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L’ingiustizia quotidiana per i cattolici in Pakistan

Pakistani Christians

© A MAJEED / AFP

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 12/06/15

Non solo Asia Bibi, ma anche persone come Aftab Bahadi, accusato ingiustamente e giustiziato perché cristiano

Fatica a camminare, vomita sangue ed è sempre più debole. Asia Bibi, la donna cristiana ormai in carcere da 5 anni, da quando fu arrestata nel giugno del 2010, e condannata a morte per blasfemia, è allo stremo. I suoi familiari temono per la sua vita. A renderlo noto in è il settimanale Tempi, che racconta la preoccupazione della famiglia, già straziata dalla ingiusta prigionia della madre. Preoccupazione che è cresciuta quando – dopo oltre un mese in cui non era stata concessa alcuna visita – hanno scoperto che Asia Bibi è affetta da una infezione intestinale e che «nel vomito sono apparse tracce di sangue». La notizia è stata confermata da Sardar Mushtaq Gill, avvocato dei diritti umani dei cristiani pakistani: «Ho avuto notizia dai miei colleghi delle gravi condizioni di salute di Asia Bibi e del fatto che vomita sangue».

“Non si conoscono le cause precise dell’emorragia, ma il fatto che la donna sia stata messa in isolamento, dopo che qualcuno ha cercato di avvelenarla, fa capire come mai la vita di Asia sia a rischio. Wilson Chiwdhry, presidente della British pakistani christian association, ha spiegato che «Asia Bibi sta andando incontro a un declino rapido della salute; per questo chiediamo a tutti cristiani di ricordarla regolarmente nelle loro preghiere». La donna «crede che Dio la libererà dalla prigionia», ha continuato Chiwdhry.

Ad oggi pare «impossibile fissare la data del prossimo dibattito della Corte Suprema sul caso». Si parla addirittura di 3 anni d’attesa. E molti sono convinti che «la posticipazione del dibattito sia voluta dalle autorità pakistane nel tentativo di sovvertire la giustizia attraverso il suo decesso prematuro». Per questo Chowdhy ha chiarito: «Se ad Asia Bibi sarà impedita la possibilità difendersi, tutto ciò sarà visto come una grande parodia della giustizia. Una vergogna per la reputazione di una nazione apparentemente democratica come il Pakistan»”

La donna è ormai impossibilitata a reggersi in piedi da sola ed è dunque davvero allo stremo. Purtroppo non è la sola, e il Pakistan si rivela essere un inferno in terra per i cristiani, sempre più minacciati e incarcerati ingiustamente. E’ il caso di Aftab Bahadur Masih, impiccato il 10 giugno per un reato che non aveva commesso. L’uomo aveva 15 anni quando è stato condannato a morte per l’omicidio di tre persone. Asia News racconta la sua vicenda e ha tradotto l’ultima lettera da lui scritta:

Aftab è stato condannato a morte il 5 settembre 1992 per l’omicidio di Sabiha Bari e dei suoi due figli. Il giorno seguente Ghulam Mustafa, idraulico con cui lavorava come apprendista, viene arrestato per complicità e torturato dalla polizia per implicare Aftab nell’omicidio. Solo di recente l’idraulico ha ammesso che Aftab Bahadur non aveva nulla a che fare con il crimine, e che era stato solo un testimone oculare. L’uomo ha anche rilasciato una testimonianza ufficiale davanti a un leader religioso, dichiarando di aver mentito.
Aftab ha sempre detto di essere innocente. Negli anni ha raccontato che, quando era stato arrestato, la polizia gli ha chiesto 50mila rupie (5mila dollari) per lasciarlo andare. Essendo un giovane apprendista, non ha potuto pagare.

[…]

La lettera:

Ho appena ricevuto la mia condanna a morte. Dice che sarò “appeso per il collo fino al sopraggiungere della morte” mercoledì 10 giugno.


Sono innocente, ma non so se questo farà alcuna differenza.


Durante gli ultimi 22 anni della mia prigionia, ho ricevuto ordini di esecuzione molte volte. È strano, ma non so nemmeno dirvi quante volte mi sia stato detto che stavo per morire.

Ovviamente fa male ogni volta. Inizio a fare il conto alla rovescia dei giorni, cosa dolorosa già di per sé, e scopro che i miei nervi sono incatenati come il mio corpo.

In realtà, sono morto molte volte prima della mia morte. Suppongo che la mia esperienza di vita sia differente da quella della maggior parte delle persone, ma dubito ci sia qualcosa di più spaventoso del sentirsi dire che si sta per morire, e poi restare seduto in una cella di prigione aspettando quel momento.

Per molti anni – avevo solo 15 anni – sono stato bloccato tra la vita e la morte. È stato un limbo assoluto, una totale incertezza per il futuro.

Sono un cristiano e, talvolta, è difficile qui. Purtroppo, c’è un prigioniero in particolare che ha cercato di rendere le nostre vite ancora più dure. Non so perché lo faccia.

Sono stato molto rattristato per gli attentati anticristiani avvenuti a Peshawar. Mi hanno ferito profondamente, e vorrei che il popolo pakistano possedesse un senso di unità nazionale capace di vincere il suo odio interreligioso. C’è un piccolo gruppo di noi, qui, che è cristiano, appena quattro o cinque, e adesso siamo tutti insieme nella stessa cella, il che ha migliorato la mia vita.

Faccio tutto quello che posso per sfuggire alla mia miseria. Sono un amante dell’arte. Ero un artista – solo uno ordinario – sin da piccolo, quando non sapevo ancora nulla.

Anche allora, avevo una propensione per la pittura e per la poesia. Non avevo alcuna preparazione, era solo un dono di Dio. Ma dopo essere stato portato in prigione, non ho avuto alcun altro modo per esprimere i miei sentimenti, perché ero in uno stato di completa alienazione e di solitudine.

Qualche tempo fa ho iniziato a dipingere tutti i cartelli per il carcere di Kot Lakhpat, dove sono rinchiuso. Poi mi hanno chiesto di farlo per altre prigioni. Niente al mondo mi dà più gioia che la sensazione che provo quando dipingo qualche idea o sensazione sulla tela. È la mia vita, quindi sono felice di farlo. Il carico di lavoro è grande, e sono esausto a fine giornata, ma sono felice di questo, perché tiene la mia mente lontana da altre cose.”

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