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Avete bisogno di farvi una risata? Leggete il Nuovo Testamento

Zacheus in a tree – it

William Hole-CC

Howard Kainz - pubblicato il 02/07/15

L'arguzia e l'umorismo di Gesù rivelano la sua umanità

L'evento Muhammad Cartoon a Garland (Texas, Stati Uniti) del 3 maggio è stato pubblicizzato come un esercizio di libero discorso, e lo è stato, anche se ha provocato qualche critica pesante. Perfino l'evangelizzatore Franklin Graham, che ritiene l'islam una religione negativa, ha pensato che Robert Spencer e Pamela Geller, gli organizzatori dell'evento, abbiano raggiunto estremi superflui.

Concordo con Graham, che ha sottolineato come i cristiani non dovrebbero farsi coinvolgere nella derisione di altre religioni, ma la mia ragione di disappunto fondamentale per quanto riguarda l'evento è che non c'è niente di divertente nei cartoni animati. Questa mancanza è comprensibile, se si leggono il Corano o gli Hadith e si cercano i passi umoristici. Non esistono. E gli islamisti oggi non sono scherzosi, ma dannatamente seri – così seri sul loro diritto assoluto alla supremazia che invitano involontariamente la satira o i cartoni simili al genere odierno del cartone o della satira di tipo politico.

Nel Nuovo Testamento, invece, ci sono situazioni con tratti di umorismo, e se fossi un vignettista potrebbero offrirmi qualche ispirazione per creare cartoni che sarebbero sicuramente gradevoli e non blasfemi. Ecco qualche esempio:

La madre di Giacomo e Giovanni in Mt 20, 20 diventa lo stereotipo della “madre ebrea”, che richiede una considerazione speciale per i suoi figli nel regno di Gesù – nella fattispecie, che siedano accanto a lui, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Gesù usa questo fatto come un momento di insegnamento per chiarire la natura del suo regno, ma gli altri dieci apostoli (Mc 10, 41) si lamentano per la faccia tosta dei loro compagni.

Quando la donna gentile in Mc 7, 25 chiede a Gesù di esorcizzare la figlia e Gesù le risponde dicendo “Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”, la donna ricorda che i cagnolini mangiano le briciole. Gesù si congratula con lei per la sua risposta “Per questa tua parola va'”.

Quando arriva la notizia della morte di Lazzaro (Gv 11), come dovrebbe interpretare un discepolo lo strano commento del Maestro? “Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato”, dice Gesù. Si richiede una risposta diplomatica: “Signore, se s'è addormentato, guarirà”. Voilà! I primi addetti stampa e portavoce cristiani.

Quando Gesù viene trasfigurato davanti agli apostoli (Lc 9, 33), stando vicino a Mosè ed Elia, il povero Pietro è del tutto a corto di parole, e tutto ciò che riesce a dire è: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. È lo stesso uomo che si rimette i vestiti per saltare giù dalla barca e correre verso Gesù (Gv 21, 7).

Nel Tempio, guardando i presenti con i suoi discepoli (Lc 18, 10-13), Gesù loda un pubblicano che non si sente a suo agio con se stesso, in contrasto con un fariseo, che si congratula con sé dicendo: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri…”. Il Signore sottolinea un ego gonfiato.

A un uomo che gli chiede di mediare in una disputa su un'eredità con il fratello (Lc 12, 13-15), Gesù risponde: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. Si riesce quasi a sentire un sospiro di esasperazione provenire da Colui che è venuto per essere non il giudice della pace, ma il Principe della Pace, il Messia.

Nel Vangelo di Giovanni (21, 18-24), dopo la resurrezione, sentendo Gesù predire il tipo di morte che avrebbe sopportato, Pietro dice forte: “Signore, e lui?”, riferendosi a Giovanni. Gesù risponde: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi”, ovvero non fare il ficcanaso. Giovanni sente invece la necessità di combattere la voce per la quale lui, il discepolo amato, non sarebbe morto. No, no, Gesù non ha detto questo.

San Paolo, il cui punto forte era scrivere ma che ammette che i suoi discorsi e la sua presenza fisica erano mediocri (1Cor 14, 9, 2Cor 11, 6), predica un sermone domenicale di più ore proprio prima di partire da Gerusalemme (At 20, 7-9). Un giovane uomo della congregazione, Eutico, si addormenta seduto su un davanzale e cade da un'altezza di tre piani morendo. Paolo fa una breve pausa, va a controllare il giovane, dice che sta bene e poi continua a predicare fino all'alba. Forse è un commento indiretto sui predicatori prolissi.

Gesù, circondato come molti di noi da zeloti alimentari estremamente consapevoli delle giuste abitudini a livello di cibo (Mt 15, 11-17), ricorda ai suoi ascoltatori che ciò che entra nella nostra bocca va direttamente nella latrina. Dovremmo preoccuparci in realtà della qualità delle parole che escono dalla nostra bocca.

Gesù è rimasto imbarazzato dalle parole della donne che ha gridato dalla folla “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!” (Lc 11, 27)? In ogni caso, la sua risposta ha cambiato il soggetto e ha dato una lezione: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”

Quando ai genitori dell'uomo nato cieco le autorità viene chiesto se è loro figlio e com'è stato curato (Gv 9, 18-21) – sicuramente quest'uomo, Gesù, non gli ha “aperto gli occhi” -, rispondono: “Chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso”, evitando il “politicamente scorretto”.

In Lc 19, 2-4, Zaccheo, che era “piccolo di statura”, sale su un sicomoro per veder passare Gesù, e questi premia il suo coraggio: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.

Quando Gesù si è congratulato con Natanaele per il suo candore (Gv 1, 47-49) e Natanaele ha chiesto come Gesù lo conoscesse, Gesù risponde che lo aveva visto sotto un albero di fico, facendo sì che questi risponda: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!” E Gesù – in modo scherzoso – esprime stupore per il fatto che questo sia stato sufficiente a renderlo un credente.

Paolo dà una frecciatina ai VIP ecclesiastici (Gal 2, 2-6), che pensavano di essere importanti, soprattutto Giacomo, Pietro e Giovanni, che sembravano essere i pilastri, ma alla fine va doverosamente a far loro visita per ottenere la giusta autorizzazione della sua missione.

Non si dovrebbe leggere il Nuovo Testamento per farsi una risata, ma forse, solo forse, lo leggiamo con un po' troppa solennità, quando la sua ironia cerca di far emergere l'umanità del Dio-uomo e di tutti noi.

Howard Kainzè docente emerito di Filosofia presso la Marquette University.

[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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