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Qual è la chiave della liturgia perché sia “utile”?

El silencio reverente es una de las formas de participación en la Eucaristía. – it

© Gustavo Kralj / Gaudium Press

Gaudium Press - pubblicato il 16/06/15

L'azione silenziosa del cuore

Un articolo apparso su “L'Osservatore Romano” e scritto dal prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il cardinale Robert Sarah, sulla dichiarazione Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II costituisce una bella sintesi del valore e della dignità della liturgia cattolica.

“Il concilio vuole farci contemplare ciò che è nella sua essenza”, ha affermato il cardinale. “La pratica della Chiesa deriva sempre da quello che riceve e contempla nella rivelazione”.

Il testo del Concilio, studiato dal cardinale nel suo articolo “Silenziosa azione del cuore”, ricorda che esiste “una continuità tra la missione di Cristo Redentore e la missione liturgica della Chiesa”. I sacramenti sono i canali disposti da Cristo perché gli apostoli portassero avanti la sua missione, e per questo “attuare la liturgia non è dunque altro che attuare l’opera di Cristo”. “La liturgia è nella sua essenza 'actio Christi': l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio”.

La missione della Chiesa è entrare in questa azione diretta di Cristo e riconoscerlo come “il grande sacerdote, il vero soggetto, il vero attore della liturgia”, ha aggiunto il porporato. “Se questo principio vitale non viene accolto nella fede, si rischia di fare della liturgia un’opera umana, un’autocelebrazione della comunità”.

La comunità non è quella che fa la liturgia, né la partecipazione attiva deve essere interpretata come una “necessità di fare qualcosa”. Si tratta invece di “lasciare che Cristo ci prenda e ci associ al suo sacrificio”.

Per il cardinale è importante ricordare che nella celebrazione dell'Eucaristia di fronte al popolo il sacerdote agisce in persona Christi Capitis e cerca di favorire che i fedeli siano motivati a un incontro faccia a faccia con Dio che “per mezzo della grazia dello Spirito Santo diverrà un cuore a cuore”.

Essendo il centro della celebrazione Dio stesso, il prefetto ha indicato che la liturgia verso Oriente (nella quale il sacerdote dà le spalle ai fedeli) è coerente con il significato di ciò che cerca la liturgia e ha suggerito che “questo modo di fare potrebbe opportunamente essere messo in atto nelle cattedrali dove la vita liturgica deve essere esemplare”.

Silenzio e ammirazione
Il porporato ha anche rivolto un appello alla necessità di mantenere l'ambiente di raccoglimento e preghiera durante la liturgia, osservando che l'influenza della cultura occidentale, condizionata dalla tecnica e dai mezzi di comunicazione, ha cercato di trasferire alla liturgia obiettivi esterni, come la pedagogia e la convivenza, che a volte permettono l'introduzione di “elementi profani e spettacolari”, evidenziati in gesti come gli applausi. “Si crede così di favorire la partecipazione dei fedeli mentre di fatto si riduce la liturgia a un gioco umano”.

Come elemento essenziale dell'ambiente proprio della celebrazione liturgica, il cardinale Sarah ha sottolineato il silenzio.

“La liturgia ci pone realmente alla presenza della trascendenza divina. Partecipazione vera significa rinnovare in noi quello 'stupore' che san Giovanni Paolo II teneva in grande considerazione”, ha indicato.

“Questo stupore sacro, questo timore gioioso, richiede il nostro silenzio di fronte alla maestà divina”. Il silenzio, ha ricordato, è una delle forme di partecipazione descritte dal Concilio.

Il cardinale ha quindi rimarcato l'unità e la continuità tra i modi di celebrare l'Eucaristia e ha chiesto che questo stesso spirito di unione si manifesti tra i fedeli, di modo che la liturgia non sia in nessun caso un “luogo delle rivalità e delle critiche”, ma una partecipazione alla liturgia della Gerusalemme celeste.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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