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Gender: quella strana paura della differenza uomo-donna

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Pontificio Consiglio per i Laici - pubblicato il 19/06/15
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Una scheda sintetica proposta dal Pontificio Consiglio per i Laici

SCHEDE SINTETICHE SUL GENDER SITUAZIONE ATTUALE
 
Definizione della “teoria gender”: l’idea secondo cui l’essere uomo o donna 
non corrisponderebbe a un dato biologico ma ad una costruzione culturale, 
una questione di “scelta”. L’identità sessuata, cioè l’essere uomini o donne, 
viene sostituita dall’identità di genere, cioè dal “sentirsi” tali, a prescindere dal 
dato biologico, con la possibilità di variare il proprio orientamento sessuale in 
base alla “percezione” del momento.
Percezione diffusa nell’opinione pubblica: si confonde facilmente la “teoria 
gender” con l’educazione sessuale o con la rivendicazione alla piena parità 
uomo-donna. 
Si tratta di un “pensiero unico” (Papa Francesco, 11 aprile 2014) e di una
“colonizzazione ideologica” (Papa Francesco, 19 gennaio 2015) che si sta 
imponendo a tutti i livelli, utilizzando vari canali, nel caso italiano:

 
Canale normativo (leggi ambigue che si tenta di far approvare in 
Parlamento):
Esempio: DDL (disegno di Legge) Scalfarotto, approvato alla Camera il 19 
settembre 2013, che introduce il reato di omofobia e transfobia.

Osservazioni:

 Non vi è nessuna definizione della scienza medica che annoveri 
l’omofobia tra le varie “fobie” e non c’è nessuna legge dell’ordinamento 
giuridico italiano che ne definisca la natura di reato; non lo fa neppure il 
DDL Scalfarotto. Da qui i rischio di infinite confusioni, ambiguità e 
manipolazioni.
 
 Rischio di compromettere il diritto alla libertà di opinione: art. 21 della 
Costituzione Italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il 
proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. 
Chiunque esprime, in materia di etica sessuale, un’opinione diversa da 
quella propagandata dalla gender-intellighenzia potrebbe essere tacciato 
di omofobia e punito con la galera.
 
 Rischio di compromettere tutto il sistema giudiziario, che deve essere 
basato su fatti criminali oggettivamente riscontrabili. Qui non ci si basa 
più su ciò che viene oggettivamente fatto o detto da un presunto 
omofobo ma semplicemente sulla “percezione” che ne ha avuto la 
sedicente vittima. Ognuno, in materia di orientamento sessuale, potrebbe 
“sentirsi” offeso da chiunque altro, anche per futili motivi.
Altri esempi sono il DDL Cirinnà che vuole riconosce le unioni civili (ossia il 
matrimonio omosessuale e, di conseguenza, per volontà dell’Unione Europea, a 
quel punto l’Italia sarà costretta ad approvare le adozioni di minori da parte di
coppie omosessuali); il DDL Fedeli che vuole imporre l’insegnamento 
dell’ideologia del gender in tutte le scuole.


Canale giudiziario
(sentenze dei giudici inquinate dal nuovo pensiero 
unico): 
Esempio
: sentenza del tribunale di Messina del 4 novembre 2014; ha affermato 
che l’identità di genere di una persona “può prescindere transitoriamente o
definitivamente dall’intervento chirurgico che modifica i suoi caratteri sessuali 
primari” (ad un ragazzo di Messina è stato riconosciuto il diritto di avere scritto 
“femmina” sulla carta d’identità anche senza sottoporsi ad alcun intervento
chirurgico). Il gender sta penetrando anche attraverso il braccio armato della 
legge!
 
Canale culturale (indottrinamento nelle scuole):
Nella scuola italiana è in atto una vera e propria strategia di “colonizzazione 
ideologica” (Papa Francesco), anche se i genitori non sono minimamente 
coinvolti nelle scelta educative degli insegnanti. 

 
 Numerose iniziative sono state avviate in esecuzione alla Strategia 
nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate 
sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013.2015), 
documento propagandato dall’UNAR (Ufficio Nazionale 
Antidiscriminazione Razziale) – Presidenza del Consiglio dei Ministri, in 
esecuzione della raccomandazione CM/REC (2010) del Comitato dei 
ministri del Consiglio d’Europa. 

 

 La Strategia Nazionale imposta dall’UNAR si pone in palese violazione 
dell’art. 30 della Costituzione Italiana che garantisce e tutela il diritto dei 
genitori a educare i propri figli. Il documento, inoltre, è stato adottato 
omettendo la consultazione di tutte le parti sociali interessate, con 
specifico riguardo ai genitori e ai docenti, violando in tal modo il principio 
ribadito all’interno dello stesso documento (pag.16) e il principio previsto 
nella stessa Raccomandazione europea (Allegato VI, n.31), di cui è 
emanazione.

 
 Della medesima strategia predisposta dall’UNAR facevano parte anche i 
tre opuscoli pubblicati nel gennaio 2014 intitolati “Educare alla diversità 
a scuola”, destinati rispettivamente alle scuole elementari, medie e 
superiori (poi ritirati per le azioni legali intraprese da Giuristi per la Vita). I 
libretti avevano un’evidente natura propagandistica a favore
dell’ideologia gender e omosessualista e nelle premesse si sosteneva 
che, tra i vari criteri per definire l’omofobo, ve ne sono in particolare 
quattro: il grado di religiosità – il credere “ciecamente” ai precetti 
religiosi – sostenere che l’omosessualità è un peccato – sostenere che 
l’unica attività sessuale lecita è quella aperta alla vita.

 
 L’applicazione della Strategia nazionale, però, continua in ogni grado di 
scuola, a partire da quella materna. Vi sono fiabe, filastrocche, 
pubblicazioni, giochi e attività didattiche che circolano in numerose 
scuole materne ed elementari in esecuzione di un altro documento 
programmatico: lo Standard per l’Educazione Sessuale in Europa
predisposto dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, la cui diffusione 
in Italia è partita da fine ottobre 2013. Per averne un’idea: i bambini della
prima fascia di età, da zero a quattro anni, devono essere iniziati alla 
“masturbazione infantile precoce”, alla “scoperta del proprio corpo e dei 
propri genitali”, e ad “acquisire consapevolezza dell’identità di genere” 
(da 0 a 4 anni!). Il tutto è mascherato da progetti educativi finalizzati alla 
“promozione delle differenze” e all’affrancamento dagli “stereotipi”.

 
INTERVENTI RECENTI DEI PAPI SUL GENDER


Papa Benedetto XVI
« … Non è una metafisica superata, se la Chiesa parla della natura dell’essere  
umano come uomo e donna e chiede che quest’ordine della creazione venga 
rispettato. Qui si tratta di fatto della fede nel Creatore e dell’ascolto del
linguaggio della creazione, il cui disprezzo sarebbe un’autodistruzione 
dell’uomo e quindi una distruzione dell’opera stessa di Dio. Ciò che spesso 
viene espresso ed inteso con il termine “gender”, si risolve in definitiva nella 
auto-emancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore. L’uomo vuole farsi da 
solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in 
questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore. ».
(22 dicembre 2008 – Discorso del Santo Padre Benedetto XVI alla Curia 
Romana)

« … la Chiesa ribadisce il suo grande sì alla dignità e bellezza del matrimonio 
come espressione di fedele e feconda alleanza tra uomo e donna, e il no a 
filosofie come quella del gender si motiva per il fatto che la reciprocità tra
maschile e femminile è espressione della bellezza della natura voluta dal 
Creatore.»
(19 gennaio 2013 – Discorso alla plenaria del Pontificio Consiglio "Cor Unum")


Papa Francesco
« … nel 1995, una Ministro dell’Istruzione Pubblica aveva chiesto un prestito 
forte per fare la costruzione di scuole per i poveri. Le hanno dato il prestito a 
condizione che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini di un certo livello. Era

un libro di scuola, un libro preparato bene didatticamente, dove si insegnava la 
teoria del gender. Questa donna aveva bisogno dei soldi del prestito, ma quella 
era la condizione. Furba, ha detto di sì e anche ha fatto fare un altro libro e ha
dato i due (libri) e così è riuscita … Questa è la colonizzazione ideologica: 
entrano in un popolo con un’idea che niente ha da fare col popolo; sì, con 
gruppi del popolo, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che
cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura. »
(19 gennaio 2015 – Conferenza stampa con i giornalisti durante il viaggio di 
ritorno dalle Filippine)

 
«… Poi ci sono le colonizzazioni ideologiche sulle famiglie, modalità e proposte 
che ci sono in Europa e vengono anche da Oltreoceano. Poi quello sbaglio della 
mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione. Così la
famiglia è sotto attacco. » 
(21 marzo 2015 – Visita pastorale a Pompei e a Napoli – Incontro con i giovani 
sul lungomare Caracciolo)

 
« … L’esperienza ce lo insegna: per conoscersi bene e crescere armonicamente 
l’essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna … La cultura 
moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove
profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha 
introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, 
se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una
frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza 
sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo 
indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione».
(15 aprile 2015 – Udienza Generale in Piazza San Pietro di Papa Francesco)

 
« La complementarità tra l’uomo e la donna, vertice della creazione divina, è 
oggi messa in discussione dalla cosiddetta ideologia di genere, in nome di una 
società più libera e più giusta. Le differenze tra uomo e donna non sono per la
contrapposizione o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, 
sempre a “immagine e somiglianza” di Dio. Senza la reciproca dedizione, 
nessuno dei due può comprendere nemmeno se stesso in profondità »
(8 giugno 2015 – Discorso ai Vescovi di Porto Rico in visita "ad Limina 
Apostolorum")

 
« … I nostri ragazzi, ragazzini, che incominciano a sentire queste idee strane, 
queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima e la famiglia: si deve 
agire contro questo. Mi diceva, due settimane fa, una persona, un uomo molto
cattolico, bravo, giovane, che i suoi ragazzini andavano in prima e seconda 
elementare e che la sera, lui e sua moglie tante volte dovevano “ricatechizzare” 
i bambini, i ragazzi, per quello che riportavano da alcuni 
professori della scuola o per quello che dicevano i libri che davano lì. Queste 
colonizzazioni ideologiche, che fanno tanto male e distruggono una società, un 
Paese, una famiglia … Il Signore vi ha scelti per amarvi e trasmettere la vita. 
Queste due cose sono la vocazione dei genitori … Diventare papà e mamma 
significa davvero realizzarsi pienamente, perché è diventare simili a Dio …
L’essere genitori si fonda nella diversità di essere, come ricorda la Bibbia, 
maschio e femmina. Questa è la “prima” e più fondamentale differenza, 
costitutiva dell’essere umano. E’ una ricchezza. Le differenze sono ricchezze.
C’è tanta gente che ha paura delle differenze, ma sono ricchezze. E questa 
differenza è la “prima” e la fondamentale differenza, costitutiva dell’essere 
umano …Questa sfida di portare avanti le differenze, questa sfida li arricchisce,

li matura, li fa grandi e hanno gli occhi brillanti di gioia, di tanti anni vissuti così 
nell’amore. Che grande ricchezza è questa diversità, una diversità che diventa 
complementarietà, ma anche reciprocità. E’ un nodo lì, l’uno all’altro. E questa 
reciprocità e complementarietà nella differenza è tanto importante per i figli. I 
figli maturano vedendo papà e mamma così; maturano la propria identità nel 
confronto con l’amore che hanno papà e mamma, nel confronto con questa 
differenza ». 
(14 giugno 2015 – Discorso del Santo Padre Francesco all’apertura del 
convegno ecclesiale della diocesi di Roma)

 
« Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi 
significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il 
proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter
riconoscere se stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è 
possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio 
Creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto non è sano un atteggiamento
che pretenda di “cancellare la differenza sessuale perché non sa più 
confrontarsi con essa” ».
(Laudati si’ sulla cura della casa comune, n. 155)

 
ANALISI CULTURALE DEL FENOMENO GENDER

 
1. Genesi del fenomeno

 
 Negli anni Cinquanta si è imposta la posizione «costruttivista», ritenendo che 
il femminile non corrispondesse a qualità ontologiche, bensì a logiche 
storico-sociali tanto di subordinazione, quanto di produzione dell’identità 
sessuale e di genere. Questa nuova visione si rifaceva a Simone de Beauvoir 
che, nel Secondo Sesso, affermava: la donna, costretta nel suo ruolo dalla 
società patriarcale, «è stata e continua a essere complice dell’uomo nella
“condizione” di inferiorità in cui l’uomo l’ha collocata, rendendola suo “Altro 
costitutivo”», ossia funzionale al sistema maschilista. Ciò nonostante, la 
donna ha una predisposizione alla libertà radicale e universale, comune a 
ogni essere umano, sicché non potrà esserci una dedizione femminile 
all’altro se non come frutto consapevole di una scelta e di
un’autodeterminazione radicale. Per dirla con le sue ormai celebri parole: 
«Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, 
economico, definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina 
dell’uomo».

 
 All’inizio degli anni ’70 l’eredità di Simone de Beauvoir è stata raccolta dal 
femminismo radicale statunitense — soprattutto di matrice lesbica —, con 
l’intento di emancipare la sessualità dai ruoli in cui la società patriarcale
l’aveva collocata e riscattarla così secondo queste parole di Adrienne Rich, 
sostenitrice della politics location (politica del situarsi): «Siamo le stesse 
nella nostra corporalità femminile, ma il corpo non è pura natura (sex), bensì
specialmente
cultura, cioè punto di intersezione tra il biologico, il sociale, il 
simbolico (gender)».

 
La teoria del gender, quindi, è nata funzionale a tale movimento: se non 
c’è differenza sessuale, se non ci sono diversità fra gli esseri umani e tutti sono 
uguali, non ci sono ragioni per negare alle donne l’emancipazione. In pratica,
invece di chiedere uguali diritti nella diversità si è voluto negare la diversità per 
fondare l’uguaglianza dei diritti. Dopo le donne, sono venuti gli omosessuali, 
che avevano il problema di una identità non valorizzata dalla società da cui
liberarsi. E, attraverso il
gender, ci sono riusciti.

 
La
teoria gender può anche essere considerata come una ennesima 
versione delle utopie egualitarie che da oltre due secoli percorrono il panorama 
ideologico dell’occidente (uguaglianza di classi, di valori, di fedi religiose, di
razze etc.). Tutte queste ideologie non vedono che la differenza, di per sé, non 
si oppone all’eguaglianza, ma all’appiattimento, alla uniformità indistinta e 
all’identità forzata. Ma, negando la differenza sessuale, la teoria del gender,
anche se si presenta solo come un allargamento delle identità sessuali ai fini di 
aumentare le possibilità di scelta individuale, trasforma in modo definitivo la 
cultura occidentale, cambiando completamente i tre nodi fondamentali di 
qualsiasi sistema antropologico: 1) l’idea di natura e di identità naturale; 2) il 
concetto di famiglia; 3) la procreazione. 
2. La teoria gender nel contesto della rivoluzione culturale degli 
ultimi 25 anni
 
Caratteristiche della rivoluzione culturale
La “teoria gender” è solo uno dei tanti elementi che caratterizzano la “nuova 
etica globale” che ha invaso il mondo a partire dagli anni ’90, che, a sua volta, 
è il frutto di una vera e propria “rivoluzione culturale” (che è avvenuta
silenziosamente e non è stata percepita da nessuno). Queste le caratteristiche 
principali:


Un nuovo linguaggio

 
Esempi: globalizzazione umanizzante, cittadinanza globale, sviluppo 
sostenibile, buona governanza (governance), etica mondiale, diversità 
culturale, libertà culturale, dialogo fra civiltà, qualità della vita, educazione 
per tutti, educazione di qualità, educazione fra “pari”, educazione alla pace, 
scelta informata, consenso informato, “gender”, pari opportunità, principio 
di equità, emancipazione (delle donne, dei bambini), empowerment, 
omoparentalità, omofobia, orientamento sessuale, stili di vita, integrità 
corporea, aborto “senza rischi”, accesso ai diritti, diritto alla scelta, diritti 
sessuali e riproduttivi, diritti delle donne, diritti dei bambini, diritti delle 
generazioni future, organizzazioni non-governative (ONG), società civile, 
partenariati, trasparenza, partecipazione della base, democrazia 
partecipativa, reti transnazionali, olismo, costruzione di consenso, 
facilitazione, approccio inclusivo, campagne di sensibilizzazione, 
chiarificazione dei valori, agenti di trasformazione sociale, parlamento dei 
giovani, responsabilità sociale delle imprese, commercio equo, sicurezza 
umana, principio di precauzione, prevenzione…

 
Il nuovo linguaggio globale tende ad escludere esplicitamente termini 
appartenenti alla tradizione giudaico-cristiana, quali: 
verità, identità, morale, coscienza, ragione, cuore, volontà, genitori, sposo, 
marito, moglie, madre, padre, figlio, figlia, verginità, castità, 
complementarietà, servizio, autorità, gerarchia, giustizia, legge, 
comandamento, dogma, fede, carità, speranza, sofferenza, peccato, amico, 
nemico, natura, rappresentanza democratica…


Da semplici concetti a “paradigmi globali” normativi

 
I nuovi concetti si sono trasformati in paradigmi globali che segnano il 
passaggio della civiltà occidentale dalla modernità alla postmodernità, vale a 
dire: 
dallo sviluppo come crescita allo sviluppo sostenibile; dal governo alla 
governanza; dalla democrazia rappresentativa alla democrazia 
partecipativa; dall’autorità all’autonomia e ai diritti dell’individuo; dalle 
gerarchie all’uguaglianza; dagli sposi ai partners; dalla felicità alla qualità 
della vita; dal dato al costruito; dalla famiglia alla famiglia sotto tutte le sue 
forme; dai genitori ai riproduttori; dalla conoscenza alle competenze; dalla
crescita all’equilibrio; dalla vita umana alla vita sotto tutte le sue forme; dai 
bisogni materiali oggettivi e misurabili all’approccio arbitrario dei diritti; 
dalla carità ai diritti; dalla sofferenza con dignità al diritto di morire; 
dall’identità culturale alla diversità culturale; dalla sicurezza internazionale 
alla sicurezza umana; dall’approccio settoriale all’approccio olistico; dal 
voto alla maggioranza al consenso; dal dogma alla libertà di 
interpretazione; dall’internazionale al globale; dai valori universali all’etica 
globale e via di seguito.

 
“Principi dinamici” che influenzano tutti i settori della vita 

 
Le nuove norme hanno già portato a trasformazioni concrete e irreversibili in 
tutti i settori della vita sociale e politica: nuove leggi, radicali cambiamenti di 
mentalità e di stili di vita, codici di comportamento per le istituzioni e per le 
imprese, trasformazione dei contenuti dei manuali e dei curricula scolari, nuove 
norme e metodiche decisionali in politica, nelle cure sanitarie e nei sistemi 
educativi, nuove priorità strategiche per la cooperazione internazionale, un 
approccio radicalmente nuovo allo sviluppo, una trasformazione fondamentale 
dei principi e dei meccanismi della democrazia, un nuovo ethos sociale che va 
imponendosi a noi tutti.

 
Una cultura onnipresente

 
Le nuove norme imbevono la cultura delle organizzazioni internazionali, 
sopranazionali e locali, la cultura dei governi e dei ministeri, la cultura dei 
partiti politici (siano essi di sinistra o di destra) e delle autorità locali, la cultura 
delle imprese, la cultura dei sistemi educativi e sanitari, la cultura dei media, la 
cultura di innumerevoli reti di ONG e di governanza transnazionale. Allo stesso 
modo, il nuovo linguaggio è penetrato anche nelle grandi religioni – e anche un
buon numero di ONG e organizzazioni caritative cristiane non hanno resistito 
alla sua attrazione, senza preoccuparsi sempre delle possibili conseguenze per 
la fede di un tale allineamento.

Nonostante l’apparenza (ingannevole), non è una cultura “neutra”! 
Ovunque nel mondo, società e nazioni vivono ormai in un contesto culturale 
retto da valori quali la “sostenibilità”, il “consenso”, la “libera scelta”, 
l’“uguaglianza dei sessi”, la “diversità”, l’“olismo”, la “partecipazione della 
base” etc. Bene o male, se ne sia o meno coscienti, la cultura mondiale ci
educa tutti. Il contenuto di questa cultura, esteriormente seducente, che tanto 
sembra corrispondere allo spirito del tempo, non è esplicito ed evidente, ma 
non è affatto neutro!

 
L’ambivalenza dei valori permette di promuovere (in modo nascosto) 
programmi radicali 

L’ambivalenza non è, come troppo spesso si tende a credere, sinonimo di 
tolleranza e di scelta. L’ambivalenza costituisce un processo di decostruzione 
della realtà e della verità che porta all’esercizio arbitrario del potere e

all’intolleranza – all’imposizione di programmi da parte di minoranze 
manipolatrici alle maggioranze incoscienti
.
Un sistema unico che pretende di essere accettato integralmente

I nuovi concetti sono interattivi, interdipendenti, inseparabili. Si rinforzano 
mutuamente. Appartengono ad un sistema, ad un tutto nel quale tutto è in 
tutto. Esempio: la “buona governanza”, implica la “costruzione di consenso” e 
la “partecipazione della base” (cioè le ONG), che implicano lo “sviluppo 
sostenibile”, che, a sua volta, passa attraverso “l’uguaglianza dei sessi”, che a 
sua volta implica “l’accesso globale alla salute riproduttiva”, che a sua volta si 
fonda sul “diritto di scelta”, di cui l’aborto “senza rischi” è la condizione 
primaria.

 
Una tirannia non (ancora) giuridica ma culturale

 
Nell’insieme, le nuove norme non sono ancora ufficialmente entrate nel diritto 
internazionale e ancora non vincolano giuridicamente i vari stati. Ma la nuova 
tirannia viene esercitata in altro modo. Non sono solamente né primariamente
gli stati che vi sono “legati”, quanto, prima di tutto, le mentalità e i 
comportamenti all’interno delle culture del mondo intero. 
Tutti hanno aderito alla nuova etica! 
La nuova etica, in pratica, già governa le nazioni del mondo. Tutti gli attori
sociali e politici influenti, ovunque nel mondo, non solamente non hanno 
opposto resistenza, bensì hanno internalizzato e si sono appropriati dei nuovi 
paradigmi. L’allineamento è stato generalizzato. 

Una rivoluzione “silenziosa”


La rivoluzione culturale mondiale è passata largamente inosservata. Non si è 
nemmeno verificato, in nessun paese del mondo, un dibattito democratico 
aperto e continuativo sul contenuto dei nuovi concetti. Nessuna posizione o
resistenza organizzata si è a tutt’oggi manifestata. Tutto si è svolto senza 
rumore, per via consensuale, di facilitazione, attraverso campagne di 
sensibilizzazione e di coscientizzazione. 
I gruppi di pressione che promuovono la nuova cultura aggirando gli stati 
nazionali

 
La rivoluzione si è prodotta al di sopra (all’ONU) e al di sotto (sul piano di ciò 
che viene denominato “movimento della società civile”) del livello nazionale. I 
veri “proprietari” della nuova etica non sono i governi e i cittadini che essi
rappresentano, bensì i gruppi di pressione che perseguono interessi particolari 
che si sono impadroniti silenziosamente del potere normativo mondiale.

 
Un “cancro” che corrompe dall’interno senza cambiare le istituzioni 

Avendo aggirato i principi democratici, la rivoluzione non ha sconvolto le 
strutture esterne delle istituzioni politiche. I radicali cambiamenti di mentalità e 
di comportamento si sono prodotti all’interno delle istituzioni, all’interno delle

famiglie, delle scuole, degli ospedali, delle aziende, dei ministeri, dei governi, 
delle culture, delle organizzazioni religiose – della Chiesa. Ciò spiega come 
ancora il pericolo non sia stato identificato dalla maggioranza delle persone.



Cronistoria della rivoluzione culturale

Come è avvenuta la rivoluzione culturale? La congiuntura storica che si è 
verificata in seguito alla caduta del muro di Berlino ha facilitato la presa del 
potere normativo mondiale da parte delle minoranze attive nel seno delle 
organizzazioni internazionali e, in particolare, dell’Organizzazione delle Nazioni 
Unite, l’ONU. Queste minoranze (tutte persone imbevute di una mentalità 
relativista, nichilista, post-sessantottina), una volta assunti ruoli direttivi 
nell’ONU, hanno poi imposto a tutti la loro visione del mondo dando avvio a una 
rivoluzione culturale globale. Questi i passaggi principali:

 
 1989: fine della guerra fredda e nuove aspirazioni dell’umanità 
(riconciliazione tra i popoli, partecipazione della base nelle decisioni, 
integrazione cosciente delle questioni umane e ambientali nelle politiche, 
sussidiarietà, giustizia, dialogo autentico fra le culture e le religioni, 
reciproco rispetto)

 
 Anni ’90: la globalizzazione si diffonde a livello planetario

 L’ONU si propone (e si impone) come “autorità morale universale”

 L’ONU si fa portavoce di una nuova etica globale che renda “etica e 
umana” la globalizzazione.

 
 L’ONU crea un consenso mondiale attorno alla sua “nuova etica” con 
conferenze mondiali (1990-1996): educazione (Jomtien, 1990); infanzia 
(New York, 1990); ambiente (Rio, 1992); diritti umani (Vienna, 1993); 
popolazione (Il Cairo, 1994); sviluppo sociale (Copenhagen, 1995); donne 
(Pechino, 1995); habitat (Istanbul, 1996); sicurezza alimentare (Roma, 
1996).

 
 Dal 1996 ad oggi: l’ONU applica i principi elaborati nelle 9 conferenze, 
emanando documenti programmatici e assicurando finanziamenti a chi li 
applica.

 
Alcune “
storture” della rivoluzione culturale

 
 “Consenso mondiale” o imposizione di una élite ideologica di “esperti”?

 1989. Fine delle utopie politiche: solo le “questioni pragmatiche neutre” 
contano! (Degrado ambientale, disuguaglianza fra i sessi, crescita 
demografica, violazione dei diritti umani, crescita della povertà,
mancanza di accesso alle cure etc.).

 
 La scienza e la tecnica, che pretendono di poter risolvere tutte le 
“questioni pragmatiche”, sono davvero “neutre”?

 
 Chi orienta, influenza e dirige le agenzie dell’ONU?

 La collaborazione fra attori governativi e non governativi (principio di 
partenariato) favorisce veramente la democrazia?

 
 I nuovi standards politici sono dettati dai governi legittimi o da gruppi di 
interesse?

 
 I cittadini del mondo sono coinvolti nel “consenso globale” o lo subiscono 
come una dittatura?

 
Radici culturali: post-modernità e radicalismo


La post-modernità

La rivoluzione culturale ha trovato il suo equilibrio nella postmodernità. La 
postmodernità primariamente destabilizza o decostruisce la modernità – vale a 
dire la sintesi culturale che ha prevalso in Occidente a partire dai trattati di
Vestfalia (1648). La postmodernità, da un certo punto di vista, presenta un 
carattere provvidenziale in quanto ha contestato gli abusi della modernità quali 
il razionalismo, l’istituzionalismo, il formalismo, l’autoritarismo, il marxismo e il
pessimismo liberale. Tuttavia, nei suoi aspetti radicali, essa spinge ancora più 
lontano della modernità l’apostasia occidentale.

 
Una “nuova teologia” alla base della “nuova etica”

La trascendenza di Dio è stata relegata “all’altra riva”, consegnando 
l’immanenza all’uomo: Dio non ha niente a che fare con la vita dell’uomo, con 
la realtà concreta, l’“immanente”, se mai qualcuno vuole ancora parlare di Dio, 
può farlo ma solo in un ambito privato e “spirituale”, “ultraterreno”, che non 
incide sulla realtà concreta dell’esistenza.

Dal XVIII sec. in poi è stata progressivamente decostruita l’identità più profonda 
della persona in varie tappe: 1) Deismo=fine del Padre celeste; 2) Freud=morte 
del padre; 3) femminismo= morte della madre; 4) rivoluzione sessuale=morte 
dello sposo/sposa (al suo posto i “partner”, multipli e temporanei). Il deserto 
sociale creato dalla scomparsa di padre, madre, sposo, figlio, figlia, (cioè della 
famiglia), è stato colmato, a partire dagli anni ’60, dagli “ingegneri sociali” 
(soprattutto francesi e americani) che hanno avviato un progetto di 
ricostruzione della società su base secolarista (la “civilizzazione non 
repressiva” di Marcuse) nel quale uno degli imperativi è che tutte le “scelte”
siano trattate ugualmente (aborto, eutanasia, gender, etc.)

 
Primo postulato della post-modernità: la realtà non ha un contenuto oggettivo, 
tutto è costruzione sociale e interpretabile in vario modo 
Una verità e una realtà, di fatto, in sé, non esistono. Se dunque il “dato” non 
esiste, allora le norme e le strutture sociali, politiche, giuridiche, spirituali 
possono venire decostruite e ricostruite a piacere, secondo le trasformazioni 
socioculturali del momento e la scelta dell’individuo (esito estremo del 
decostruzionismo di Jacques Derrida). L’etica globale postmoderna celebra le 
differenze, la diversità delle scelte, la diversità culturale, la libertà culturale, la 
diversità sessuale (differenti orientamenti sessuali). Questa “celebrazione” è in 
realtà quella della “liberazione” dell’uomo e della donna rispetto alle condizioni 
esistenziali nelle quali Dio li ha situati: è la distruzione della comprensione 
razionale e teologale dell’uomo e dell’universo.

 
Secondo postulato della post-modernità: la liberazione da qualsiasi quadro 
normativo

 
L’individuo, per poter esercitare il suo diritto di scelta, deve potersi “liberare” di 
qualsiasi sistema di norme – sia esso semantico (definizioni chiare), ontologico 
(l’essere, il dato), politico (la sovranità dello stato, l’autorità morale del
governo), morale (le norme trascendenti), sociale (i tabù, i divieti), culturale (le 
tradizioni) o religioso (l’insegnamento delle religioni, la dottrina della Chiesa).

 
Tale pretesa “liberazione” diventa un imperativo della nuova etica postmoderna.


Differenze fra la “nuova etica” e la Dichiarazione Universale dei Diritti 
dell’Uomo

 
Quando, nel 1948, è stata adottata la Dichiarazione Universale dei Diritti 
dell’Uomo, la cultura occidentale ancora riconosceva l’esistenza di un ordine 
“dato” all’universo. I diritti umani dovevano allora essere semplicemente 
riconosciuti, dichiarati, non fabbricati ex nihilo, in quanto inerenti alla natura 
umana. L’universalità dei diritti possedeva una dimensione trascendente e, di 
conseguenza, delle implicazioni morali. La nuova etica globale non ammette
invece nessuna “legge naturale”, nessun riferimento trascendente, nessun 
“ordine” che precede le scelte arbitrarie dell’uomo (cosa che tutti i padri della 
Dichiarazione del ‘48 davano per scontata).

 
L’unico “principio universale” rimasto è il “diritto di scelta”.

La postmodernità rivendica il diritto di esercitare la propria libertà individuale 
contro la legge naturale, contro le tradizioni e contro la rivelazione divina. Essa 
rifonda lo stato detto “di diritto” e la democrazia sul diritto di scelta, nel quale
include il diritto di compiere scelte anche intrinsecamente cattive: aborto, 
omosessualità, “libero amore”, eutanasia, suicidio assistito, rifiuto di ogni forma 
di autorità o di legittima gerarchia, “tolleranza” obbligatoria di tutte le opinioni,

spirito di disubbidienza che si esprime in forme tanto numerose quanto varie.

 
Principio metodologico adottato:
evitare ogni definizione chiara per permettere 
ai paradigmi post-moderni di adattarsi ad ogni “scelta” individuale. 
Gli esperti che hanno forgiato i concetti tipici del nuovo linguaggio hanno 
esplicitamente rifiutato di definirli chiaramente, adducendo l’argomento che 
definirli significherebbe limitare la possibilità di scegliere l’interpretazione che 
si vuole loro attribuire e ciò verrebbe a contraddire la regola del diritto di 
scelta. Di conseguenza, i paradigmi postmoderni non si collegano ad un 
significato stabile e univoco: essi costituiscono, per così dire, degli spazi di 
interpretazione, dei processi di perpetuo cambiamento, che si espandono 
indefinitamente nella misura che i valori della società vanno trasformandosi ed 
emergono nuove possibilità di scelta, che a loro volta ampliano e modificano
l’interpretazione dei nuovi paradigmi. Gli ingegneri sociali li definiscono 
olistici” in quanto sarebbero inclusivi di “tutte” le scelte possibili.

 
Decostruzione antropologica della persona umana.

Secondo l’etica postmoderna l’individuo è il “libero” creatore del suo destino e 
di un nuovo ordine sociale. Egli può scegliere di essere omosessuale oggi e
bisessuale domani (orientamento sessuale). I bambini possono scegliere la
propria opinione, indipendentemente dai valori che ricevono dai loro genitori
(diritti dei bambini). Gli allievi e gli studenti scelgono il loro proprio curriculum a 
scuola e all’università, si educano l’un l’altro (educazione fra pari), e gli
insegnanti e i professori diventano dei semplici “facilitatori”. Il contenuto 
dell’educazione non comporta più delle conoscenze stabili e oggettive, ma 
diviene un mezzo per acquisire “competenze per vivere bene”, delle tecniche
per rivendicare i propri diritti, proteggersi dalle malattie e godere del maggior 
grado di benessere. I gruppi di donne “chiarificano” la dottrina della Chiesa e la 
democratizzano (chiarificazione dei valori, democrazia partecipativa). La lobby
dell’eutanasia si fa accanito difensore della “dignità umana”. Siamo tutti 
cittadini eguali che godono di eguali diritti, legati gli uni agli altri da relazioni 
contrattuali prive di amore. Ciò che l’etica globale innanzitutto decostruisce è 
la struttura antropologica della persona umana.

 
La nuova gerarchia di valori dell’etica post-moderna

L’etica globale pone il piacere al di sopra dell’amore, la salute e il benessere al 
di sopra della sacralità della vita, la partecipazione alla buona governanza dei 
gruppi radicali al di sopra della rappresentanza democratica, i diritti delle
donne al di sopra della maternità, l’autonomia dell’individuo egoista al di sopra 
di ogni forma di autorità legittima, l’etica al di sopra della morale, il diritto di 
scelta al di sopra della legge eterna inscritta nel cuore dell’uomo, la 
democrazia e l’umanesimo al di sopra della rivelazione divina – in sostanza, 
l’immanenza al di sopra della trascendenza, l’uomo al di sopra di Dio, il 
“mondo” al di sopra del “cielo”.

 
Un nemico “invisibile”

In passato, ciò che l’Occidente chiamava « nemico » (come, per esempio, il 
marxismo-leninismo, le dittature sanguinarie) era chiaramente identificabile. 
Nella civiltà postmoderna, il nemico è inafferrabile, nascosto, interno alle
istituzioni, “amichevole”, diffuso, incoerente, decentralizzato, silenzioso, 
invisibile, globale. Le sue strategie sono dolci e sottili, operanti dalla base, 
culturali, informali. Il loro risultato finale è la decostruzione dell’uomo e della 
natura e la diffusione culturale dell’apostasia nel mondo, in particolare nei 
paesi in via di sviluppo.

 
Una cultura da evangelizzare

Tuttavia, come i sistemi ideologici precedenti, anche l’etica globale finirà per 
autodistruggersi. Minata da contraddizioni interne, non è duratura e crollerà. La 
civiltà mondiale emergente non necessariamente, però, sarà in grado di
ritornare da sé al buon senso ai valori tradizionali: la nuova cultura deve essere 
evangelizzata. La nuova civiltà mondiale è chiamata ad esser quella 
dell’amore. La nuova cultura globale postmoderna è la cultura che la Chiesa è 
chiamata a evangelizzare.

 
ALCUNE STRATEGIE ADOTTATE DAGLI IDEOLOGI DEL GENDER


1. Presentare progetti con finalità unanimemente condivise per veicolare il 
gender

 
Il gender è associato, per esempio, ai programmi di lotta contro lo stupro o la 
mutilazione, o a quelli che mirano a garantire alle donne maggiore accesso alla 
terra, all’educazione, alle cure mediche, all’eredità, allo sviluppo
socioeconomico. Ma l’analisi dimostra che il gender è un processo 
rivoluzionario centripeto: il nucleo duro attira verso di sé i componenti dei 
diversi cerchi, li lega alla sua ideologia in proporzione alla loro distanza dal 
centro e assicura l’unità ideologica dell’insieme. I progetti esteriormente più 
accettabili finiscono per essere essi stessi contaminati all’antropologia laicista, 
individualista ed edonista del centro.



2. Usare categorie sociali fragili come “scudi umani”

 
Consiste nel mettere davanti al reale obiettivo da raggiungere – l’omosessualità 
e la cosiddetta “identità di genere” (il sesso a cui appartenere lo scegli tu) – la 
vittima del bullismo, la donna, l’handicappato, la ragazza madre, il migrante, il
disoccupato, il bambino nato dalla provetta e quello che cresce con un solo 
genitore perché papà e mamma sono divorziati, l’anziano, la persona di colore, 
il diversamente religioso etc.: in tal modo i media, la gente comune, le
istituzioni, la chiesa non potranno sparare contro l’omosessualità e la
teoria del 
genere appunto perché protetta da altri soggetti “fragili”. Se provi dunque ad 
attaccare questi due soggetti per forza di cose colpirai gli altri.

 
3. Far presentare proposte di legge da singoli parlamentari (di basso profilo) per maschere tutto un “programma” che c’è dietro (appoggiato 
da un gruppo più ampio)

 
Le più grandi battaglie per imporre questa ideologia avvengono nei più influenti 
luoghi decisionali del nostro pianeta, come le istituzioni politiche, primi 
ambienti dove l’ideologia viene proposta per essere divulgata tramite 
l’emanazione di nuove leggi. La strategia consiste nel mandare avanti un 
esponente politico poco conosciuto, per attribuirgli la quasi totale 
responsabilità della proposta di legge ideologica. Le varie proposte vengono 
emanate da singoli esponenti del Parlamento Europeo, facendo risultare 
all’opinione pubblica che si tratta di una iniziativa o della volontà di un singolo,
quando in realtà è una legge che trova l’approvazione di tutti i componenti di 
quel partito politico che appoggiano quella mozione.

 
4. Creare una nuova mentalità partendo dai bambini (più influenzabili degli 
adulti)

 
Chi manovra i fili della diffusione del gender sa benissimo che è molto difficile 
trapiantare la cultura dei gender in un uomo e una donna adulta che hanno alle 
spalle una lunga esperienza di identità sessuale coerente con il proprio genere
umano. Per questa ragione, questi "registi" puntano a cambiare le nuove
generazioni a partire dai bambini. E per farlo hanno pensato di ricorrere anche 
alla carta stampata. Le immagini e i concetti contenuti in molti libri scolastici 
sono davvero inequivocabili: bambini circondati da due uomini o due donne, 
bambini vestiti da bambine e bambini travestite da maschietti e via dicendo. Il 
pericolo di questi testi è di far passare concetti disordinati come un qualcosa di 
normale. Stravolgere l’ordine della natura, attraverso le immagini e le parole è 
l’ultima frontiera dell’imperialismo di un certo modo di concepire l’origine e il 
fine vita.

 
GRANDE SFIDA EDUCATIVA

Dall’udienza generale di Papa Francesco in Piazza San Pietro del 20 maggio 
2015:
« … ci soffermeremo a riflettere su una caratteristica essenziale della famiglia, 
ossia la sua naturale vocazione a educare i figli perché crescano nella 
responsabilità di sé e degli altri … Ma, soprattutto, la domanda: come educare?
… Intellettuali “critici” di ogni genere hanno zittito i genitori in mille modi, per 
difendere le giovani generazioni dai danni – veri o presunti – dell’educazione 
familiare … si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, 
il patto educativo oggi si è rotto; e così, l’alleanza educativa della società con la 
famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca … si sono 
moltiplicati i cosiddetti “esperti”, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche 
negli aspetti più intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo 
sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, 
tecniche. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi … Tendono
ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e 
personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi 
corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. E questo è 
gravissimo! … Pertanto i genitori non devono autoescludersi dall’educazione 
dei figli … La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà … Se l’educazione 
familiare ritrova la fierezza del suo protagonismo, molte cose cambieranno in 
meglio, per i genitori incerti e per i figli delusi. E’ ora che i padri e le madri 
ritornino dal loro esilio – perché si sono autoesiliati dall’educazione dei figli -, e 
riassumano pienamente il loro ruolo educativo».

 
PER L’APPROFONDIMENTO

CONSEIL PONTIFICAL POUR LA FAMILLE, Gender, La controverse. Pierre Téqui
éditeur, 2005.

ANGELA APARISI MIRALLES (ed.), Persona y Género, Universidad de Navarra.
Instituto de Ciencias para la Familla, Thomson Reuters 2011.

BLANCA CASTILLA Y CORTÀZAR, Persona y Género. Ser varon y ser mujer,
Ediciones Internacionales Universitarias, Eiunsa S.A. 1997.

DALE O’LEARY, "The Gender-Agenda". Redefining Equality, Vital Issues Press
1997 (trad. sp. La agenda de género. Redefiniendo la igualdad, Promesa 2007).

DALE O’LEARY, One Man, One Woman: A Catholics Guide to Defending
Marriage, Sophia Institute Press 2007.

LIVIO MELINA e SERGIO BELARDINELLI (cur.), Amare nella differenza. Le forme 
della sessualità e il pensiero cattolico: studio interdisciplinare, Libreria Editrice 
Vaticana e Cantagalli 2012.

GABRIELE KUBY, Gender revolution : il relativismo in azione, Cantagalli, Siena 
2008.

 
GABRIELE KUBY, Die globale sexuelle Revolution – Zerstörung der Freiheit im 
Namen der Freiheit, Fe-Medienverlag, Kißlegg 2012; (trad. ingl. The Global 
Sexual Revolution: The Destruction of Freedom in the Name of Freedom,
Kisslegg 2012). 

 
ÉLIZABETH MONTFORT, Le genre démasqué. Homme ou femme? Le choix 
impossible…, Édition Peuple Libre 2011.

MARGUERITE A. PEETERS, La nuova etica Globale: sfide per la Chiesa, Institute 
for Intercultural Dialogue Dynamics, Bruxelles, Belgio, 2006, pubblicato on-line 
su www.forumfamiglieumbria.org del 21/12/2014.

MARGUERITE A. PEETERS, Il Gender. Una questione politica e culturale, Ed. San 
Paolo 2014 (orig. franc. Le gender: une norme politique et culturelle mondiale. 
Outil de discernement, 2012).

 
MARGUERITE A. PEETERS, The Citizen and the Person. Rebellion and 
reconciliation, Institute for Intercultural Dialogue Dynamics, Bruxelles, Belgio, 
2014.

 
PIERSANDRO VANZAN S.J., «Gender» e rapporto uomo-donna: femminismo o 
«reciprocità asimmetrica»? in Civiltà Cattolica, 2009, Vol. 1, pp. 550-562. 
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QUI L’ORIGINALE