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Sono cattolico. Faccio male a lavorare in un punto scommesse?

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Shutterstock | Joshua Resnick

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/06/15

Come si è espresso il Magistero sul gioco d’azzardo?

Un nostro lettore ci chiede: «Non mi sono mai piaciuti i giochi d’azzardo. In particolare vedere persone che si fermano per delle ore in bar e casinò, sperperando i loro guadagni per delle false illusioni: mi ha sempre fatto molta tristezza. Ora, mi è capitato di ricevere un’offerta di lavoro come addetto in un punto scommesse. Mi chiedo, da cattolico, se dovrei accettare o meno. Secondo voi, e secondo il magistero, potrei intraprendere questa strada? Può essere visto come un lavoro, dove quindi io possa realizzarmi, guadagnando onestamente e facendo qualcosa per la società? Vi prego, illuminatemi! Grazie».

“Contratto aleatorio”

Il gioco d’azzardo in tutte le sue forme (lotterie, scommesse, casinò, etc.) è, tecnicamente, «un tipo particolare di “contratto aleatorio”, che difficilmente può essere considerato compatibile col Vangelo – spiega ad Aleteia don Leonardo Salutati, teologo e docente di morale sociale alla Facoltà teologica dell’Italia centrale di Firenze – poiché alimenta e consolida comportamenti quali l’avidità, la cupidigia, l’assenza di generosità che possono sfociare nel vizio capitale dell’avarizia, perché chi gioca lo fa per avere di più, con poca spesa e poca fatica». 

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Giovani esultano in un centro scommesse.

Le vincite ai poveri

A chi obietta che il gioco, il rischiare, l’azzardo, ha in sé un’attrattiva indipendente dalla voglia di arricchirsi, don Leonardo risponde che «il giocatore dovrebbe allora elargire sempre ai poveri l’eventuale vincita. Allo stesso modo non è condivisibile il parere di chi ritiene che il denaro rischiato, è poco, non è tolto alla famiglia, e quindi può essere liberamente impiegato a piacimento, perché ciò che supera il mio necessario dovrebbe essere destinato ai poveri o al bene comune della comunità». 

Dipendenza da gioco e bene comune

È anche vero, aggiunge il teologo, «che se non c’è niente di male nel tentare la fortuna per sollevarsi da una situazione di indigenza, occorre allo stesso tempo considerare il rischio della “dipendenza da gioco” che può facilmente ingenerarsi».

Precisati sinteticamente gli aspetti negativi del gioco d’azzardo, la scelta della professione (come pure quella della scuola) «dovrebbe essere fatta – nota il moralista – sulla base delle doti personali e delle esigenze del bene comune, per meglio sviluppare la propria personalità ed offrire il proprio servizio al prossimo nell’attività lavorativa».

Lavorare in un centro scommesse

Qualora, però, non vi sia per un soggetto la possibilità di effettuare una scelta lavorativa libera per mancanza di opportunità di lavoro e vi sia, allo stesso tempo, la necessità improcrastinabile di lavorare per poter guadagnare da vivere, «accettare un lavoro remunerato come addetto in un punto scommesse non può essere visto come una scelta che si contrappone alla visione cristiana».

Questo, restando inteso che «l’interessato non debba cessare di ricercare un’attività lavorativa consona alla dignità umana ed alle esigenze evangeliche e sia deciso a cogliere – conclude don Leonardo – una diversa opportunità di lavoro al momento in cui essa si presenti».

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