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“Le parabole sono da Premio Oscar”

Ennio Morricone © Featureflash / Shutterstock.com – it

<a href="http://www.shutterstock.com/pic.mhtml?id=95178334&amp;src=id" target="_blank" />Ennio Morricone</a> © Featureflash / Shutterstock.com

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Credere - pubblicato il 02/07/15

Il grande compositore racconta l’intimità della sua fede, dai Rosari recitati con la mamma alla preghiera quotidiana

di Vito Amodio

Salendo le scale di ingresso alla casa di Ennio Morricone sembra di rivedere un’inquadratura di grande potenza: la cinepresa si solleva mentre Noodles (Robert De Niro), oramai disperato e distrutto dalla sua stessa violenza, si allontana verso il mare dove riverbera l’alba. L’inquadratura è di Sergio Leone, nel film C’era una volta in America; la musica, struggente, è del grande compositore che ha accettato di aprirci il suo cuore.

Maestro, ho sempre pensato che questa musica fosse stata concepita prima delle riprese del film.
«È vero! Leone mi faceva lavorare prima di cominciare a girare. I registi che danno più tempo avvantaggiano loro stessi e me: io posso dedicarmi all’ideazione, loro si abituano alle musiche che propongo. Arrivare all’ultimo momento può comportare una delusione. La maggior parte delle collaborazioni creative tra me e i registi è andata bene, ma non tutte! La musica è un’arte che per diventare moglie o sorella del film ha bisogno dello stesso elemento che caratterizza il film: il tempo. La temporalità affratella il cinema e la musica. Da dove proviene la musica di un film? Da un altrove misterioso».

Meno misteriosa è la sua fede…
«Provengo da una famiglia cristiana. La mia fede è nata in famiglia. I miei nonni erano molto religiosi. Con mia madre e le mie sorelle abbiamo sempre pregato prima di andare a letto. Ricordo il periodo della guerra. Durante quei terribili anni pregavamo il Rosario. Eravamo tutti molto impressionati. Mi rivedo assonnato che rispondo alle Ave Maria di mia madre. Siamo sempre stati religiosi. La domenica andavamo a Messa e ci accostavamo al sacramento della Comunione».

Un uomo credente cosa rivela di sé?
«Identifica una persona onesta, altruista, rispettosa di Dio e del prossimo. Amare gli altri, anche se la parola amare può sembrare forte; però è così. Questo è importante. Io penso veramente al bene degli altri, che il prossimo non abbia il male dal mio modo di fare. Mi è perfettamente normale che debba fare una cosa per rispetto della persona che incontro».

Valori che ha trasmesso anche alla sua famiglia.
«Sì, e anche quello del sacrificio. In questi ultimi tempi bisogna sacrificarsi ulteriormente: io stesso qualche volta mi sacrifico per andare incontro alla disoccupazione, alle tante preoccupazioni che assillano. Con mia moglie, che è una brava persona, scrupolosa, abbiamo abituato i nostri figli a questo senso di generosità. Non è detto che i miei figli l’abbiano recepita completamente, non lo so, ma so che sono buonissimi figlioli, che assomigliano al padre e alla madre. Ama gli altri come ami te stesso; ecco, questo per me è un modo normale di essere».

Quanto può la musica essere prossima al Padre?
«La musica è sicuramente vicina a Dio. Nello stesso tempo la musica è proiettata nell’anima e nel cervello dell’uomo. Gli permette di meditare. Il discanto, il falso bordone provengono dai primi trattamenti polifonici del canto gregoriano. Da lì è nata la musica occidentale. La musica è l’unica vera arte che ci avvicina veramente al Padre eterno, e all’eternità. Lo dico a me stesso, e qualche volta a mia moglie, che la musica già esisteva, tutta! La musica che è stata scritta e sarà scritta. È il compositore che l’ha presa, e la prenderà! Secondo la propria epoca, secondo il momento in cui egli scrive e secondo la civiltà e lo stato della ricerca musicale del suo tempo. La musica è già esistente anche se non c’è».

Il grande pubblico conosce meno il suo straordinario repertorio di musica contemporanea, che lei definisce assoluta. Queste sonorità hanno spesso un richiamo spirituale.
«Luciano Salce, regista cui ho musicato diversi film, un giorno mi chiamò e mi disse, “Devo lasciarti”, “Perché?”. Eravamo amici, e rimanemmo amici fino alla sua morte. “Perché io faccio film comici e tu fai una musica spirituale, sacrale. Devo lasciarti per forza”. Questo episodio mi ha segnato molto. Grazie a lui ho cominciato a ragionarci su. Probabilmente a volte esprimo sacralità anche quando non la cerco o non ci penso. Non parlo nemmeno di ispirazione, che non esiste. Parlo di idee. Sono forse su un binario che porta verso questi esiti».

Infatti nel suo repertorio troviamo anche musica sacra e poche settimane fa ha eseguito Missa Papae Francisci, un omaggio a Papa Bergoglio di intensa e unica bellezza.
«Amen mi fu chiesto come composizione per un coro per la chiesa di Santa Maria degli Angeli di Roma in occasione di un Festival cui avrebbero partecipato sei cori provenienti da tutto il mondo. Io decisi di comporre un’opera dove soltanto la parola «Amen» veniva cantata, però pensai di coinvolgere tutti e sei i cori. Egisto Macchi mi chiese di scrivere una Via Crucis. Gli risposi di sì. Ho scritto recentemente una musica sulla Creazione. L’aria, la luce, l’acqua, il fuoco, la terra, l’uomo. Poi, la torre di Babele, da cui scaturisce, in ebraico, una moltitudine di voci in un crescendo sempre più imponente».

Qual è l’episodio biblico che ama ricordare?
«Le parabole di Cristo, senza dubbio. Il racconto delle nozze di Cana mi emoziona molto. Come non ricordare la Passione? Momento importantissimo per la vita di Cristo e per tutti noi».

Mission è, forse, il film che più le ha permesso di raccontare il ribaltamento della coscienza umana. Mentre si narrava un sofferto periodo voluto dalla Chiesa, la sua musica cresceva di brano in brano raggiungendo vette elevatissime di potenza spirituale che tradurrei come una intensa richiesta di perdono.
«Il co-produttore del film, Fernando Ghia, mi portò a Londra a vedere il film. Di fronte al finale, ero piangente; a quella strage di indios e di gesuiti per mano portoghese e spagnola. Avevo davanti a me il regista e i due produttori e dissi, “No, io non lo faccio, è bellissimo così”. Credo di essere rimasto mezz’ora a piangere. E loro insistevano. Finché cedetti: “Faccio la musica”. Non volevo farla perché se la sbagliavo avrei potuto rovinare il film. Lavorando su tre elementi distinti che non potevo ignorare, l’oboe del gesuita padre Gabriel, la musica corale e quella etnica degli indios, credo sia stato un miracolo l’esser riuscito a comporre una musica in cui tre combinazioni indipendenti di suoni funzionavano anche contemporaneamente».

La musica può essere preghiera intensissima.
«Certo! Ma al di là della musica ci vogliono parole, intenzioni, concentrazione. Io prego un’ora al giorno, ma anche di più. La prima cosa che faccio. Anche durante la giornata, per caso. La mattina mi fermo davanti a quel Cristo (nel grande soggiorno, illuminata da una finestra, c’è una splendida immagine di Gesù, ndr). E anche la sera. Spero che le mie preghiere vengano ascoltate».

50 ANNI E PIÙ DI PREMI E SUCCESSI
Ennio Morricone è nato a Roma il 10 novembre 1928. Si è diplomato al Conservatorio in tromba e in composizione. Diviene famoso in tutto il mondo con le musiche per i film western di Sergio eone Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il buono, il brutto, il cattivo 1966), C’era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971). Ha musicato oltre 400 film, collaborando con registi del calibro di Gillo Pontecorvo, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Tornatore, Brian De Palma, Roman Polanski, Oliver Stone, Pedro Almodovar, Roland Joffé. Ha ricevuto 27 Dischi d’oro, 7 Dischi di platino, 7 David di Donatello, 3 Golden Globe, 1 Grammy Award, oltre al Leone d’oro e all’Oscar alla carriera.

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