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Solo Dio è santo o ci sono molti santi e posso esserlo anch’io?

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© 1986 Túrelio (via Wikimedia-Commons)

Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 23/04/15

Dio brilla di luce propria, e il cristiano brilla se gli arriva la luce divina. Il segreto della santità umana è nella fede

Vorrei che spiegaste bene il concetto di santità. Qualcuno che mi è vicino è un po' scettico e pensa che non esistano santi, solo Dio. Nella Messa lo ha ascoltato nel Gloria e me l'ha detto con sicurezza: non ci sono santi sulla terra, solo Dio, e non bisogna vivere per credersi santi o per diventare santi.

“Fatevi dunque imitatori di Dio… e camminate nella carità” (Ef 5,1-2)

Nella preghiera del Gloria, diciamo di Gesù “Perché tu solo il santo”, ovvero solo Dio è santo, la santità è Dio stesso. La santità è un attributo della natura di Dio e implica l'assoluta perfezione morale, bontà, amore e misericordia infiniti.

In questo senso Dio è santo. Egli è la fonte storica da cui proviene ogni santità, come inizia la preghiera di consacrazione della seconda preghiera eucaristica: “Padre veramente santo, fonte di ogni santità”. E visto che Dio è Trinità, santo non è solo Gesù Cristo, ma anche il Padre e lo Spirito Santo.

L'unico santo, quindi, anzi l'unico tre volte santo, è Dio Trinità. Lo diciamo nella Messa: “Santo, santo, santo, il Signore, Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria” (Is 6, 1-2).

Il titolo prediletto di Dio per il profeta Isaia è “il Santo di Israele”. Questo è anche il nome proprio di Dio, come proclama la Santissima Vergine Maria nel Magnificat: “Santo è il suo nome”.

Visto che la santità divina è solo di Dio, però, questa santità non è alla nostra portata, è per noi inaccessibile. Abbiamo tuttavia una consolazione: la santità di Dio si è fatta carne, ha toccato la nostra natura ed è venuta ad abitare tra noi, come ci testimonia San Pietro: “Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 69).

Per questo la santità di Dio è assoluta e quella dell'uomo relativa; la santità dell'essere umano non è quella di Dio. La santità dell'essere umano è godere della santità di Dio essendo in comunione con Lui in Gesù Cristo, mentre la santità umana dipende da quella di Dio, è irradiazione della santità divina.

La santità umana è come uscire da una stanza molto buia per lasciarsi illuminare, riscaldare e vivificare dalla luce solare; solo così vedremo la realtà com'è. La realtà piena non è ciò che sperimentiamo chiusi nella stanza buia. In altre parole, Dio brilla di luce propria, e il cristiano brilla se gli arriva la luce divina.

Perché dobbiamo essere santi? Il motivo fondamentale per il quale dobbiamo essere santi è che Egli, nostro Dio e creatore, è santo. La santità è una specie di eredità, che noi figli dobbiamo assumere.

C'è però una differenza tra questa eredità e quella dei genitori, perché nel caso dell'eredità umana i genitori terreni lasciano ai propri figli solo ciò che hanno a livello materiale. Dio, al contrario, trasmette anche quello che è. Egli è santo e ci rende santi; Gesù è Figlio di Dio e ci rende figli di Dio come Lui.

Un altro motivo è che lo stesso Gesù ci dice “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). Chiedendoci di essere santi, è ovvio che Gesù non ci chiede di essere uguali a Dio, ma di lasciarci riempire da Dio per mezzo di Lui. Che tutte le azioni siano una risposta alle ispirazioni di Dio, che siano il compimento della volontà divina.

Gesù chiede che tendiamo alla perfezione citando il libro del Levitico, il cui tema predominante è la santità: “Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lev 19, 2); “Osservate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi vuole fare santi” (Lev 20, 8).

Nel Deuteronomio si inizia a chiarire cosa significhi essere santi. “Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra” (Dt 7,6-7).

Questo popolo ora è la Chiesa, il nuovo popolo di Dio; la Chiesa è proprietà di Dio, per questo è santa, non per noi uomini ma, tra le altre cose, perché è anche il corpo mistico di Cristo. 

La santità della Chiesa deve riflettersi nei suoi membri, e per questo San Pietro afferma: “Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo” (1 Pt 1, 15-16).

“Santo” significa quindi “consacrato”, ovvero eletto e separato dal resto del mondo e destinato al servizio e al culto di Dio. Santo è tutto ciò che entra in una relazione particolare con Dio dopo essere stato separato dal resto.

Il “siate perfetti” di Gesù o il “siate santi” di San Pietro è più che altro un invito, l'obiettivo di vita che Gesù vuole farci vedere; è rispondere a una necessità.

La santità non è quindi un'imposizione o un carico pesante sulle nostre spalle, ma qualcosa che Dio ci vuole dare e che vuole che riceviamo. Dio vuole donarci la sua grazia.

Siamo chiamati ad essere santi e questa è la nostra vera vocazione. Siamo stati creati “a immagine di Dio” (questa è secondo la Bibbia la nostra vera natura) e siamo destinati ad essere “a somiglianza di Dio” (Gn 1,26).

L'essere umano non è solo ciò che è dalla sua nascita, ma anche ciò che è chiamato ad essere con l'esercizio della sua libertà; l'essere umano è chiamato a migliorare, a cercare la sua perfezione nell'obbedienza a Dio, a ristabilire l'ordine delle cose che vigeva prima della comparsa del peccato originale.

Noi crediamo che Gesù sia vero Dio e vero uomo, e dire che Gesù è vero uomo significa, per la Bibbia, che è santo. Gesù è l'uomo al quale tutti gli altri devono assomigliare; è il modello perfetto di umanità, l'ultimo Adamo, come lo definisce San Paolo (1 Cor 15,45), e questo proprio perché è il Santo di Dio.

In Gesù vediamo che essere santi significa essere uomini veri, autentici. Gesù ci comunica, ci dà, ci regala la sua santità. La sua santità è anche la nostra. Anzi, Egli è la nostra santità. È scritto, infatti, che Dio lo ha fatto “per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Co 1,30). Per noi, non per se stesso, perché Egli era già santo.

Si racconta che un giornalista chiese a Madre Teresa di Calcutta: “Cosa si prova ad essere già considerata una santa?” Ella rispose: “Essere santi non è un lusso, è una necessità”.

Essere santi non è una cosa opzionale, ma la prima e più grande responsabilità che abbiamo. Essere santi significa quindi essere creature realizzate e libere dal peccato che schiavizza e che è morte; non essere santi significa aver fallito nella vita. Non è la santità che ci rende meno esseri umani, ma il peccato.

“Tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia, sia che siano retti da essa, sono chiamati alla santità, secondo le parole dell'Apostolo: 'Sì, ciò che Dio vuole è la vostra santificazione' (1 Ts 4,3; cfr. Ef 1,4)” (Lumen gentium 39).

I figli di Dio che chiamiamo santi sono semplicemente quelli che sono stati fedeli a Dio, quelli che sono stati riempiti della grazia di Dio stando in questo mondo, quelli che sono stati irradiati con la gloria divina; quelli che hanno accettato l'invito ad andare al banchetto di nozze e si sono messi il vestito della festa (la grazia di Dio) e con questo vestito di nozze (Mt 22,12) sono entrati nel trono celeste e si sono seduti al banchetto di nozze dell'Agnello.

Dov'è il segreto della santità umana? È nella fede. La santità di Cristo ci viene trasmessa per contatto, come succede con le lampadine, che si accendono grazie al contatto con l'elettricità.

C'è però una differenza tra il cristiano e la lampadina: la lampadina si limita a ricevere la corrente elettrica, mentre il cristiano è colui che chiede che gli arrivi l'elettricità mediante la fede. La fede stabilisce tra noi e Cristo una specie di contatto spirituale, e questo contatto si ottiene attraverso i sacramenti che fanno da cavo.

La santità che Cristo ci trasmette non è una cosa astratta; è lo Spirito Santo. Dire che partecipiamo alla santità di Cristo è come dire che partecipiamo dello Spirito di Cristo.

“Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito” (1 Gv 4,13). Per questo la santità che è in noi non è una santità diversa, ma la stessa santità di Cristo che ci viene concessa mediante il suo Spirito.

La lampadina deve essere in buone condizioni per illuminare. Nel caso del cristiano, parliamo di croce, mortificazioni, lotta contro il peccato. La santità è come realizzare una scultura.

Michelangelo disse che scolpire, a differenza delle altre espressioni artistiche, è l'arte di togliere. Solo una scultura si ottiene togliendo ciò che è di troppo, facendo cadere i pezzi inutili. Lo scultore non aggiunge nulla, toglie e basta.

La mortificazione, le rinunce, lottare contro il peccato ecc. sono anche opera dello Spirito Santo, non solo frutto dei nostri sforzi, ma ovviamente entra in gioco in modo più diretto la nostra libertà.

La Bibbia ci parla di santità a volte all'indicativo e a volte all'imperativo. A volte dice “Voi siete santi”, o “Siete stati santificati”, in altre occasioni dice “Siate santi”. La nostra santificazione, quindi, si presenta a volte come un cosa già realizzata, altre come qualcosa che ancora deve essere realizzato. A volte come un dono, altre volte come un dovere.

C'è un testo in cui l'apostolo San Paolo definisce i cristiani “coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi” (1 Cor 1,2). Allo stesso tempo, quindi, santificati e santificandi.

Non si poteva dire più chiaramente che, riguardo alla santità, c'è una parte che spetta a noi. Come abbiamo visto che in Gesù c'erano una santità data e una santità acquisita, anche in noi esistono una santità che abbiamo ricevuto nel Battesimo e che riceviamo in modo continuo e gratuito mediante la fede e i sacramenti e una che dobbiamo acquisire e aumentare con i nostri sforzi.

San Paolo scrive: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Dopo aver detto “non conformatevi alla mentalità di questo secolo”, l'apostolo dice “trasformatevi”. Prima di trasformare il mondo, dobbiamo trasformare noi stessi o, il che è lo stesso, convertirci.

Non possiamo quindi cadere nell'errore di dire che un santo si equipara a Dio o è uguale a Dio o è santo quanto Dio. Solo Dio è buono, perché da Lui deriva ogni bontà ed Egli ispira e accompagna le nostre opere buone.

Noi cristiani adoriamo Dio, mentre non adoriamo una persona – per quanto possa essere santa. Ci limitiamo a venerarla, ad ammirarla, ci affidiamo a lei e le rendiamo grazie perché è uno stimolo e ci dice, con la sua testimonianza di vita, che è possibile compiere la volontà di Dio, che è possibile stare in comunione con Dio.

Quando la Chiesa beatifica qualcuno, ciò che fa è dichiarare che è un beato, una persona felice per la sua fedeltà a Dio e che, di conseguenza, gode eternamente di Dio.

Quando la Chiesa canonizza, non sta “santificando” qualcuno. Ciò che fa è semplicemente dichiarare che quella persona è con Dio, testimonia che quella persona è salvata e la propone come esempio di vita cristiana.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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