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San Benedetto, uomo di fede e genio pratico

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 10/07/15
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I Dialoghi di san Gregorio Magno e il racconto della vita del fondatore del monachesimo occidentaleNarra una tradizione che ogni anno tre corvi pongono il nido nel bosco di Montecassino e ogni giorno saltellano alla porta del monastero come per chiedere la ricompensa per il loro ruolo nella sua fondazione. Nel Carmen de s. Benedicto, infatti, il poeta Marco che probabilmente era un discepolo del santo, racconta che nel viaggio verso il monte Benedetto era seguito da tre corvi e preceduto da due angeli. E’ per questo motivo che certe rappresentazioni del santo lo vedono raffigurato con un corvo.
 
Quel che è certo è che con la fondazione del monastero di Montecassino si apre la parabola del monachesimo occidentale che avrebbe profondamente segnato la storia della Chiesa dei secoli a venire. La Chiesa cattolica – mentre le diverse comunità benedettine ricordano la ricorrenza della morte del fondatore il 21 marzo -, celebra la festa di san Benedetto l’11 luglio da quando papa Paolo VI lo ha voluto patrono d’Europa proclamandolo il 24 ottobre 1964 in onore della consacrazione della basilica di Montecassino.
 
L’unica fonte disponibile sulla vita del santo è il secondo libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno, che si può trovare nell’edizione di Città nuova “Vita di san Benedetto e la Regola” con una estesa e puntuale introduzione di Attilio Stendardi, che spiega come “San Gregorio Magno li scrisse nell’intento non di compilare una biografia e per fare opera storica nel senso moderno del termine” ma raccolse solo “dei fatti, ‘fioretti’ con ogni probabilità già esistenti nella tradizione orale, cercando di risalire il più possibile alle fonti”.  I Dialoghi conobbero una grande diffusione e contribuirono a veicolare  la Regula, la regola dettata da Benedetto ai suoi monaci, e sintetizzata successivamente nel motto “Ora et labora” al di fuori dell’ambito strettamente monastico.

 
San Benedetto “recupera la sacralità del lavoro manuale, fino ad allora considerato di pertinenza degli schiavi e degradante” e organizza la vita della comunità dei monaci secondo due cardini: il concetto di stabilitas loci cioè l’obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero contro il “vagabondaggio” dei monaci piuttosto diffuso al suo tempo e la conversatio, cioè la buona condotta morale, la pietà reciproca e l’obbedienza all’abate, il “padre amoroso” (il nome deriva proprio dal siriaco abba, padre) che è il riferimento benevolo di una famiglia che scandisce il tempo in modo ordinato tra le varie occupazioni della giornata nella quale si alternano la preghiera e il lavoro.
 
La vita di fede e la fedeltà alla preghiera recano con sé “il frutto previsto nel Prologo della Regola: Inquire pacem et sequere eam, la continua e proficua ricerca della pace, il suo possesso con la pienezza della gioia. San Benedetto desidera vedere tutti i suoi figli felici; vuole che ‘nella casa di Dio nessuno sia turbato o triste”. E i Dialoghi, spiega Stendardi, mettono in risalto tanti interventi taumaturgici del santo, per ridare la gioia a qualcuno”. Così fu per nel celebre episodio del Goto, la cui roncola era finita nel lago: “Eccotela di nuovo – disse Benedetto quando dall’acqua il falcetto tornò al manico come attirato da una potente calamita -, lavora e non essere triste “(Dialoghi, II/6).

 
I Dialoghi allora, al di là dei fioretti raccontati, possono dirci qualcosa ancora oggi: “possono darci la fisionomia morale e spirituale del vero benedetto, quale si staglia dalla Regula, proprio per quel che dice di lui lo stesso san Gregorio, che cioè “non insegnò diversamente da come visse” (Dialoghi, II/36).
 
Così la Regula non è solo un documento della civiltà del passato ma contiene anche gli elementi programmatici e le motivazioni per la civiltà futura. “San Benedetto – scrive l’autore dell’introduzione – è il Patriarca, Patrono principale e speciale dell’Europa, perché ha ancora tutto da dire. ‘Cerca la pace e tienile dietro’ ha ripetuto ai suoi monaci, avvertendo poi di ricordare bene che, qualora avessero avuto in sorte di doverne indicare la via ad altri, non potevano ‘dare la pace falsa’, ma solo quella vera che viene da Cristo”.