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Il presunto scandalo dei soldi rubati ai migranti

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MC2 DANIEL BARKER

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 26/05/15

Secondo gli inquirenti anche il volontariato cattolico e la Caritas campana tra gli accusati per peculato

Tra i maggiori quotidiani a parlare dello sfruttamento della crisi dei migranti per fare soldi c’è il Corriere della Sera con un pezzo di Fiorenza Sarzanini che spiega le modalità con cui – secondo gli inquirenti – anche il mondo del volontariato campano sarebbe compromesso nella vicenda della distrazione dei fondi erogati dal ministero degli Interni per l’accoglienza e l’integrazione.

“Migranti sfruttati per fare soldi, derubati dei ticket giornalieri, addirittura pagati per far perdere le proprie tracce. Nell’associazione per delinquere delineata dai pubblici ministeri di Napoli per truffare lo Stato prendendosi i milioni di euro stanziati per gestire l’emergenza legata ai profughi, l’accusa assegna un ruolo anche ai vertici della Caritas della Campania. L’inchiesta che ha portato agli arresti i responsabili della Onlus «Un’ala di riserva», Alfonso De Martino e la sua compagna Rosa Carnevale e all’accusa di peculato per il direttore regionale della Caritas don Vincenzo Federico, si concentra sul ruolo di chi doveva occuparsi dell’accoglienza. E va avanti per accertare le responsabilità dei funzionari della Protezione civile e della Regione che dovevano controllare il rispetto delle procedure e la regolarità delle autorizzazioni” (25 maggio).

Il presunto ruolo della Caritas campana
Appena lo scorso dicembre, a Salerno, padre Vincenzo Federico, direttore regionale della Caritas, era stato insignito dell’onorificenza di «Cavaliere della Repubblica», per il suo impegno nell’accoglienza dei migranti, mentre adesso a meno di sei mesi di distanza si deve difendere dall’accusa forse più infamante. Quella di peculato. Il sacerdote avrebbe intascato fondi destinati proprio ai migranti. Sostengono i magistrati napoletani: «È verosimile che la Caritas di Teggiano faceva pervenire a De Martino i pocket money destinati ai migranti da loro ospitati, ricevendo in cambio una percentuale degli enormi guadagni che ne ricavava il De Martino (pari al 20% del valore di ogni singolo buono oltre alle ricariche telefoniche acquistate)» (La Stampa, 25 maggio).


“Sono 56 i milioni che la Regione Campania ha gestito per l’emergenza legata alla primavera araba, quando in Italia giunsero decine di migliaia di migranti. Don Vincenzo è accusato di essersi appropriato di 44 mila «pocket money» per circa 110 mila euro, ma le verifiche effettuate dagli investigatori hanno consentito di ricostruire passaggi di soldi dai conti correnti di De Martino a depositi riconducibili al sacerdote e su questo sono adesso in corso ulteriori controlli. Lo stesso responsabile della Onlus ha ammesso in un interrogatorio che si è svolto prima dell’arresto: «In riferimento invece alla consegna dei ticket degli ospiti delle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano, i blocchetti venivano consegnati mensilmente dal responsabile Fiore Marotta, il quale, a sua volta, li raccoglieva presso le varie strutture della Caritas di Teggiano. Anche su questi buoni trattenevo una percentuale del 5 per cento come avveniva con le altre strutture non convenzionate con “L’ala di riserva”». Alla Caritas fanno capo altre due Onlus che secondo i magistrati avrebbero avuto un ruolo opaco nella gestione del denaro pubblico in un sistema illecito che andrebbe avanti almeno dal 2011. per avere un’idea del giro di affari basti pensare che soltanto la struttura gestita da don Vincenzo assiste ogni giorno circa 600 stranieri con un introito che — tenendo conto della presenza dei minori — può superare i 4 mila euro quotidiani” (Corriere della Sera 25 maggio).

Il reato
La contestazione riguarda 109mila euro, il corrispettivo di 44mila pocket money, buoni che le associazioni (che ricevono 40 euro al giorno per ciascun migrante) dovrebbero consegnare ai richiedenti asilo per affrontare piccole spese: 2,5 euro al giorno. Secondo i pubblici ministeri sarebbero finiti nelle tasche del sacerdote.

La difesa del sacerdote
Don Vincenzo si è sfogato a lungo con il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu, allarmato da quanto appreso sui giornali. Così il sacerdote campano: «Io mi sarei appropriato di 109 mila euro destinati ai migranti? Io non mi sono appropriato di niente! Addirittura adesso stiamo chiedendo prestiti da ogni parte per continuare a dare da mangiare a questa gente, visto che l’ultimo assegno erogato dalla Prefettura di Salerno per finanziare i pocket money risale al 31 gennaio scorso. E comunque sia, tutti i soldi che continuiamo a distribuire vengono dati sempre alla presenza di un pubblico funzionario…».


“Il sacerdote indagato giura di non aver mai avuto «alcun tipo di relazione» con quelli della onlus «Un’ala di riserva», arrestati due giorni fa. Di non conoscerli nemmeno. E anzi contrattacca. Racconta di aver scritto «il 14 aprile 2014 una lettera al prefetto Mario Morcone (l’attuale capo del Dipartimento Immigrazione del ministero dell’Interno, ndr ) per denunciare il mercato nero dei ticket destinati agli immigrati», prima dell’avvento del nuovo sistema del pocket money (il sussidio diretto in denaro). Un mercato nero, in Campania, gestito da italiani, coi blocchetti dei ticket per la spesa dei migranti (da 75 euro) ricomprati anche a metà prezzo e poi riconvertiti in denaro sonante, per il loro valore effettivo, in negozi e supermercati. Guadagni colossali ai danni dello Stato e sulla pelle degli stranieri, come ha svelato l’inchiesta della Procura di Napoli. Dal Viminale, confermano l’esistenza della lettera inviata da don Vincenzo e sottolineano anche la piena collaborazione data alle indagini in corso dalla Caritas di Salerno. Il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu, aggiunge che don Vincenzo ieri ha ricevuto «tantissime telefonate di solidarietà», segno che nei suoi confronti «la stima è rimasta intatta e anzi è cresciuta»” (Corriere della Sera, 25 maggio)

E’ un quadro che – se confermato – sarebbe desolante e non a caso il presidente dell’autorità anticorruzione Raffaele Cantone dichiara sconsolato: «Se anche il mondo dell’impegno sociale fa registrare questi episodi è chiaro che la diffusione del malaffare è tale che nessuno da solo ce la può fare».  

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