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Una contadina al posto dell’operaio

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© Ade Bethune Collection

L'Osservatore Romano - pubblicato il 15/05/15

Doppio anniversario per la testata del Catholic Worker

di Giulia Galeotti

«In risposta alle nostre preghiere ci si presentò una ragazza appena diplomata che firmava i suoi lavori con il nome ‘A. de Bethune’. Le sue xilografie erano di santi lavoratori: san Pietro pescatore, san Paolo che scriveva in prigione, percorreva le strade e indottrinava san Timoteo, san Crispino calzolaio, san Corrado e tanti altri santi minori, ammesso che si possano chiamare ‘minori’ santi che hanno dato la vita per la fede e i cui cuori ardevano di un sol fuoco d’amore. ‘Un quadro’ ci diceva Ade, ‘vale diecimila parole’”. Così, anni dopo, Dorothy Day ricorderà il primo incontro con colei che sarebbe diventata parte indelebile della rivista e del movimento «The Catholic Worker». 

È l’autunno del 1933 quando Ade Bethune, studentessa diciannovenne di arte alla Cooper Union di New York, da poco emigrata con la famiglia dal Belgio (era nata a Bruxelles nel 1914), scopre — tramite alcuni amici — la rivista, restando colpita dal contenuto, ma alquanto scettica sul suo aspetto grafico. Terribilmente “squallido”, racconterà poi. La ragazza decide quindi di proporre alcune sue illustrazioni in bianco e nero per aiutare la causa, e si trattò di un’intuizione geniale. Le sue opere avevano infatti elementi in comune con l’iconografia religiosa tradizionale, ma contemporaneamente presentavano un tratto nettamente moderno: davvero un binomio perfetto per un giornale che intendeva collegare la Chiesa delle origini al mondo contemporaneo. 

Inizialmente Ade Bethune invia i suoi disegni per posta, ma poi decide che non basta: raccolti dei vestiti per i poveri aiutati dal movimento del Catholic Worker, si reca personalmente da Dorothy Day. Costei, vedendola arrivare con le borse in mano, crede che la giovane abbia bisogno di un posto dove stare: si scusa, ma al momento — le dice — non vi sono letti liberi. «Sono la ragazza che ha fatto le illustrazioni per voi» balbettò una timidissima Ade in risposta. E allora, presi gli abiti, Dorothy le spiega che avevano bisogno di santa Caterina per il numero di aprile in uscita. E già che c’era, poteva fare anche un disegno di don Bosco?

Il primo disegno di Ade Bethune, in realtà Adelaide de Bethune — “per un errore sul suo nome, firmammo le sue pitture ‘Ade Bethune’ e così tutti continuarono a chiamarla» ricorderà ancora anni dopo Dorothy Day — a essere pubblicato, nel numero del marzo 1934, fu un’incisione di san Giuseppe alle prese con il mestiere di falegname. Non fu un caso: i disegni di Ade, infatti, intendevano esattamente svelare la dignità del lavoro mostrando i santi intenti in occupazioni concrete, umili e attuali. L’artista voleva comunicare con le opere ciò che il giornale esprimeva a parole: Gesù è in mezzo a noi ogni giorno della settimana, indossa abiti riciclati e rappezzati, vivendo tra reietti, disoccupati e senza tetto. 

Poliedrica, credente, attenta al reale e desiderosa di portarvi la sua arte: tra le altre mille cose, Ade Bethune aprì e diresse una scuola di arti e mestieri a Newport, Rhode Island. Dorothy Day ci manderà a studiare la figlia sedicenne Tamar tra il 1942 e il 1943: nelle pagine della fondatrice del «Catholic Worker» emergerà la sua gratitudine di madre per quanto la figlia vi apprese. Dai lavori di casa alla falegnameria, dal giardinaggio alla liturgia. «Ogni qualvolta andavo da Ade, tornavo via — scriverà Day nella sua autobiografia — con un rinnovato interesse per la vita. Ella ha un tale senso di sacralità dell’esistenza, della bontà delle cose, un senso di cui sono permeati tutti i suoi lavori, siano essi una illustrazione di un messale, vetrate istoriate, cucito, far da cucina o giardinaggio. Un altro principio primario che ella insegnava sempre era di mirare in alto. «Se metti la linetta all’h — diceva— devi mirare più in alto di quello che la vita ti dice».

La collaborazione tra l’artista e il Catholic Worker è ormai avviata quando Dorothy Day le chiede di disegnare una nuova testata per il giornale. La novità comparve in copertina per la prima volta 80 anni fa, nel maggio 1935: un Cristo risoluto in piedi davanti una croce e — rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra — due operai. L’operaio nero e l’operaio bianco si tengono per mano, mentre Gesù abbraccia entrambi. Lavoro, Vangelo e superamento delle barriere: tra i primi interessi del giornale vi fu, in effetti, proprio quello di gettare un ponte tra le diversità razziali, ancora così violente negli Stati Uniti degli anni Trenta. 

Esattamente cinquant’anni dopo, però, nel 1985, Ade Bethune modificherà il disegno: sulla sinistra, al posto dell’operaio bianco, una contadina latino-americana con un bambino. Perché un movimento — e la storia del Catholic Worker lo dimostra — ha senso solo se esso è capace di radicare il Vangelo nel presente che cambia. E così, da trent’anni, questo nuovo disegno adorna la testata della rivista. Un uomo, una donna e un bambino in cammino, con Gesù, nel mondo.

QUI L'ORIGINALE

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