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Da sorvegliati speciali a santi

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Luis Badilla - Terre D'America - pubblicato il 05/05/15

Oscar Romero e Hélder Câmara: la riscossa della Chiesa dei poveri nel cattolicesimo latinoamericano

Due eventi ecclesiali largamente attesi e desiderati e che ora diventano realtà dopo moltissimi anni – la beatificazione di mons. Oscar Romero (El Salvador) e l’apertura, a Olinda e Recife (Brasile) del processo diocesano di beatificazione di dom Hélder Pessoa Câmara – rappresentano per i cattolici dell’emisfero americano, in particolare per quelli dell’America Latina (l’area geografica con la maggiore presenza di cattolici nel mondo) un momento di grande rilevanza, un vero momento storico che rende giustizia alla fede di molti popoli ostinati sulle orme di Cristo, spesso contro ogni speranza.
Molti studiosi e esperti ritengono che tanti guai dell’America Latina e della maggioranza dei popoli del continente americano abbiano radici nel discorso narrativo (deformato e deformante) con il quale – da Colombo in poi – questa parte dell’umanità è entrata nel grande racconto della storia universale. Nulla di nuovo. Si trattò del solito meccanismo coloniale e del solito principio: la storia la scrivono i vincitori e raramente questa storia raccoglie la voce dei vinti. E ciò, in un qualche modo e in determinanti momenti, si è esteso anche al cristianesimo che gradualmente conquistava l’anima e la cultura dei nativi, si espandeva e gettava radici profonde.

Anche i cattolici latinoamericani subirono per moltissimi decenni, in particolare dall’Europa e dalla concezione “vaticanocentrica”, una sorta di ostracismo e nei confronti delle comunità ecclesiali della regione, inclusa buona parte della gerarchia, l’atteggiamento era sempre di distacco, sfiducia e sospetto. Molti pastori, chiese locali, istituzioni cattoliche, diocesi e arcidiocesi, incluso cardinali, furono visti e ritenuti “borderline” (troppo a “sinistra”, troppo “progressisti”, con “un piede fuori e un altro dentro”). Tutto era sospetto e sospettabile e dunque tutto doveva essere sottoposto a controllo preventivo. Non pochi temevano o paventavano una sorta di confusione tra Vangelo e Politica anche perché alcune specifiche impostazioni della Teologia della liberazione offrivano delle buone ragioni a questi critici.
In buona parte, questo singolare, superficiale e ingiusto modo di guardare e vedere le chiese latinoamericane fu il frutto avvelenato della Guerra fredda che in Europa, per molti anni, condizionò ogni cosa e ogni analisi sul resto del mondo al punto che nella regione si vedevano partiti comunisti sotto ogni sasso. Eppure, in America Latina, con le eccezioni del Brasile, Cile e il caso del tutto particolare di Cuba (dove Fidel Castro porta avanti la sua rivoluzione contro il partito comunista locale e ne rifonda un altro completamente diverso), questi partiti non sono mai esistiti se non come minoranze burocratiche e irrilevanti. A molti, troppi, in ogni istanza, l’America Latina appariva come una quinta colonna sovietica nel campo cosiddetto occidentale.

Quest’ottica inquinata dalle vicende storiche europee del secolo scorso portò ad una sorta di assioma indiscusso e indiscutibile: i diritti umani, la giustizia sociale, le richieste delle masse povere, il sindacalismo, le pretese di libertà … erano tutte rivendicazioni assimilate meccanicamente, usando categorie neocoloniali, a ciò che in Europa era ascrivibile al comunismo sovietico nello scontro ideologico, politico e militare dei due blocchi.

In quest’impostazione il peso delle colpe e delle responsabilità di una certa politica statunitense è immenso anche perché tra gli anni 70 e 90 del secolo scorso Washington, e numerose agenzie governative, con montagne di denaro elargito a gruppi cristiani informali, hanno tentato in ogni modo di combattere il cattolicesimo latinoamericano considerato alleato di forze ostili agli Stati Uniti. Raramente si è registrato, come accadde in quegli anni in America Latina, una campagna clandestina, programmata e milionaria, da parte di istituzioni governative contro una confessione religiosa, dalla base dei fedeli alla gerarchia.

In questo contesto spesso la stampa statunitense prese di mira alcuni degli esponenti cattolici più in vista tra cui Oscar Romero e Hélder Pessoa Câmara. L’elenco completo di questi “target” potrebbe riempire migliaia di cartelle. Sono proprio questi due pastori seppure diversi, insieme a tanti altri, tra cui vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, laici impegnati nella catechesi, e un cardinale (Juan Jesús Ocampo, Messico) vittime di violenze di segno differente, quelli che oggi riscattano la memoria e il sacrificio, nonché la speranza di milioni di cattolici latinoamericani che hanno creduto sempre e hanno resistito comunque. Con tutti loro, i cattolici della regione, sulle orme di Aparecida, da tempo si sono avviati verso nuovi traguardi per l’Evangelizzazione e oggi trovano nel Successore di Pietro, un figlio di questi popoli, sostegno e luce.

Il ricordo di Aparecida non è casuale. E’ proprio ad Aparecida, al termine dell’Assemblea delle 22 Conferenze episcopali latinoamericane, dove si registra un vera svolta, un fatto inedito nelle storia di queste Assemblee iniziate a Rio de Janeiro nel 1958 sotto il pontificato di Pio XII. Tutte queste Assemblee sono finite con un Documento conclusivo, spesso piuttosto corposo e sempre si è dovuto attendere diversi mesi per la sua pubblicazione ufficiale poiché occorreva prima l’imprimatur della Santa Sede, in concreto del Papa. Nel caso dell’Assemblea di Aparecida, inaugurata da Papa Benedetto XVI, il Documento conclusivo fu pubblicato la sera del 31 maggio 2007, giorno della chiusura dell’incontro, con l’autorizzazione di Papa Ratzinger, il quale con questo gesto di amore e fiducia, nei fatti, cancellò la “sorveglianza speciale” di queste chiese e comunità per molti anni non ritenute “adulte”.

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