Coerentemente con questa visione del mondo, il “bioeticista” afferma che all’origine di molti “malintesi etici” ci sarebbe la distinzione fra “vita umana” e “persona”: «È possibile dare a “essere umano” un preciso significato. Possiamo usare il termine come equivalente a “membro della specie Homo Sapiens”. Se un essere appartenga o meno ad una specie viene determinato dall’esame dei cromosomi di una sua cellula. In questo senso non c’è dubbio che dal primo momento dell’esistenza un embrione nato dallo sperma umano e da un ovulo è un essere umano, anche nel caso si tratti di un essere profondamente e irrimediabilmente disabile, come nel caso di un anencefalo, cioè di un bambino senza cervello».
«Ma c’è un altro “umano” – aggiunge Singer nel suo saggio “Practical Ethics” (Cambridge University Press, Cambridge 1993) -. È il senso del termine che abbiamo in mente quando diciamo che qualcuno è “un vero uomo” o presenta “qualità veramente umane”. Nel dire questo, naturalmente, non ci riferiamo all’appartenenza alla specie Homo Sapiens che, in quanto fatto biologico, è raramente in dubbio. Intendiamo invece che quell’essere umano possiede certe qualità caratteristiche» (op. ult. cit., p. 86).
La visione anti-etica di Singer, spiegava già dieci anni fa’ una bioeticista molto in gamba dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”, «lo porta a giustificare comportamenti aberranti come l’infanticidio di bambini malformati, l’eutanasia dei malati più gravi indipendentemente dal loro consenso, l’eliminazione dei disabili. Arriva a sostenere che sia meglio utilizzare embrioni umani come cavie per le sperimentazioni cliniche al posto degli animali da laboratorio. La portata discriminatoria ed eugenetica delle posizioni singeriane lo avvicinano manifestamente a quelle del nazionalsocialismo tedesco del secolo scorso, che non a caso si rifaceva ad una visione del mondo fortemente influenzata dal naturalismo darwiniano, lo stesso che unisce le posizioni ambientaliste, quelle dei programmi anti-natalisti mondiali e quelle razziste alla Singer» (Claudia Navarini, Il posto dell’uomo nel creato e le “violenze” del naturalismo, in Zenit, 6 novembre 2005).
Con impostazioni come quelle di Singer, è chiaro come tutto in etica, nella società e nel diritto tutto viene stravolto: l’uomo, da custode del creato, diviene il cancro del pianeta. Si tratta di un razzismo biologico che ha la sua origine nel fatto stesso di lasciar sopprimere, da parte di chi è nato, chi nato non è ma è già, indubitabilmente, “uno di noi”.