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L’Osservatorio Astronomico del Vaticano: una visione che va molto al di là

Observatório Astronômico Vaticano – it

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Alexandre Zabot - pubblicato il 25/07/15

Un astrofisico brasiliano ha testimoniato personalmente le ottime relazioni tra la fede cattolica e la scienza

Tra le tante accuse rivolte alla Chiesa, una delle più spropositate è quella per la quale è contraria alla scienza, che l’ha perseguitata nel corso dei millenni. Molti fatti smentiscono questa affermazione. Uno dei più evidenti è che il Vaticano stesso, attraverso l’azione di molti papi, mantiene un Osservatorio Astronomico, o Specola Vaticana, edificato nel cuore della Chiesa e che è la prova viva e la testimonianza eloquente del rapporto d’amore della Chiesa e dei suoi membri con la scienza, e del fatto che la scienza, quando è libera da un’ermeneutica materialista, è pienamente d’accordo con la fede cattolica.

Secondo padre Sabino Maffeo, S.J., la Specola risale al 1582, quando papa Gregorio XIII riformò il calendario giuliano. L’Osservatorio non venne creato ufficialmente quell’anno. In varie epoche, i papi si sono interessati all’astronomia e hanno creato osservatori, ma è stato nel 1891 che papa Loene XIII ha fondato formalmente la Specola Vaticana attraverso il motu proprio Ut Mysticam. A suo avviso, la Specola Vaticana doveva servire a far sì che fosse “a tutti chiaro che la Chiesa e i suoi Pastori non si oppongono alla vera e solida scienza, sia umana sia divina, ma che l’abbracciano, l’incoraggiano e la promuovono con tutto l’impegno possibile”.

All’inizio la Specola Vaticana era all’interno del Vaticano, nella Torre dei Venti. Alla fine del XIX secolo, la luminosità a Roma non era molta e quello era un luogo eccellente. Per gli astronomi è imprescindibile che il telescopio si trovi in un luogo con un cielo scuro di notte, perché le città luminose impediscono che si osservino oggetti più deboli. Nel 1933 Roma aveva già i cieli troppo chiari per permettere una ricerca seria. Papa Pio XI offrì allora la residenza papale di Castel Gandolfo, situata a pochi chilometri da Roma e che presentava eccellenti condizioni di osservazione. Nel 1980 i cieli erano nuovamente troppo chiari perché i gesuiti potessero svolgere le loro ricerche. La Specola Vaticana rimase a Castel Gandolfo, ma buona parte dei suoi ricercatori si trasferì a Tucson, negli Stati Uniti, dove venne formato un gruppo di ricerca. Questo cambiamento venne incoraggiato e sostenuto da papa Giovanni Paolo II. Lì, in collaborazione con l’Università dell’Arizona, questo gruppo poté cooperare con altri astrofisici e usare vari telescopi americani. Nel 1993 è stato inaugurato negli USA un grande telescopio ad uso degli astrofisici della Specola Vaticana. È stato un grande salto a livello di produttività di ricerca, visto che in precedenza avevano bisogno di usare altri telescopi.

La ricerca di punta in astrofisica non è l’unica attività dei gesuiti della Specola Vaticana. La loro missione è anche quella di servire la Chiesa, testimoniando nel mondo il suo buon rapporto con la scienza. Lo fanno scrivendo articoli, pronunciando conferenze nelle università e negli istituti di ricerca e organizzando eventi. L’anno scorso ho avuto il privilegio di poter partecipare a uno di questi ultimi. Ogni due anni viene realizzata la Scuola Estiva dell’Osservatorio del Vaticano. Circa due dozzine di studenti di Astrofisica di tutto il mondo vengono selezionate per trascorrere un mese a Castel Gandolfo, con lezioni su qualche tema di avanguardia in astrofisica. Come me, la maggior parte degli studenti proveniva da Paesi in via di sviluppo e non aveva la possibilità di affrontare i costi del viaggio. Per questo, l’Osservatorio del Vaticano ha sostenuto le spese.

Durante la Scuola, oltre a poter osservare con i telescopi che sono rimasti a Castel Gandolfo, abbiamo potuto conoscere i ricercatori della Specola Vaticana. Ancor più incredibile è stato il fatto che già il primo giorno abbiamo avuto l’onore di essere ricevuti da papa Benedetto XVI e siamo riusciti a salutarlo personalmente. Il criterio di scelta dei partecipanti non è stato religioso. Alcuni degli studenti non sapevano nemmeno cosa fosse un papa. C’era perfino una studentessa musulmana. Sono state settimane fantastiche in cui studenti di tutto il mondo hanno potuto verificare l’apprezzamento della Chiesa cattolica per la scienza. Nessuno di quegli studenti potrà dire un giorno che la Chiesa è oscurantista e contraria alla scienza. Questo era il desiderio di Leone XIII e di vari altri papi ed è diventata la missione dei padri gesuiti che costituiscono la Specola Vaticana. Credo che debba essere anche la missione di tutti noi cattolici, perché la conoscenza scientifica serve alla fede e aiuta a rivelare il Creatore nella bellezza della creazione.

Il professor Alexandre Zabot, dell’Università Federale di Santa Catarina (UFSC, Brasile), è fisico e dottore in Astrofisica. Aleteia lo ringrazia per la generosità nel condividere con noi i suoi articoli sul rapporto tra fede e scienza e invita i lettori a conoscere il ricco blog del professore, AlexandreZabot.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

Tags:
fede e scienza
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