Allora perché ci ha lasciato il sacramento della riconciliazione?
Salve, vorrei sapere perché Gesù dice «va e non peccare più» sapendo che l’uomo peccherà ancora? Come mai quel «più»? Allora perché ci ha lasciato il sacramento della riconciliazione?
Angelo Sabatino
Risponde don Gianni Cioli, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica dell'Italia Centrale.
Se ho ben compreso il lettore coglie un paradosso nell’affermazione di Gesù rivolta all’adultera in Gv 8,11: «va’ e d’ora in poi non peccare più». L’essere umano infatti, come affermiamo implicitamente nell’atto penitenziale della Messa, appare costantemente peccatore a motivo della sua fragilità. Il Signore quindi sembrerebbe chiederci qualcosa che di fatto risulta impossibile. Oltretutto – lascia intendere ancora la domanda del lettore – se davvero fossimo in grado di non peccare più, una volta resi giusti dal perdono del Signore, che senso avrebbe il sacramento della riconciliazione a cui la Chiesa raccomanda invece di accedere con frequenza?
In realtà l’affermazione di Gesù va contestualizzata al peccato di adulterio per il quale la donna, che secondo la legge doveva morire, non è stata condannata, né dagli aspiranti lapidatori, che se ne sono andati dopo che Gesù aveva detto loro: «chi è senza peccato scagli la prima pietra» (Gv 8,7), né da Gesù stesso che afferma: «neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Il Vangelo non ci dice in realtà se la donna sia tornata o meno a commettere il peccato di adulterio, ma il contesto lascia ben sperare che, in forza del perdono e dell’esperienza di salvezza fatta nell’incontro con Gesù, ella sia stata capace di cambiare veramente vita. Non nel senso che non abbia poi più commesso nessun tipo di peccato, ma nel senso che non sarà stata più adultera.
Così quando dopo l’assoluzione il confessore dice, citando le parole di Gesù, «Va’ e non peccare più» (si tratta di una delle formule di congedo previste), non pretende che il penitente non commetta più nessun peccato né grave né lieve, ma intende sostenerlo nel proposito sincero di non tornare a commettere il peccato confessato e nella disposizione a portare avanti un cammino autentico di conversione. Non è detto che il penitente riesca poi effettivamente a non commettere più quel determinato peccato, ma il dolore per averlo commesso e il proposito sincero di non commetterlo più sono – è bene ricordarlo – condizioni necessarie per ricevere il perdono. In verità si deve prendere anche atto che capita non di rado di tornare a commettere gli stessi peccati che si sono confessati, in contraddizione col proposito di non farlo. Anzi molte persone si lamentato del fatto che si ritrovano a confessare proprio sempre gli stessi peccati.