per essere guariti e Gesù si preoccupa di qualcosa di molto meno importante. Di qualcosa di più umano e terreno. Di qualcosa che passerà. Non vuole che se ne vadano senza aver mangiato.

Lo fa per compassione. Gesù guarda la persona intera, non solo la sua malattia. La guarda completamente e si preoccupa per tutto ciò che è suo. Per la fame di quell’istante. Dio cura i dettagli del momento. A volte i più piccoli. Ha questa delicatezza.

Il miracolo dei pani e dei pesci è solo di un momento. Mangiano, si saziano, ma il giorno dopo torneranno ad avere fame. Non è un miracolo molto efficace. Non importa. Quel momento di compassione, di rallegrare tante gente, vale la pena.

E forse, almeno in molti, il ricordo e la gratitudine sono durati tutta la vita. A volte i momenti più piccoli sono quelli che ricordiamo per sempre.

Abbiamo tutti un momento dell’infanzia che custodiamo dentro di noi in modo speciale, e a volte non ha a che vedere con cose fondamentali, né con decisioni trascendentali.

Ricordiamo l’odore di un momento, o quando abbiamo imparato ad andare in bicicletta, o quel giorno in cui abbiamo mangiato fuori con i nostri genitori. Sono momenti sacri che ricordiamo con affetto. Un bacio, un abbraccio, qualche parola. Un incontro inaspettato. Un giorno qualsiasi.

Gesù dà grande valore a quei momenti. Le parole. Gli sguardi. I gesti. Gli importa tutto ciò che ci accade. Lo preoccupano la nostra fame e il nostro riposo. Si preoccupa perfino dei dettagli più piccoli.

A volte pensiamo che con Dio possiamo parlare solo di cose importanti, trascendentali. Di temi gravi. Ma a Lui importa di tutto ciò che è mio. Il pane quotidiano. La mia fame, le mie necessità. Anche le mie stupidaggini, le mie piccolezze, le mie gioie segrete.

Oggi nessuno gli chiede nulla, e Lui dà tutto. O meglio, tutti gli chiedevano e lo supplicavano di guarire, e Gesù, come sempre, ha dato di più. Si è dato totalmente. Ha dato loro la consolazione e il pane. Le sue mani hanno benedetto e guarito, e hanno benedetto e spezzato il pane.

Gratis. Senza che nessuno glielo chiedesse. Senza che fosse necessario. Né tanto importante. Senza che nessuno se lo aspettasse. Che gioia segreta vedendoli mangiare in abbondanza!

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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