Perché celebriamo la Pentecoste e che legame ha con la Pasqua?
Nel giorno di Pentecoste, gli apostoli sono riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme, quella “stanza alta” in cui Gesù istituisce l'Eucaristia il giorno della Cena. È un luogo di vita, in cui gli apostoli mangiano e pregano. È qui che dopo la morte di Gesù gli apostoli si nascondono “per timore dei Giudei” (Gv 20,19), ed è qui che Egli appare loro. Con un rumore assordante, lingue di fuoco si posano improvvisamente su ciascuno di loro e tutti si riempiono dello Spirito Santo. Iniziano a parlare in altre lingue e a testimoniare pubblicamente la risurrezione di Cristo.
In questo giorno di Pentecoste, spiega però padre Michel-Marie Zanotti-Sorkine, sacerdote della parrocchia di San Vincenzo de' Paoli di Marsiglia, “non si devono immaginare atterriti dalla paura, come vengono mostrati la notte dell'arresto di Gesù, o anche il giorno della sua terribile crocifissione”.
“Dopo questi momenti tragici caratterizzati, è vero, dalla codardia e dal tradimento della maggior parte di loro, gli apostoli hanno visto Gesù nel suo corpo glorioso, sulle rive del lago di Tiberiade, e in questa sala in cui si trovano in questo momento. Hanno ascoltato la sua voce, hanno mangiato con lui del pesce, hanno ricevuto le sue consegne e ancor di più: hanno ricevuto il suo perdono. E alla fine lo hanno visto scomparire in cielo, come una candela che si spegne. La loro fede è stata quindi 'restaurata', il loro fervore è emerso e ora sono disposti ad annunciare la buona novella fino ai confini del mondo”.
Perché, però, in questo momento gli apostoli continuano a stare in questa casa anziché andare per il mondo, senza perdere un istante, ad annunciare la risurrezione di Cristo?
“Perché essi attendono e si preparano in preghiera, come dev'essere, per vivere la grande promessa del Padre della quale Gesù ha parlato loro”. Non allontanatevi da Gerusalemme, ha detto agli apostoli. “Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni” (Atti 1, 5). “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra".
Questa “forza” arriva senza avvisare. Con un rumore simile a una violenta raffica di vento, gli apostoli vedono apparire lingue di fuoco che si dividono per posarsi su ciascuno di loro. “Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi” (Atti 2, 4). Questo miracolo delle lingue indica che ora la Chiesa è universale e missionaria. Si rivolge a tutti, superando le barriere etniche e linguistiche, e può essere compresa da tutti (Youcat 118).
“Attraversati dall'effusione della vita divina, gli apostoli sono letteralmente trasformati, sono altri uomini”, commenta padre Zanotti-Sorkine. “Ora si sentono in grado e lo diranno, diranno di tutto, faranno di tutto, soffriranno tutto in nome di Gesù Cristo”.
La terza persona della Trinità, lo Spirito Santo, è la più misteriosa. Nella Scrittura è rappresentata sotto forma di una colomba, o si manifesta attraverso un'unzione salvatrice, un'acqua viva, una forte tormenta, lingue di fuoco.
Lo Spirito Santo ricevuto dagli apostoli nel giorno di Pentecoste è riconosciuto fin dal Concilio di Nicea (325) come la terza persona della Trinità, un vincolo d'amore tra il Padre e il Figlio. La parola greca “pneuma”, utilizzata nel Nuovo Testamento per designare lo Spirito Santo, significa letteralmente “soffio”.
Nella vita della Chiesa, lo Spirito Santo ispira le Scritture, la tradizione e il magistero, mette il credente in comunione con Cristo nella liturgia sacramentale, intercede per lui nella preghiera, manifesta la propria santità nella testimonianza dei santi (CCC 688).
Quando Gesù promette l'avvento dello Spirito Santo, lo definisce il “paraclito”, ovvero il “consolatore”: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce” (Gv 14, 15-17). Ma egli è innanzitutto l'Amore: “l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
Un “consolatore” che aiuta a sopportare le prove, come spiega padre Zanotti-Sorkine: “Se a volte ci chiediamo come alcune persone possano sopportare le terribili persecuzioni che hanno subito, o le prove che hanno attraversato, o se ci si chiede 'Dove sono andati a cercare un simile ardore, una forza tale, un tale coraggio nella loro fede, una tale costanza nella preghiera, una tale luminosità nelle loro parole, un tale amore, una tale pazienza, una tale allegria nel loro modo di essere?'. È l'invasione dello Spirito Santo, dello Spirito di Dio nel nostro essere, che produce questi effetti”. Lo Spirito Santo si presenta sotto la forma di vari simboli: l'acqua, l'unzione, il fuoco, la nube e la luce, il sigillo, la mano, il dito, la colomba, il che lo rende una persona difficile da immaginare.
“Presentarlo è molto complicato; non si può fare altro che paragonarlo, e anche in questo modo sicuramente lo si stravolge”, sottolinea p. Zanotti-Sorkine. “La persona dello Spirito Santo, perché si tratta proprio di una persona, continua ad essere, riconosciamolo, misteriosa. In verità si inizia ad avvicinarsi ad essa, a entrare nel suo mistero, quando si capisce che non si può invadere lo Spirito Santo e che è invece lui che deve invaderci. Perché è lui che per volontà del Padre e del Figlio è dietro ciascuno di noi, all'interno di noi stessi, dirigendo le nostre azioni e i nostri pensieri. Questa è tutta la sua missione, prima di essere qualcuno che si rappresenta davanti a noi”.
Lo Spirito Santo è “la vita della nostra vita, l'amico intimo nascosto in fondo alla nostra anima, ed è lui che, dall'interno, divinizza il nostro essere e come conseguenza le nostre intenzioni, i nostri pensieri, le nostre azioni”. “Questa presenza dello Spirito Santo che agisce in ogni battezzato è un mistero e anche un grande dono per il governo della nostra vita, dono del quale non siamo sufficientemente consapevoli”.
Lo Spirito Santo è donato per il servizio della Chiesa e della sua missione e per la santificazione personale del credente. “Egli ci spinge verso gli altri, accende in noi il fuoco dell'amore, ci rende missionari della carità di Dio”, ha affermato Benedetto XVI (20 luglio 2007).
Con la Pentecoste, lo Spirito viene donato a tutti. Dopo gli apostoli, i cristiani sono chiamati a proclamare Cristo e la sua parola, “in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tim 4, 2). Attraverso i sacramenti, soprattutto il Battesimo e la Confermazione, egli dà al credente quella “forza” nella quale l'uomo, “con la sua vita, rende vera la grazia del suo Battesimo, e diviene 'testimone' per Cristo” (Youcat 205).
Quando Dio dona il suo spirito al credente, il giorno del suo Battesimo e della sua Confermazione, spiega padre Zanotti-Sorkine, lo guida, lo ispira, influisce su di lui, gli comunica segreti, entra nella sua intelligenza e nella sua volontà, perché possa pensare e agire come Dio. “È quindi Dio stesso, 'a domicilio', che vive la sua vita in noi e ci riempie di Lui. È dunque in noi che bisogna cercarlo, e non in cielo”.
Con il sacramento della Confermazione, il credente si impegna a occupare il proprio luogo nella Chiesa e ad approfondire la propria vita di cristiano. Lo Spirito Santo gli comunica i suoi doni, come indicato da San Tommaso d'Aquino nella sua “Summa theologiae”: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio.
Lo Spirito Santo è l'“ospite silenzioso della nostra anima”, diceva Sant'Agostino (354-430). Apre a Dio, insegna a pregare. “Quanto più noi ci apriamo interiormente allo Spirito Santo, tanto più egli diviene il maestro della nostra vita, e tanto più, anche oggi, egli ci dona i suoi carismi per l'edificazione della Chiesa. A questo modo crescono in noi, invece delle opere della carne, i frutti dello Spirito” (Youcat 120).
“Se lo invochiamo, se lo preghiamo, se vogliamo lasciarci abitualmente condurre da lui, se siamo fedeli alle sue ispirazioni, la nostra vita si trasformerà”, insiste padre Zanotti-Sorkine. “Anche i piccoli progetti troppo umani, senza grande risultato o grande effetto: è lui che ci dirà nel più intimo di noi stessi cosa dobbiamo intraprendere e fare, e ancor più quello che dobbiamo evitare”. Vivendo secondo lo Spirito Santo, come ha rivelato San Paolo, i frutti sono numerosi: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22).