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Lascia la porta aperta ai musulmani: i consigli della Chiesa al buon cristiano

Pope Francis shakes hands with Muslim Maulavi Ash-Sheikh M.F.M. Fazil – AFP

© GIUSEPPE CACACE / AFP

Pope Francis (L) shakes hands with Muslim Maulavi Ash-Sheikh M.F.M. Fazil (R) during an intereligous meeting at Bandaranaike Memorial International Conference Hall in Colombo on January 13, 2015. Pope Francis arrived in Sri Lanka on January 13, bearing a message of peace and reconciliation among different faiths on the war-torn island as he began a two-nation Asia tour. AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 30/04/15

Insieme al prof. Bongiovanni ricostruiamo i pronunciamenti sul dialogo islamo-cristiano

Esiste una sorta di "vademecum" per spiegare come il buon cristiano deve comportarsi nei confronti dei fratelli musulmani? La Chiesa Cattolica si è pronunciata, in tal senso, in diverse occasioni. Ma quei pronunciamenti sono da considerarsi alla stregua di dogmi di fede? Se il "buon cristiano" non li segue commette un peccato? 

Aleteia ha firmato un dossier in due puntate su quest'argomento di così stretta attualità, tanto più in un periodo in cui si tende ad associare, abbastanza frettolosamente, l'Islam all'azione stragista degli estremisti dell'Isis. 

Con il professore Ambrogio Bongiovanni, docente di dialogo interreligioso ed interculturale presso la Pontificia Università Urbaniana, presso il PISAI (pontificio Istituto di Studi Arabi ed Islamici, e presso il Pontifical Beda College, abbiamo ricostruito come la Chiesa Cattolica "spiega" come rapportarsi nei confronti della religione islamica e dei musulmani.

"NOSTRA AETATE", LA PIETRA MILIARE DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO
«A parer mio – premette Bongiovanni – "Nostra Aetate" non è solo la “bussola” ma potremmo dire è la “pietra miliare” del dialogo interreligioso per i cattolici, dal quale appare difficile discostarsi. E’ una dichiarazione del Concilio Vaticano II che, insieme alle indicazioni contenute in altri documenti conciliari, anche più importanti dal punto di vista dottrinale, segna un cambio di atteggiamento della Chiesa nei confronti dei credenti di altre tradizioni religiose». 

Da un lato con questa Dichiarazione il Concilio «evidenzia il positivo presente nelle altre religioni, dall’altro indica ai “figli della Chiesa”, quindi a tutti i cristiani, il dovere di rivedere atteggiamenti del passato, di riconciliarsi con storie di discriminazioni e violenze religioso, e, nello stesso tempo nell’ambito della testimonianza cristiana, di assumere un atteggiamento ‘missionario’ attivo nella ricerca, nell’elevazione di quanto è “vero e santo” nelle varie religioni, di collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà nella comune ricerca di Dio. In fondo si tratta di un modo di tradurre concretamente quanto già Papa Paolo VI prefigurava ed auspicava nella sua lettera Enciclica Ecclesiam Suam (1964), durante gli stessi lavori conciliari, indicando il dialogo come lo spirito caratterizzante la vita della Chiesa stessa».

L'ISLAM PRIMA DI "NOSTRA AETATE"
Se il paragrafo 3 della Dichiarazione «si riferisce esplicitamente alle relazioni con i musulmani verso i quali vi è un atteggiamento di stima e di rispetto, nonostante le relazioni nel passato siano state caratterizzate da momenti difficili e a volte di guerra», nella storia c'erano già stati altri pronunciamenti della Chiesa nei confronti dei musulmani? «In generale – prosegue il docente ed esperto di dialogo interreligioso – nel corso della storia la posizione della Chiesa nei confronti delle religioni è stata segnata da un atteggiamento negativo, a maggior ragione per l’Islam che, essendosi sviluppato all’inizio del VII secolo dopo Cristo e considerando quella ricevuta dal profeta Mohammed il culmine della rivelazione divina, si pone al pari del Cristianesimo detentore di una verità assoluta e quindi pone seri e complessi interrogativi teologici».

Sin dal suo emergere, sottolinea Bongiovanni, «l’Islam viene visto come antagonista del cristianesimo e perfino come eresia. Eventuali riferimenti ufficiali della Chiesa sull’Islam precedenti al Concilio sarebbero da ricondurre al tema della salvezza con un approccio esclusivista secondo l’assioma “Extra Ecclesiam nulla salus”. Nel Medioevo, l’Europa cristiana vedeva il mondo musulmano come l’altro ‘non-cristiano’ per eccellenza, alimentando una certa polemica ed una visione molto negativa dell’Islam e del profeta Mohammad. Si trattava quindi di un confronto anche aspro che tuttora continua a segnare la memoria storica da ambo le parti e che a volte dimentica anche situazioni positive di incontro culturale come quelle avvenute in Sicilia ed in Spagna». 

«Un bell’esempio, direi profetico – aggiunge lo studioso – resta l’incontro tra Francesco d’Assisi e il sultano Al-Malik al-Kamil che proprio durante le Crociate, e quindi in pieno conflitto e in piena mentalità negativa, mette in risalto l’accoglienza, il rispetto ricevuto da Francesco da parte di chi pensava suo persecutore. Si dovrà attendere dunque molti secoli perché la Chiesa cambiasse il suo approccio verso i musulmani, attraverso uno sguardo più positivo ed il desiderio di promuovere rapporti di stima e collaborazione».

I DOCUMENTI DI MAGISTERO SULLA RELIGIONE MUSULMANA 
Già un anno prima del Concilio, la Chiesa Cattolica aveva aperto la strada al dialogo con la religione musulmana. Rivela Bongiovanni: «In maniera concisa posso dire che se la Dichiarazione "Nostra Aetate" potrebbe essere vista ‘solo’ come un documento pastorale – per cui considerata da alcuni teologi con una valenza inferiore rispetto ad altri documenti – in realtà il riferimento conciliare ai musulmani è anche contenuto nella Costituzione Dogmatica Lumen Gentium (datata 1964) che al numero 16 recita: «Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale».

Inoltre, i numerosi pronunciamenti ufficiali post-conciliari, a diversi livelli, «che aprono al dialogo senza nascondere le differenze e le difficoltà sul piano teologico», sono accompagnati «da una prassi, da eventi e gesti concreti che rappresentano un esempio per tutta la comunità cristiana: eventi come l’incontro di Assisi (1986), i viaggi, i discorsi papali a comunità cristiane e musulmane nei vari contesti visitati, ai diplomatici e alle autorità religiose».

«Direi – evidenzia il docente – che un primo segno concreto fu l’attenzione all’Islam attraverso l’istituzione di un dicastero vaticano, il Segretario per in non Cristiani che diventerà Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, con al suo interno un ufficio particolare per le relazioni con il mondo musulmano. Non va neanche trascurato quanto avvenuto fuori da Roma, ovvero tutto l’impegno nel dialogo profuso dalla Chiese locali. Prendo ad esempio quello che conosco più da vicino, il particolare impegno della FABC (Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche) che da decenni guarda al dialogo come un elemento fondamentale della missione cristiana».

ATTI PRODOTTI DAI PAPI 
Oltre ai documenti ufficiali, ci sono papi che hanno prodotto atti di Magistero in cui si fa cenno al comportamento che un cristiano dovrebbe tenere nei confronti dell'Islam.

«Sicuramente Giovanni Paolo II ha aperto la strada ad un’idea di collaborazione tra musulmani e cristiani in nome di un cammino verso il bene comune. Di grande rilievo il famoso discorso ai giovani musulmani di Casablanca in Marocco (1985), ma anche altri gesti simbolici che sono in netta antitesi con quanti credevano o continuano a sostenere che tra cristiani e musulmani non potranno mai esserci possibilità di incontro o che pensano che il dialogo sia una questione di ‘buonismo’ o di ingenuità, influenzati anche da situazioni che derivano dal proprio contesto. Certo – afferma ancora Bongiovanni – ogni dialogo va calato nel contesto: vi sono contesti più complessi dove la comunità cristiana come minoranza vive tutte le difficoltà ed i meccanismi delle minoranze religiose del mondo. Queste diverse visioni vanno ricondotte ad un quadro generale di servizio e di crescita reciproca».

Dopo l’11 settembre 2001 la prospettiva «non è cambiata». Benedetto XVI nel discorso di Colonia (2005) ha ribadito che il dialogo islamo-cristiano è "necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro".

E nel 2013, «nonostante le attuali tensioni internazionali», Papa Francesco in Evangelii Gaudium dedica cinque paragrafi al dialogo (250-254) di cui due in particolare al dialogo islamo-cristiano. «Nonostante il rimando a difficoltà oggettive di tale dialogo – chiosa l'esperto – se ne ribadisce l’impegno, lo sforzo indicandolo come via maestra per costruire il futuro domani. Le indicazioni sono sostenute da tante esperienze di dialogo nel mondo. Gli occhi della fede, la forza della speranza ed il fuoco della carità rimandano ad un ‘oltre’ la contingenza degli avvenimenti».

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