70 anni dopo il ritrovamento dei testi di Nag Hammadi, Gesù resta il Signore
Quest’anno ricorre un notevole anniversario nello studio della storia cristiana. Settant’anni fa, alla fine del 1945, alcuni contadini egiziani scoprirono una serie di antichi testi cristiani, inclusi vari vangeli alternativi, tutti probabilmente sotterrati verso l’anno 380. Quando divenne disponibile la loro traduzione, negli anni Settanta, i cosiddetti testi di Nag Hammadi suscitarono grande eccitazione, suggerendo come facevano che la cristianità delle origini fosse assai diversa a livello di tono rispetto a quanto ci potremmo aspettare dal Nuovo Testamento canonico, molto più mistico e speculativo. Questa è stata ad esempio la visione presentata nell’opera ampiamente popolare di Elaine Pagels The Gnostic Gospels, del 1979. Tali idee sono state rafforzate da una serie di scoperte successive, come il Vangelo di Giuda.
Quarant’anni fa, ho letto il romanzo di Robert Graves del 1946 King Jesus. Anche allora riuscivo a vedere molte cose sbagliate nel testo, e ne trovo molte di più in retrospettiva. Quel romanzo non regge il confronto con altre opere molto più note di Graves, in primis I Claudius. La trama di King Jesus è eccentrica, direi bizzarra. Graves crede che la regalità sia fondamentale per comprendere il percorso di Gesù, ma il suo regno sarebbe di questo mondo. La madre di Gesù era Maria, e suo padre era un principe reale, di modo che Gesù era l’erede legittimo della dinastia erodiana. Oltre a questo, Graves aveva idee peculiari sulla natura rituale della regalità sacra, attingendo ampiamente a libri come The Golden Bough di Sir James Frazer, nonché a una serie di teorici fanatici e di ciarlatani che vagavano nell’orbita dell’autore. Alcune parti del libro sono speculazioni incomprensibili su calendari sacri perduti, con eccentrici parallelismi tra la religione ebraica e la mitologia greca. Diventa fastidioso.
Perché quindi qualcuno dovrebbe leggere oggi il libro? La ragione migliore è sfidare il mito che in genere condividiamo sullo studio delle origini del cristianesimo. Ogni tanto sentiamo resoconti che tolgono il fiato sulla scoperta di qualche presunto vangelo antico, che in teoria dovrebbe rivoluzionare la nostra comprensione del cristianesimo delle origini. Leggendo Graves, però, capiamo quanto siano prive di senso queste affermazioni, e quanto abbiamo sempre conosciuto sulle visioni alternative o addirittura sediziose della storia di Gesù.
Graves in realtà ha scritto prima che venissero scoperti i testi di Nag Hammadi, e molto prima del ritrovamento dei rotoli del Mar Morto (1947). Anche all’epoca, aveva accesso a un’enorme quantità di vangeli perduti e frammenti gnostici, dai quali ha creato una mitologia che include virtualmente ogni visione radicale di Gesù emersa negli ultimi anni. Troviamo Gesù come il rivoluzionario secolare, il marito della dea pagana della terra, l’espositore della saggezza orientale, l’erede segreto del regno secolare di Israele, il maestro dei misteri ellenistici, un membro di antichi riti tribali per la fertilità, un maestro e numerologista esoterico, e ovviamente il marito di Maria Maddalena. Al di là del contenuto politico della trama, è un Gesù profondamente mistico che si trova del tutto a proprio agio con le scuole di pensiero gnostiche del II e del III secolo. E spesso nei testi di questi movimenti Gesù si muove in un mondo di interlocutrici femminili attive e potenti, inlcuse Maria Maddalena e Salome. È un Gesù ce abbiamo imparato a conoscere molto bene dalle ricostruzioni moderne dei vangeli gnostici.
Leggendo King Jesus oggi, un lettore potrebbe ricontrollare la data del copyright per vedere se in realtà si tratta di un libro contemporaneo che è stato in qualche modo etichettato male e fatto risalire agli anni Quaranta del Novecento. Qualsiasi lettore moderno, ad esempio, resterà sorpreso dall’epigrafia del testo, che include una sequenza di citazioni da vangeli alternativi che pensiamo debbano essere scoperte molto recenti: