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Se è Cristo che salva, qual è il mio contributo?

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Padre Henry Vargas Holguín - Aleteia - pubblicato il 22/05/15

Dio è misericordia, ma è anche giustizia e santità, e la conversione è un dovere del cristiano

C'è un detto che dice: “Se desideri qualcosa, ti deve costare qualcosa”. Cosa deve costare al cristiano per salvarsi? Il cristiano, come priorità di vita, deve cercare la propria salvezza, e per raggiungere questo obiettivo deve compiere lo sforzo quotidiano di vivere la propria realtà terrena in comunione con Dio; è quindi necessario lottare contro il peccato, che è un grande ostacolo a questa comunione.

La comunione con Dio si ottiene ricevendo e vivendo spesso i sacramenti, in modo assai particolare il sacramento della confessione e quello dell'Eucaristia.

Dall'altro lato, il Signore Gesù ha molte espressioni che denotano delle esigenze di cui devono tener conto i discepoli o quelli che lo volevano o lo vogliono seguire. Sono esigenze di ogni tipo, anche esigenze morali. E Gesù non era un semplice maestro di morale, ma era ed è il Verbo di Dio incarnato.

Molti non sono d'accordo con le sue esigenze e le sue parole. I suoi stessi seguaci hanno reagito con stupore davanti ad esse, ma Gesù non ha mai ritrattato ciò che aveva detto, come non si è tirato indietro quando i suoi discepoli lo hanno abbandonato quando ha annunciato che bisognava mangiare la sua carne e bere il suo sangue per essere salvati.

E la Chiesa, la cui guida è Gesù Cristo, è stata costituita da Lui come colonna e baluardo della verità. La Chiesa, sua sposa e nostra madre, deve quindi rimanere fedele a Gesù Cristo, deve essere in sintonia e in comunione con Lui.

È per questo che la Chiesa deve vegliare sul messaggio di Gesù e ricordarne le esigenze. La Chiesa esige, come qualsiasi buona madre, perché vuole il bene dei suoi figli.

E la Chiesa non è una cattiva madre quando da un lato desidera e chiede che i suoi figli vivano nella Grazia di Dio e dall'altro impedisce di comunicarsi a chi non è in condizioni di ricevere la Comunione, ovvero chi non ha questa Grazia.

Non lo è nemmeno quando avverte che se non ci sono esame di coscienza, contrizione di cuore, proposito di emendamento, confessione orale con la conseguenze assoluzione e soddisfazione di opere esiste la possibilità reale di condanna. La Chiesa, come ogni buona madre, non esclude nessuno, non espelle nessuno; sono i fedeli ad autoescludersi.

La Chiesa chiede fortemente ai suoi figli la conversione perché la conversione è in funzione del legarci più e meglio a Dio, fonte della vera felicità di oggi e del domani eterno. La conversione è quindi un dovere del cristiano.

È anche un processo costante che inizia riconoscendo i nostri peccati e continua sradicando il peccato fonte di sofferenza, di dolore, di pianto e di morte.

Dio e la Chiesa sperano che il cristiano sradichi a poco a poco e giorno dopo giorno il peccato dalla sua vita, ma è difficile, tra le altre cose perché purtroppo uno dei problemi di oggi è il fatto che si è persa la nozione di peccato. I cristiani son diventati esperti di compromessi per non chiamare peccato ciò che lo è.

Dio è certamente misericordia, ma è anche giustizia e santità. Non si può consentire il peccato con un concetto errato della misericordia divina, perché in questo modo si banalizzerebbe l'immagine di Dio, immagine secondo la quale Dio non può far altro che perdonare.

Al mistero di Dio appartengono anche la santità e la giustizia. Se si negano questi ultimi due attributi divini e non si prende sul serio la realtà del peccato (pentimento incluso), non può essere possibile neanche la sua misericordia. Gesù ha accolto la donna adultera con amore, con compassione e soprattutto assolvendola, ma le ha anche detto “Và e d'ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11).

Bisogna quindi saper comprendere la misericordia di Dio, perché questa non è una dispensa né dalle disposizioni della Chiesa né dai dieci comandamenti. La misericordia porta con sé la forza della grazia per alzarsi dopo una caduta e per condurre una vita di perfezione in base all'ideale del cristiano.

Come si diceva in precedenza, in questa vita e nell'altra sperimentiamo felicità o sofferenza, dolore e pianto; sappiamo già cosa dà la vera felicità e cosa non la dà.

Sono solo due le vie o due le opzioni che si aprono davanti a noi. Due vie da percorrere: una di salvezza e l'altra di perdizione. È bene ricordare la trascendenza del verbo “percorrere”. Ciascuno si può chiedere: quale via sto percorrendo?

San Paolo dice che “la parola della croce è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti” (1Cor 1, 18-19).

Per alcuni la croce è stupidità, una cosa illogica o insensata. Per chi? Per quelli che sono sulla via della perdizione. Per altri, la croce è forza di Dio. Per chi? Per quelli che sono sulla via della salvezza, per quelli che si stanno incamminando nella sua direzione. Tutto dipende da come ci relazioniamo con la croce di Cristo.

Chi è che crede che la croce (o, il che è lo stesso, la fedeltà a Cristo) sia una stupidaggine? Quelli che pensano a un Gesù inesistente, quelli che credono in un Gesù morto, quelli che non credono alla sua divinità, quelli che credono che seguire Gesù sia un nonsenso e quindi non si relazionano con Lui a livello sacramentale, quelli che non credono alla vita eterna.

Dio vuole salvare quanti accettano la predicazione di Cristo e della sua Chiesa nella sua totalità, e accettando questa predicazione credono. Questa fede deve tradursi nella vita.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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