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Quel cardinale «strisciante» che voleva far cadere Ratzinger e Martini

carlo maria martini

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 18/07/15

Il retroscena sul Conclave 2005 di uno stretto collaboratore del cardinale di Milano. In controtendenza rispetto alla versione del "duello" Ratzinger-Bergoglio

C'era un papabile «strisciante» che voleva inserirsi ad ogni costo tra i due pretendenti: Joseph Raztinger e Carlo Maria Martini. Siamo alla vigilia del Conclave del 2005 che decretò l'elezione del cardinale tedesco, allora Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede.

TESTA A TESTA
A raccontare il retroscena è uno dei più stretti collaboratori Martini, Don Silvano Fausti, biblisti e teologo recentemente scomparso. In un'intervista rilasciata prima di morire a Gli Stati Generali , Fausti racconta che Martini e Ratzinger erano «i due che avevano più voti, un po’ di più Martini» (già allora malato di Parkinson), uno per i «conservatori» e l’altro per i «progressisti».

MANOVRE OSCURE
Ma c’era una manovra per «far cadere ambedue» ed eleggere il cardinale «molto strisciante» di Curia. «Scoperto il trucco, Martini è andato la sera da Ratzinger e gli ha detto: accetta domani di diventare Papa con i miei voti». Si trattava di fare pulizia. «Gli aveva detto: accetta tu, che sei in Curia da trent’anni e sei intelligente e onesto: se riesci a riformare la Curia bene, se no te ne vai» (Corriere della Sera, 17 luglio).

IL RICHIAMO AI "LUPI"
Martini, rivela Fausti, disse che il Papa fece poi un discorso «che denunciava queste manovre sporche e ha fatto arrossire molti cardinali». Il 24 aprile 2005, nell’omelia di inizio pontificato, Benedetto XVI disse: «Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi». Ratzinger e Martini, pur diversi, si riconoscevano e si stimavano. «Cercavano sempre di metterli contro per fare notizia. Mentre, con Wojtyla, Martini dava ogni anno le dimissioni…».

L'ULTIMO INCONTRO
I due si videro per l’ultima volta a Milano, all'incontro mondiale delle Famiglie, il 2 giugno 2012. Il cardinale era uscito dall’Aloisium di Gallarate per raggiungere il Papa. Fu allora che si guardarono negli occhi e Martini, che sarebbe morto il 31 agosto, ribadì a Ratzinger: la Curia non si riforma, non ti resta che lasciare. Otto mesi più tardi, nel febbraio 2013, Raztinger abdicò.

L'ALTRA VERSIONE
Fin qui il resoconto di Fausti. Ma c'è un'altra versione molto diversa di quelle ore vissute dieci anni fa in Vaticano. Un altro retroscena raccontato da un cardinale (uno tra i 115 votanti) e pubblicato da Limes (2009) invece parla di un certo Bergoglio, tutt'altro che uomo di Curia, come il vero avversario di Ratzinger.

SOLO RATZINGER
Il conclave, spiegava quel cardinale, rimasto anonimo, si apre con un’unica candidatura «organizzata» e in grado di contare su un blocco di voti predefiniti, quella del cardinale Ratzinger. Alla prima votazione ne ottiene 47. Un’ottima base di partenza ma a Ratzinger mancano ancora 30 voti per raggiungere i due terzi necessari per l’elezione.

MARTINI SENZA ASPIRAZIONI
Molto inferiori alle stime ipotizzate sono invece le preferenze raccolte dal cardinale Martini. Diversi organi d’informazione hanno immaginato un testa a testa nel primo scrutinio fra le due eminenti personalità. In realtà «lo scarto è stato invece molto ampio e netto. Bisogna ricordare che, mentre quella del porporato bavarese era una candidatura reale, il nome del cardinale italiano era stato indicato solo come eventuale “candidato di bandiera”. Capace di raccogliere e unire una parte del “dissenso” all’ipotesi Ratzinger. Ma il cardinale Martini non si è mai sentito un vero “papabile”, e non solo per i noti problemi di salute».

SORPRESA BERGOGLIO
La vera sorpresa del primo scrutinio sono i 10 voti per il cardinale argentino Jorge Bergoglio. L’arcivescovo di Buenos Aires si è però guadagnato specialmente negli ultimi anni una diffusa fama d’uomo di Dio. «Uomo di preghiera, che rifugge la scena mediatica e conduce uno stile di vita sobrio ed evangelico». Sicuro sul piano dottrinale, aperto su quello sociale, insofferente sul piano pastorale verso la rigidezza mostrata da alcuni collaboratori di Wojtyla sui temi d’etica sessuale («vogliono mettere tutto il mondo in un preservativo», commentava con gli amici alla vigilia del conclave). Caratteristiche che, in mancanza di un vero candidato di «sinistra», alternativo alla linea Ratzinger, faranno di Bergoglio l’uomo di riferimento per l’intero gruppo dei cardinali più riluttanti a votare il decano del Sacro collegio.

I FEDELISSIMI DELL'ARGENTINO
«Un gruppo il cui nocciolo pensante è costituito da Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca e da Godfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles, e al quale fanno capo un significativo drappello di cardinali statunitensi e latinoamericani, oltre che qualche porporato della curia romana».

IL VERO AVVERSARIO DI BENEDETTO XVI
Da lì partì un testa a testa tra Ratzinger e Bergoglio che culminato con la terza votazione, finita 72 a 40 per il primo. L'obiettivo, secondo il resoconto di questo cardinale a Limes, era di arginare la candidatura del porporato tedesco e lanciare nomi nuovi alle future votazioni. Tra i più attivi in tal senso ci sarebbe stato proprio il cardinale Martini. Un'operazione non riuscita poiché alla quarta votazione, alcuni "bergogliani" spostarono le preferenze a Ratzinger che con 84 voti (ne servivano 77) risultò eletto.

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