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Che fare se il parroco è difficile? 7 consigli

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Padre Henry Vargas Holguín - Aleteia - pubblicato il 16/06/15

Aiuta ricordare che i sacerdoti sono persone con tutte le loro mancanze umane

Vorrei chiederle un consiglio: guido un gruppo di giovani della mia parrocchia, ho formato un gruppo di chierichetti, un gruppo di preghiera e un coro. Purtroppo il nostro sacerdote è molto tradizionalista, non gli piacciono le chitarre e abbiamo avuto dei problemi con lui. Vuole sempre fare ciò che dice lui e non è giusto perché la Chiesa siamo tutti. Sto con il gruppo da tre anni e mezzo ma sento che si disgrega a poco a poco. Cosa posso fare?

“Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5, 1)

Ricordiamo innanzitutto che il sacerdote è un uomo. Un uomo che soffre, che sente, che sbaglia e piange. Senza idealizzare la figura sacerdotale, i fedeli ricordino che tra le debolezze umane noi sacerdoti siamo impegnati in una missione difficile, spendendoci al servizio di Dio e del suo Popolo. Non siamo perfetti, ma qualcuno lo è?

Può essere facile esigere dal sacerdote che sia santo… A volte i laici sono tanto esigenti con i loro sacerdoti quanto sono condiscendenti con le proprie debolezze.

Un fedele, invece di essere un “megafono” di difetti e miserie altrui, deve chiedersi cosa fa perché il suo sacerdote viva il proprio sacerdozio con gioia. Prega per il suo sacerdote? Si interessa al suo benessere? Lo accompagna con comprensione, di fronte al suo esaurimento, al suo scoraggiamento o alla sua malattia?

Bisogna pregare molto per il parroco. È una persona come tutti e ha bisogno dell'accompagnamento a cominciare dalla preghiera. I fedeli, quando trattano con i sacerdoti, ricordino che sono persone come chiunque altro con tutti i loro difetti umani; l'unica differenza tra un fedele e un sacerdote sono le mani consacrate di quest'ultimo. Il fedele che soffre per l'atteggiamento del suo parroco deve offrire la sua sofferenza per gloria di Dio e conversione di tutti.

Fatta questa introduzione e passando ora concretamente all'inquietudine del lettore, vedo che l'unica obiezione del parroco è all'utilizzo della chitarra. Il problema è solo questo? Il parroco accetta il gruppo di chierichetti, accetta il gruppo di preghiera e accetta il coro ma senza chitarre, quindi si può organizzare il coro senza questo strumento. Ad esempio, se nessuno sa suonare altri strumenti si può organizzare una corale.

Indipendentemente da com'è il parroco o da quello che permette o meno di fare, ecco qualche considerazione:

1. Ricordare che un aiuto è solo questo, un aiuto o una collaborazione; non si può pretendere di fare più di quello che fa il parroco, che si potrebbe sentire soppiantato e potrebbe voler far vedere che il parroco è lui. Per fortuna o purtroppo tutti noi sacerdoti non smettiamo di essere esseri umani.

2. Non entrare in conflitto con il responsabile della parrocchia. Finché è il parroco bisogna accettare le sue direttrici, anche se ci sembrano sbagliate. È lui ad avere l'ultima parola e a dover rispondere della parrocchia davanti a Dio e alla Chiesa. In questo caso, credo che non ci sia bisogno di ricorrere a un'istanza superiore perché cambi, perché la cosa non è grave; farlo provocherebbe dispiaceri che danneggerebbero la vita della parrocchia e le relazioni fraterne.

3. Promuovere l'amicizia e il dialogo con il parroco perché sappia ascoltare e comprendere, perché a volte capita che ci trinceriamo nel nostro punto di vista.

4. Fare in modo umile e gioioso il poco o tanto che il parroco accetta e/o richiede; ricordare che è un servizio a Dio e alla Chiesa e non alla persona del sacerdote.

Vale più fare poco e con un sorriso in un bell'ambiente che molto con tensione e facce scure. Ricordare che si lavora per Dio e che a Lui non piace che si facciano le cose scontenti. Si richiedono umiltà, docilità e rispetto nei confronti del sacerdote, ricordando che questo è l'atteggiamento da tenere nei confronti di qualsiasi persona più anziana o con una dignità o un incarico più elevati.

5. Ricordare che chi obbedisce non sbaglia mai. La persona, se fa esattamente ciò che le viene richiesto, non dovrebbe sbagliarsi, e se qualcosa esce male chi sbaglia è chi comanda, non chi obbedisce (è ovvio che una persona è obbligata a obbedire sempre che l'ordine non vada contro la sua coscienza o contro la volontà di Dio).

L'obbedienza in genere si concretizza a partire da obblighi o divieti che implicano la realizzazione o l'omissione di certe azioni. Il concetto contempla la subordinazione della volontà individuale a una figura di autorità, in questo caso il parroco. L'obbedienza implica umiltà, riporre fiducia in qualcuno che ci ha preceduti in un cammino. Chiaramente non si tratta di un'obbedienza cieca, ma di un'obbedienza basata sull'amore di Dio.

6. Si potrebbe anche contemplare la possibilità che il servizio offerto dalla persona si possa dividere in due parrocchie: una parte quello che il parroco permette di fare, un'altra parte in un'altra parrocchia.

7. Si potrebbe offrire anche il proprio servizio in una parrocchia diversa, iniziando da quella più vicina. Se la persona non si sente a suo agio, si offra a un'altra parrocchia che potrebbe aver bisogno di lei. Non ha senso svolgere un servizio o una funzione se non ci si sente accettati o valorizzati. Ricordate che è bello e molto gratificante lavorare per Cristo e servirlo nei fratelli.

Vorrei infine congratularmi per la leadership giovanile, le belle iniziative e la fede che si vuole rendere realtà concreta. Dio e la Chiesa hanno bisogno che tutti si rimbocchino le maniche nel progetto divino dell'impianto del suo Regno tra noi. È importante non scoraggiarsi, perché un fedele di questo tipo, disponibile e generoso, sarà sempre necessario.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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