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Come quella “stupida protuberanza” mi ha cambiata per sempre

Pregnant woman 01 – CC – it

© Teza Harinaivo Ramiandrisoa / CC

https://www.flickr.com/photos/harinaivoteza/7241780178

Carolyn Svellinger - pubblicato il 10/07/15

Una gravidanza non pianificata e inattesa, e alla fine estremamente felice

Non sono una che ricorda e rimugina sugli eventi passati della propria vita, ma come posso non farlo con questo? È stato l’evento che l’ha cambiata di più.

Anche se tra una settimana entrerò nel terzo trimestre della mia terza gravidanza, non sono ancora una persona emotiva, tranne che per alcune cose.

Mio figlio maggiore è una di queste.

Non avevo finito il college neanche da un anno quando ho scoperto che lo aspettavo.

La mia vita non era già “incamminata”. Non avevo niente di stabilito. Non progettavo nemmeno di stabilire qualcosa.

Non avevo nessuno per cui preoccuparmi o di cui prendermi cura se non me stessa, e non lo stavo neanche facendo! Guardo a com’ero durante gli anni del college (e anche delle scuole superiori) con disgusto. Le decisioni che ho preso erano vane, sconsiderate e gratificavano solo me stessa. Lavoravo molto ma non mettevo da parte il denaro, spendendolo per comprare tutto ciò che mi andava.

Siamo cresciuti sentendoci dire “Persegui i tuoi sogni! Fa’ ciò che sembra buono! Nessun rimpianto! Vivi, ridi, ama! Sii sempre giovane! Si vive una volta sola! Vivi l’attimo! Sii vera con te stessa!”

Ci vengono propinati questi cliché senza un contesto in cui inserirli. È imbarazzante, ma alcuni di noi si tatuano perfino questi stupidi mantra sul corpo o li appendono o li dipingono in casa. E senza una saggezza acclusa, queste parole incoraggiano un comportamento sconsiderato e un futuro pieno di rimpianti.

Sentivo alcuni parlare dei loro errori passati e di come avrei dovuto imparare ed essere migliore, ma non mi importava. Mi veniva ripetuto continuamente che avevo il potenziale per avere “successo” e che avevo il “tocco di re Mida”, che ero dotata, che tutto ciò che toccavo mi portava benefici.

Ma in modo molto infantile pensavo “Perché non dovrebbe essere così?”

Per me niente era mai difficile. Non avevo mai dovuto lottare per far bene qualcosa. Eccellevo in tutto ciò in cui ponevo un’oncia di sforzo. Ma un’oncia era tutto ciò in cui consisteva il mio sforzo. La mia testa era sempre da qualche altra parte, concentrata sul prossimo sogno che mi avrebbe realizzata. Non ho mai pensato a lavorare veramente sodo nella vita, concentrandomi su un obiettivo e rimandando la mia gratificazione al quadro più ampio. Volevo ciò che volevo, e lo ottenevo. Non ho mai cercato un quadro più ampio.

Guardo com’ero in quegli anni e mi vengono i brividi.

Ma ciò di cui non mi pento è la scelto che ho fatto con mio marito di amare il nostro figlio maggiore.

Non c’è nulla che abbia fatto nel mio passato che mi abbia portato una gioia più grande e duratura che dare la vita a mio figlio, e agli altri che sono arrivati in seguito.

E dico questo quando una volta odiavo i bambini. Di tutte le età. Mi vantavo in un monologo che propinavo spesso a chiunque fosse a portata d’orecchio di credere che tutti i neonati fossero brutti e grinzosi, che tutti i bambini piccoli fossero marmocchi sporchi e piagnucolosi e che quelli più grandi fino all’adolescenza fossero noiosi e odiosi.

Datemi un cagnolino, dicevo sempre. Sono morbidi e carini, e di notte li puoi mettere in una cassetta con un po’ di cibo e di acqua.

Ma ho scelto nostro figlio.

Non perché la mia religione mi dice che l’aborto è sbagliato, ma perché fortunatamente ho ascoltato abbastanza la scienza da riconoscere pienamente che nel momento in cui il mio ovulo viene fecondato non è solo un uovo fecondato, ma è un LUI o una LEI con il suo unico DNA; un essere umano, diverso da me. Almeno avevo quella convinzione. Ho guardato nello specchio del negozio di spose e ho visto il mio riflesso. Avevo scelto il vestito più semplice di tutti. Non potevo nascondere la protuberanza che saltava fuori da sotto la fascia, e guardandomi in abito da sposa mi sembrava tutto così sbagliato…

“Quella stupida protuberanza”, ricordo di aver pensato. “Non doveva andare così”.

Ma era così. Ed era giusto.

Tanto più giusto di quanto pensavo avrebbe dovuto essere.

Tre anni dopo, “quella stupida protuberanza” dice ogni sera “Ti voglio bene, mamma” con la sua vocina quando chiudo la porta della sua stanza.

Guardo dalla fessura della porta e vedo “quella stupida protuberanza” raggomitolata sotto le coperte del suo letto enorme e sembra così piccolo, mentre stringe il suo agnellino e chiude gli occhi.

Stasera, quando mio marito ed io lo abbiamo baciato e abbiamo chiesto a Dio di benedirlo, lui ha gridato e ridacchiato con la sua eccitazione genuina, sapendo che il mattino dopo sarebbe stato il suo compleanno.

Riuscire a testimoniare queste semplici gioie, queste comprensioni, queste emozioni e vittorie in un essere umano che è stato creato da Dio ma anche da mio marito e me non ha paragoni.

A volte lo guardo e ho dei flash sul tipo di persona che potrei essere oggi se avessi messo me stessa al primo posto; il mio corpo anziché mio figlio. Questi flash mi spaventano con immagini di solitudine e anni di ricerche vuote.

Lexington mi ha cambiato per sempre. Lui e gli altri nostri figli sono ora i destinatari dei miei doni e dei miei talenti, dei miei sforzi e del mio amore. Non sarò sprecata con loro, contrariamente a ciò che il mio stile di vita precedente diceva che sarebbe successo se avessi avuto dei “marmocchi” nella mia vita. Sono dieci volte più grande della persona che ero tre anni fa.

Ora guardo i neonati e mi commuovo fino alle lacrime. Ciascuno di loro è la prova vivente di un miracolo e del vero amore sulla terra. A volte devo darmi un pizzicotto o mordermi le labbra per evitare di piangere e di essere eccessivamente emotiva quando vedo un neonato in pubblico.

Che splendida trasformazione ho fatto… Mi sto ancora trasformando, senza dubbio. Sono ancora egoista – questo post ha parlato soprattutto di ME, no? -, ma ora ne sono consapevole. Posso cambiare. Posso essere migliore. Ringrazio Dio perché mi conosce meglio di quanto avrei mai pensato che potesse fare – e perché me lo prova! Lo ringrazio per avermi dato mio marito, per averci dato il nostro piccolo Lexington.

Buon terzo compleanno, amore. Sei un miracolo.

Carolyn Svellinger è scrittrice, artista e madre. Questo articolo è stato pubblicato sul suo blog Sverella.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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