Aleteia logoAleteia logoAleteia
venerdì 19 Aprile |
Aleteia logo
Chiesa
separateurCreated with Sketch.

Quando Dio parla al suo popolo?

Holly Bible – Reading a Bible – Child – it

Public Domain

Liturgia "Culmen et Fons" - pubblicato il 25/05/15

Cristo ci parla sempre nelle Sacre Scritture?

La Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium afferma: Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche… è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture (SC 7). Questa breve affermazione contiene in estrema sintesi il mistero di Dio, che parla al suo popolo. Occorre però estrarre dalla semplicità e condensazione dell’espressione quegli aspetti impliciti, che costituiscono le condizioni essenziali, perché tale mistero si attui nella pienezza dei suoi elementi. Si tratta quindi di evidenziare tali contenuti e di argomentare su di essi.

1. … quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture… Non basta quindi che siano lette le sacre Scritture perché Lui parli, è necessario che siano lette nella Chiesa. Ovviamente ciò non vuol dire che la proclamazione debba avvenire nell’edificio sacro, dove normalmente si celebra. Tutti comprendono che l’espressione nella Chiesa rimanda ad un orizzonte più vasto e ad un contenuto teologico ben più profondo. Le sacre Scritture sono lette nella Chiesa quando il popolo di Dio è convocato e le sacre lettere risuonano nella santa assemblea. Lì Dio parla al suo popolo, perché lì il popolo di Dio è presente, ascolta e risponde col canto e la preghiera (SC 33). Questo avviene soprattutto nella celebrazione liturgica, ossia quando si verificano le condizioni per la convocazione, qui ed ora, del popolo di Dio in quanto tale. Infatti, non ogni raduno sociologico di natura cultuale per quanto esteso, realizza immediatamente la presenza della Chiesa come tale. È allora importante comprendere la differenza tra la lettura individuale della sacra Scrittura da parte del singolo o di un gruppo di fedeli per quanto possa essere numericamente consistente e la sua proclamazione pubblica nell’azione liturgica, quando la Chiesa come tale è convocata ed è operante. Nella lectio divina individuale o comunitaria si tratta di un dialogo tra Dio e i singoli fedeli, considerati nella loro individualità, mentre nella proclamazione liturgica della Parola vi è il dialogo di Dio con il suo popolo, ossia con la Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica.

2. L’espressione nella Chiesa afferma poi il necessario rapporto tra la sacra Scrittura, la sacra Tradizione e il Magistero. Infatti, i misteri rivelati non sono contenuti nella sola Scrittura, ma anche nella sacra Tradizione e, l’una e l’altra, ricevono la garanzia di una retta interpretazione dal Magistero della Chiesa. La comprensione delle sacre lettere deve essere conforme al sentire di tutta la Tradizione ecclesiale, che a sua volta integra il deposito della fede con l’apporto di contenuti non sempre espliciti nelle sacre Scritture. È allora necessario accogliere la sacra Tradizione nelle sue due dimensioni fondamentali, quella interpretativa delle Scritture e quella integrativa delle medesime, perché la Chiesa attinge la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura (DV9). Ora gli elementi costitutivi della liturgia della parola assicurano l’equilibrata composizione tra Scrittura, Tradizione e Magistero.

In particolare:
– Il lezionario, che unisce con determinati criteri le lezioni dell’Antico e del Nuovo Testamento col testo evangelico, manifesta il modo di intendere le Scritture da parte della Chiesa e offre ai fedeli il senso e la prospettiva degli eventi salvifici. Più il lezionario è antico e costante nella storia, più rivela la continuità della Tradizione.
– I formulari liturgici (prefazi, orazioni, ecc.) dichiarano anch’essi il tenore della Tradizione secolare della Chiesa e danno una chiave di lettura in ordine ai testi biblici proclamati.
– La scelta di specifiche lezioni per le varie solennità, feste e tempi sacri è pure un indice importante per comprendere l’interpretazione ecclesiale dei misteri della fede alla luce delle sacre Scritture.
– L’omelia ha lo scopo primario ed essenziale di integrare i testi biblici con i dati della Tradizione e illuminare i fedeli nell’interpretazione autentica, conforme al Magistero vivo, norma prossima della fede. Potrà anche, per quanto possibile, avviare un processo di attualizzazione della Parola, ma questo aspetto non è così indispensabile come il primo, in quanto l’attualizzazione ha la sua sede propria nella coscienza personale di ogni fedele.
– La professione di fede assicura l’integrazione dei misteri e dei loro aspetti particolari, di volta in volta celebrati, nell’orizzonte plenario della Rivelazione.
– La preghiera universale immette nelle situazioni contingenti della storia il lievito della parola di vita eterna, proclamata nella liturgia, ed eleva la supplica corale per ottenere da Dio la restaurazione in Cristo di tutte le cose.

L’importanza di questi elementi esige che essi non siano alla mercè dei privati, ma operazioni proprie della Chiesa, che deve garantire con la sua autorità la validità del lezionario, l’ortodossia dell’eucologia e il rispetto della professione di fede. Ed ecco che nella composizione rituale della liturgia della parola si attualizza quello che si afferma nella costituzione conciliare Dei Verbum: E’ chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l’azione di un solo Spirito santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime (DV 10).

Oggi la riduzione della parola di Dio al sola Scriptura sta condizionando largamente la mentalità di molti, che non vedono più la portata della Tradizione e il ruolo del Magistero.

3. E’ pure necessario valutare il senso di un altro importante termine contenuto nella frase in questione: quando…si leggono le sacre Scritture… . Cosa significa qui il termine leggere le Scritture? E’ evidente, che non si realizza il mistero di Dio che parla al suo popolo, qualora l’assemblea liturgica fosse ridotta ad una sala di lettura, dove ogni fedele leggesse per conto proprio le letture del giorno. Perché si attualizzi tale mistero occorre che la sacra Scrittura sia proclamata con un atto pubblico ed esterno. Solo così l’assemblea convocata ode all’unisono il suono delle sacre lettere ed è in grado di rispondere col canto e la preghiera. Dio, infatti, nella celebrazione liturgica si rivolge in prima istanza non ai singoli individui, ma a tutto il suo popolo. Certo la parola di Dio avrà accenti particolari e diversi per ogni fedele, ma il referente primario è il popolo come un soggetto unitario. Ed ecco allora la necessità che la sacra Scrittura sia ben proclamata, con competenza, dignità, efficacia e sacralità. Si potrebbe interrogarci a questo punto sul valore dei libretti per seguire la celebrazione, soprattutto in assemblee plurilingui. Certo essi possono veramente aiutare nella partecipazione, ma non possono mai sostituire la proclamazione viva della parola di Dio. In qualche modo vi è qui il ruolo dell’interprete: quando in un’assemblea si parla una lingua sconosciuta, è logico che vi sia l’interprete, oppure, che la persona anziana e sorda possa ricevere l’ausilio di qualcuno che suggerisca i contenuti di ciò che viene comunicato. In questa luce si può capire anche il valore dei foglietti domenicali per molte persone che ne hanno necessità. Tuttavia, l’educazione liturgica più qualificata dovrebbe portare sempre più ad un ascolto attento ed efficace della parola di Dio proclamata.

4. L’annunzio liturgico della parola di Dio non potrà accontentarsi del solo fatto funzionale e comunicativo, come normalmente succede in una lezione o in una conferenza, ma dovrà ricorrere necessariamente ai moduli della celebrazione rituale per far percepire all’assemblea il mistero soprannaturale della presenza di Cristo e dell’azione dello Spirito, che sono realtà invisibili. Questo è il motivo che ha sempre spinto la Chiesa a ricorrere nella proclamazione della parola di Dio all’ausilio dei simboli, dei riti e della solennità. Non si tratta di leggere un testo freddo nella sua materialità e farne un commento solo accademico, come avviene in un congresso umano o in corso scolastico, ma di venire a contatto misterioso con la reale presenza di Colui, che oggi parla al suo popolo e di udirne il suo pensiero, pegno di vita eterna e pervaso dalla potenza dello Spirito Santo. Infatti, … è Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture (SC 7). Per consentire la percezione di questa presenza e di questa azione misteriosa è indispensabile il ricorso alla tradizione rituale della Chiesa, che si manifesta con una speciale cura per il luogo della proclamazione: l’ambone; per i libri: l’Evangeliario e il lezionario; per i ministri: il diacono e il lettore; per i riti: l’uso dell’incenso, dei ceri, i segni di venerazione, il canto, i movimenti processionali, ecc. La celebrazione, quindi, non è elemento facoltativo e superficiale, quasi una formalità inutile, ma è piuttosto la condizione indispensabile per passare dal visibile all’invisibile, dall’umano al divino, dalla terra al cielo, dal suono delle parole di quaggiù ai contenuti che risuonano nelle sedi celesti. Senza la solennità dei riti la parola di Dio rimane velata dalla sua lettera materiale e la forza della grazia in essa contenuta è come oppressa dall’orizzonte opaco delle cose che passano. E’ allora necessario superare l’attuale allergia al rito per poter accedere, mediante l’ars celebrandi stabilita dalla Chiesa, all’incontro e alla contemplazione di Colui che, qui ed ora, è presente e conversa col suo popolo.

Tags:
bibbia
Top 10
See More