Partecipare alla vita pubblica esige dal cattolico un alto tasso di eroismo e radicalitàdi Padre Sebastián Correa Ehlers
“Siamo pieni di corrotti”, “Non si può più avere fiducia di nessuno”, “Tutti rubano”. Pur essendo il Paese latinoamericano con il più basso indice di corruzione, il pessimismo e la sfiducia sono ormai generalizzati in Cile per via degli ultimi scandali che hanno riempito le pagine dei giornali e le cronache televisive.
Sembra non esistere settore della società in cui la corruzione non possa arrivare: politica, economia, imprese, settore immobiliare, calcio, Chiesa. È comprensibile l'indignazione di milioni di cileni, ed è anche comprensibile la delusione di molti cattolici vedendo i fratelli nella fede partecipi di questi casi che suscitano indignazione. Papa Francesco ha parlato con coraggio e umiltà della corruzione, riconoscendo apertamente che anche nella Chiesa esistono sicuramente manifestazioni di questa realtà nefasta.
Cosa possiamo fare come cattolici di fronte a questa situazione? Come essere un apporto per la società, visto che spesso quelli che hanno generato la corruzione sono cattolici? Nello specifico, i cattolici che sono in politica e occupano posti di spicco nella società. Come mantenersi onesti senza perdere i propri ideali o l'integrità delle proprie libere scelte che hanno portato a servire i fratelli?
Il problema non è nuovo nella vita del popolo di Dio. Negli Atti degli Apostoli si riferisce il caso di Anania e Saffira, coppia della prima comunità cristiana, che ha molto a che vedere con questi casi recenti. Si dice che Barnaba aveva venduto una proprietà e generosamente aveva dato tutto il denaro per il sostentamento dei cristiani.
Dopo questo fatto, probabilmente ammirando il gesto di quell'uomo generoso, Anania e Saffira decisero di vendere una proprietà per donare anche loro il denaro alla comunità, ma a differenza di Barnaba mentirono sul prezzo di vendita. Dopo aver tenuto una parte del ricavato per sé, dissero che lo stavano donando tutto alla comunità.
San Pietro scoprì la menzogna e decise di affrontare la coppia. In primo luogo insistette sul fatto che nessuno è obbligato a regalare i propri beni alla comunità, ma se avevano deciso di farlo liberamente perché mentire ai propri fratelli? E, cosa ancor più grave, perché mentire a Dio tenendo qualcosa per sé?
L'epilogo della storia è noto ed è stato tristemente tragico per gli sposi. Nessuno obbliga qualcuno a partecipare alla vita pubblica per il bene comune. Nessuno obbliga un politico ad essere tale, o un impiegato pubblico ad esserlo, ma se scelgono questo stile di vita per una vocazione particolare di servizio, non dovrebbero mantenersi fedeli fino alla morte? San Tommaso Moro è stato un chiaro esempio di ciò. Si è mantenuto saldo non solo per il bene dei suoi valori e del popolo, ma anche per il valore della Verità. E quella coerenza gli è costata la vita.
Partecipare alla vita pubblica richiede al cattolico un alto tasso di eroismo e radicalità. Se non è disposto a questo, è meglio non entrare in quel mondo. È maggiore il danno che si fa volendo aiutare la società ma soccombendo nel cammino che quello che si fa astenendosi da uno stile e da un modo di vita del quale non siamo capaci o che non siamo chiamati a incarnare.
Se si ha quella chiamata particolare e si è disposti a vivere il sacrificio necessario, bisogna prepararsi a livello spirituale, intellettuale e tecnico per diventare un autentico agente di trasformazione. Senza paure, senza tentennamenti e senza mezze misure, ma con l'umiltà di chi sa di essere sempre un fragile e limitato servo del più grande dei Servi.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]