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Quando “Il Marziano” è diventato “Marte: operazione riscatto”

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20th Century Fox

Aleteia - pubblicato il 25/06/15

Di fronte alla tragedia e alle difficoltà del prossimo, non importa la complessità della sfida

di Antonio Rentero

Un paio di anni fa è stato pubblicato un romanzo affascinante, The Martian. Ora si annuncia il film girato da Ridley Scott basandosi sul testo, anche se almeno in Spagna il titolo che sembrava logico è stato trasformato, rovinando parte dell'intrigo della trama.

Già la storia del romanzo meriterebbe un film. L'autore, Andy Weir, è uno scienziato che un bel giorno si è posto la sfida di scrivere una storia di fantascienza che fosse il più fedele possibile alla realtà senza allontanarsi da una narrativa attraente. E c'è riuscito! Ha iniziato a scrivere i capitoli e a pubblicarli gratis su Internet in modo seriale, con un successo tale che su richiesta dei lettori ha dato un formato Kindle al tutto e lo ha pubblicato su Amazon al prezzo più basso possibile: 0,99 dollari, ottenendo un successo enorme.

Il protagonista (interpretato da Matt Damon) è uno dei partecipanti alla prima missione su Marte. Lì vengono sorpresi da una tempesta di sabbia, e mentre preparano la fuga dal pianeta viene attraversato dal supporto di un'antenna. I suoi compagni lo danno per morto (il suo vestito smette di emettere il segnale che indica che è vivo) e partono dal pianeta rosso.

Risulta però che Mark Watney (così si chiama il marziano a cui allude il titolo) non è realmente morto. Il pezzo ha attraversato i suoi vestiti ferendolo al costato, la sua riserva di ossigeno si esaurisce (gli resta quanto basta solo per qualche minuto), lo strumento per comunicare è danneggiato, i suoi compagni se ne sono andati… e non resta alcuna nave sulla quale possa fuggire dal pianeta.

Questo solo nel primo capitolo.

Gli amanti della fantascienza e dell'avventura si godono la bellezza di una trama che cattura e impedisce di mettere giù il libro. La parte scientifica pura e semplice (i suoi calcoli per ottenere ossigeno o cibo) è abbastanza precisa da stupirci e abbastanza istruttiva per non spaventare o annoiare chi è meno interessato a questi aspetti.

E il meglio è che tutto è condito con favolosi tocchi di umorismo e di un ingegno divertente che fanno desiderare che Mark riesca a sopravvivere e ad andare via da Marte. Si scopre la simpatia che risveglia un uomo che è rimasto completamente solo in un pianeta situato a 250 milioni di chilometri, con un termine di quattro anni perché arrivi una missione di salvataggio e che pur senza possibilità di comunicare con la Terra non si arrende perché non perde mai quello che fa sì che nella vita valga la pena di lottare: la speranza.

“Il marziano” non concepisce in alcun momento la possibilità di lasciarsi vincere dalle circostanze più avverse che avrebbe potuto immaginare. L'odissea che attraversa in completa solitudine risulta esemplare perché non esita neanche un istante a fare l'inimmaginabile per rimanere in vita, ricorrendo per questo al più grande sforzo possibile da parte del suo intelletto, a uno sforzo incessante e in momenti selezionati, a un imprescindibile tocco di umorismo perché una tragedia non diventi un dramma, anche senza la necessità di trasformare la situazione in commedia.

Dai primi video promozionali, sembra che il purtroppo irregolare anche se non per questo meno geniale Ridley Scott si sia buttato totalmente sul miscuglio di avventura, senso dell'umorismo (non commedia) e forte carattere istruttivo dell'opera, per cui probabilmente il film renderà piena giustizia e rappresenterà uno spettacolo vibrante che potrà ottenere qualcosa che credo il libro raggiunga senza sforzi apparenti: dare speranza attraverso la scienza e suscitare il desiderio di continuare a conquistare l'universo, con sincera umiltà di fronte all'infinità della creazione ma con l'orgoglio di sapere che facciamo parte di tutto ciò che esiste e che non avrebbe senso rinchiuderci in questo meraviglioso ma piccolo mondo.

L'umanità ha bisogno di andare nello spazio, dobbiamo arrivare ad altri pianeti e stabilirci lì, con Marte come opzione più prossima e realistica. Conformarci alla Terra presupporrebbe di fallire come specie, rifiutarci di guardare oltre e nel peggiore dei casi condannarci all'oblio per qualcosa di tanto elementare come non disporre di una “copia di sicurezza” nel caso in cui la statistica non si sbagli e un giorno il cielo esploda sulla nostra testa.

Se solo uno ogni milione di spettatori del film basato su The martian deciderà di dedicare la propria vita al progresso della scienza e della tecnologia e allo sviluppo dell'uomo, Andy Weir potrà sorridere soddisfatto per aver contribuito al nostro progresso. Gli altri 999.999 spettatori avranno semplicemente trascorso due ore magnifiche al cinema, il che non è poco.

Otre a ciò, lo sfondo di “Marte: operazione riscatto” rappresenta l'essenza della generosità umana: di fronte alla tragedia e alle difficoltà del prossimo, non importa la complessità della sfida, né la distanza o il costo. Noi esseri umani ci mobilitiamo perché la nostra generosità permetta di soccorrere il bisognoso. E se bisogna andare su un altro pianeta a riscattare chi si è perduto, come se si trattasse di una pecora smarrita, si fa. Fortunatamente non abbiamo bisogno di andare al cinema per conoscere esempi di comportamenti di questo tipo nella vita reale, segno che non bisogna mai perdere la speranza, come accade al protagonista del film che ora viene annunciato ma che arriverà sugli schermi solo dopo l'estate.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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