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E se spuntasse la deroga per la Comunione ai divorziati risposati?

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©ALESSIA GIULIANI/CPP

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 29/05/15

Ne parla il teologo domenicano Garrigues a La Civilta Cattolica, la rivista dei gesuiti

Possibili deroghe per far sì che i divorziati risposati possano tornare a prendere la Comunione. Su uno dei temi più scottanti e dibattuti dell'ultimo Sinodo, esce allo scoperto su La Civilta Cattolica, la rivista dei gesuiti, l'ordine di Jorge Bergoglio, uno dei teologi domenicani più autorevoli.  

Si tratta di Jean-Miguel Garrigues, docente di patristica e dogmatica all’Institut Supérieur Thomas d’Aquin, allo Studio domenicano di Tolosa e al Seminario di Ars, collaboratore del confratello Christoph Schönborn, oggi cardinale arcivescovo di Vienna, nella redazione del Catechismo della Chiesa cattolica preparato sotto la direzione dell'allora cardinale Joseph Ratzinger. 

LA LEGGE DI GRADUALITA'
Garrigues in un'intervista a padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei gesuiti, premette: «La visione di Francesco è quella di una Chiesa per tutti, perché Cristo è morto davvero per tutti gli uomini, senza eccezioni, non per alcuni», la «legge di gradualità» non significa «gradualità della legge» o relativismo. E senza mutamenti dottrinali è possibile prevedere delle deroghe caso per caso ammettendo i divorziati risposati ai sacramenti. 

IL CASO DI UNA COPPIA CONVIVENTE
Il teologo domenicano, come riporta Vatican Insider (28 aprile), che ha stralciato l'intervista, propone due esempi significativi. Primo esempio: «Penso ad una coppia della quale un componente è stato precedentemente sposato, coppia che ha bambini e ha una vita cristiana effettiva e riconosciuta. Immaginiamo che la persona già sposata abbia sottoposto il precedente matrimonio a un tribunale ecclesiastico che ha deciso per l’impossibilità di pronunciare la nullità in mancanza di prove sufficienti, mentre loro stessi sono convinti del contrario senza avere i mezzi per provarlo». 

BUONA FEDE E VITA CRISTIANA
Sulla base delle testimonianze «della loro buona fede, della loro vita cristiana e del loro attaccamento sincero alla Chiesa e al sacramento del matrimonio, in particolare da parte di un padre spirituale esperto, il vescovo diocesano potrebbe ammetterli con discrezione alla Penitenza e all’Eucaristia senza pronunciare una nullità di matrimonio. Egli estenderebbe così a questi casi una deroga puntuale a titolo della buona fede che la Chiesa già dà alle coppie di divorziati che si impegnano a vivere nella continenza». 

I "LIMITI" DELLA NUOVA COPPIA
È da notare, scrive ancora Vatican Insider, che in quest’ultima situazione si tratta già di un atto di clemenza circa l’applicazione della legge a un caso concreto, perché, osserva Garrigues, «se la continenza elimina il peccato di adulterio, non sopprime tuttavia la contraddizione tra rottura coniugale con formazione di nuova coppia — che vive comunque legami di carattere affettivo e di convivenza — e l’Eucaristia».

IL CASO DI UNA COPPIA DIVORZIATA E REDENTA
L’altro tipo di situazione proposta «è indubbiamente più delicato», osserva il teologo. «È quello in cui, dopo il divorzio e il matrimonio civile, i congiunti divorziati hanno vissuto una conversione a una vita cristiana effettiva, di cui può essere testimone tra gli altri il padre spirituale. Essi credono comunque che il loro matrimonio sacramentale sia stato veramente tale e, se potessero, cercherebbero di riparare la loro rottura perché vivono un pentimento sincero: ma hanno dei bambini, e d’altronde non hanno la forza di vivere nella continenza. Che cosa fare in questo caso? Si deve esigere da loro una continenza che sarebbe temeraria senza un carisma particolare dello Spirito? Si tratta di domande su cui si dovrà riflettere».

UNA DEROGA CHE NON SMEMBRA LA DISCIPLINA
«Per la Chiesa – conclude Garrigues – si tratterebbe di una deroga puntuale a una disciplina tradizionale, fondata certo sull’altissima convenienza sacramentale tra Eucaristia e matrimonio, a motivo sia di un dubbio verosimile sulla validità del matrimonio sacramentale, sia di un impossibile ritorno, de facto ma non di desiderio, allo statu quo matrimoniale anteriore al divorzio. Nei due casi questa deroga interverrebbe a favore di una vita cristiana solidamente costituita».

"NO" A LEGGI UNIVERSALI
Il teologo esprime contrarietà a leggi "universali", riferite a tutti i divorziati risposati: «Molti sono invece i casi di coppie molto marginali rispetto alla vita cristiana e alla pratica religiosa che reclamano con grande scalpore mediatico un cambiamento della disciplina della Chiesa nei confronti dei divorziati che si sono risposati, prima di tutto perché essa dia un riconoscimento sociale della loro nuova unione, accettando in un modo o in un altro il principio di un nuovo matrimonio dopo il divorzio. Legiferare per loro rischiando di compromettere il significato del matrimonio fedele e indissolubile, che molte coppie cristiane vivono non senza sforzo, significherebbe incoraggiare un’altra forma di questa "mondanità spirituale" che il Santo Padre giustamente individua. La definirei una "mondanità religiosa"».

LA POSIZIONE DI KASPER
Ora nel dibattito qual è la posizione che più si avvicina alla risposta teologica di Garrigues al problema della Comunione ai divorziati risposati? Pur avendo delle peculiarità del tutto proprie, degli echi si possono rintracciare nella posizione del cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, che è si è chiesto se l'Eucaristia «non possa essere a certe condizioni per alcuni divorziati risposati un viatico per la remissione dei peccati e la viva appartenenza al corpo di Cristo» (Aleteia, 12 marzo 2014).

IL DIBATTITO NEL SINODO
Un tema che è stato oggetto di un dibattito serrato alla prima sessione del Sinodo della Famiglia nell'ottobre 2014. In quell'occasione la posizione di Kasper non fu condivisa dall'assemblea. Tutt'altro: trovò di fronte un coro di voci dissenzienti, a cominciare dai vescovi africani. Papa Francesco optò così per un rinvio della discussione su questo delicatissimo argomento al Sinodo 2015 (Aleteia, 8 gennaio 2015). 

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