di Sébastien Maillard*
Memoria. Popolo. Identità. Casa. Parole che contano per Jorge Bergoglio e che sono state molto presenti nel suo viaggio itinerante in America Latina. “Un popolo che ha dimenticato il suo passato, la sua storia, le sue radici, non ha futuro”, ha ripetuto al suo arrivo in Paraguay, dove, come in Ecuador e in Bolivia, si è sentito “a casa”.
Eppure, il papa argentino non si trovava nel suo paese natale, né ripercorreva la sua storia personale. Ma in tutti questi giorni di visita, è risalito alle origini del suo pontificato: alle sorgenti popolari innanzitutto, segnate dal senso della fede dei fedeli, del loro fervore, oltre che delle loro sofferenze e talvolta della loro collera. Alle sorgenti teologiche, quelle del popolo in cammino.
Alle sorgenti del “documento di Aparecida” anche, quel testo-faro dell’episcopato del continente che aveva contribuito a redigere nel 2007 e che ispira oggi il suo ministero. Alle sorgenti missionarie, derivate dallo slancio evangelizzatore della Chiesa latinoamericana, alle sorgenti gesuite, la cui opera, passata e attuale, è stata presa in considerazione in ogni tappa, e infine alle sorgenti mariane, attraverso i santuari dove si è ovunque raccolto in preghiera.
Denso fino alla fine, questo viaggio sotto il sole equatoriale della costa del Pacifico, a Guayaquil o sulle montagne boliviane, è stato senza dubbio stressante per papa Francesco, che verso il termine ha manifestato un po’ di legittima fatica. Ma queste visite avranno rafforzato soprattutto la sua convinzione che l’America Latina ha molto da dare alla Chiesa cattolica. Il viaggio avrà certo nutrito le sue attese a questo riguardo e permesso ai popoli dei paesi visitati di ritrovare le sorgenti della fede.
Così, anche se qualcuno potrebbe dubitarne, vedendolo altrove privilegiare l’italiano e, recentemente, ritrovare dei cugini piemontesi a Torino, il vescovo di Roma è sicuramente latinoamericano, nel senso più alto. Alle sorgenti del suo amato continente tornerà ad abbeverarsi sicuramente l’anno prossimo, senza evitare questa volta l’Argentina
*La Croix