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Il caso curioso del furto della pietra del papa

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John Lockwood - pubblicato il 21/04/15

Come gli anticattolici hanno eliminato il dono del Vaticano per il monumento a Washington

Una delle storie più singolari relative al monumento a George Washington nella capitale statunitense è il furto della pietra papale nel 1854, apparentemente da parte di membri dell'anticattolico e antipapista Know-Nothing Party.

È iniziato tutto con il movimento “nativista” della metà del XIX secolo. I “nativisti” a volte si definivano, in modo piuttosto ironico, nativi americani. Si opponevano alle nuove ondate di immigrati, legali o illegali, da Paesi come l'Irlanda o l'Italia. Fino a quel momento, la maggior parte dei coloni europei era formata da protestanti provenienti da luoghi come la Gran Bretagna e la Germania. I nuovi arrivati erano spesso cattolici e tremendamente poveri, come gli irlandesi che sfuggivano alla carestia delle patate.

All'inizio degli anni Cinquanta dell'Ottocento, questi sentimenti si erano coalizzati nel partito americano, chiamato comunemente dei Know-Nothings. Il soprannome derivava dagli incontri segreti e dai segni nascosti, più adatti a un club per bambini che a un partito politico, e dall'abitudine di rispondere “Non so niente” quando venivano interpellati sulle loro attività. I Know-Nothings ebbero un grande successo per un breve periodo, soprattutto nelle elezioni del 1856, ottennero molti incarichi locali e statali e riuscirono anche a inviare alcuni membri al Congresso.

Il problema con il monumento a Washington iniziò nel 1852, quando il Daily National Intelligencer di Washington, D.C. annunciò il 7 febbraio alla pagina 4 l'intenzione del papa di contribuire donando una pietra perché venisse inserita all'interno del monumento. La pietra proveniva dal Tempio della Pace, noto anche come Tempio della Concordia, di Roma, e doveva riportare un'iscrizione in inglese: Rome to America.

È piuttosto strano che sia alla pagina 2 del The New York Times del 30 gennaio 1852 che alla pagina 2 del The Daily Cincinnati Commercialdel 23 febbraio dello stesso anno si dichiarasse che il Vaticano progettava di inviare due pietre. Probabilmente poi si cambiò idea, visto che a Washington ne arrivò una sola.

I nativisti non tardarono a protestare. Circolarono discorsi e petizioni, e una petizione diceva che “l'iscrizione ROME TO AMERICA comporta un significato che va al di là di quello naturale… che questo dono di un despota, se posto tra quelle mura, non potrà mai essere guardato dai veri americani se non con sentimenti di mortificazione e disgusto”.

La pietra arrivò nel 1854 – la data esatta non è nota – e venne sistemata in un magazzino alla base del monumento chiamato lapidarium. Era lunga quasi un metro, alta 45 centimetri e spessa 25. Il lapidarium conteneva già molte altre pietre giunte in dono da tutti gli Stati Uniti e dal mondo intero non ancora inserite.

All'inizio, i Know-Nothings chiesero che sopra la pietra papale nel monumento venisse collocata una “pietra di protesta”, come si legge alla pagina 2 dell'edizione del New York Times del 9 marzo 1852. Ma poi…

La notte tra il 5 e il 6 maggio 1854, tra l'una e le due, vari uomini scesero nel magazzino per rubare la pietra papale. Ciò che accadde in seguito è stato vividamente descritto sulla prima pagina dell'edizione dell'8 marzo 1854 del Daily National Intelligencer. Il guardiano notturno George Hilton era di guardia nel suo gabbiotto, attorno al quale gli uomini legarono delle corde, dicendo a Hilton di rimanere in silenzio. I ladri incollarono anche dei giornali sulle finestre del gabbiotto che davano sul lapidarium. In qualche modo riuscirono a mettere la pietra su un carrellino usato dagli operai e la portarono via per gettarla nel fiume Potomac.

Il percorso era molto più breve di quello attuale. All'epoca, infatti, il Potomac era ben più ampio di adesso e scorreva molto vicino all'angolo sud-occidentale del monumento.

In seguito, il guardiano venne guardato con sospetto. Dopo tutto aveva un fucile due canne, e le finestre incollate potevano essere alzate o abbassate a piacimento. Hilton venne licenziato.

Il 9 marzo 1854, l'Intelligencer annunciò in prima pagina che la Washington National Monument Society, incaricata del progetto, aveva messo una taglia di cento dollari sui ladri, elevata il 4 aprile a 500 dollari, ma i malviventi non vennero mai catturati.

Nel 1873, il pontificato considerò l'ipotesi di inviare una pietra sostitutiva. Sulla prima pagina dell'edizione del 3 marzo 1873 del Morning Republic (o Little Rock Daily Republican), di Little Rock (Arkansas), si leggeva che il Vaticano all'inizio “era così indigente [indignato?] per l'accaduto da rifiutarsi di inviarne un'altra”. Ad ogni modo, “di recente ha riconsiderato la questione, e ne fornirà un'altra”. Se mai venne inviata, non appare nel monumento.

Anni dopo, il 30 settembre 1883, il Washington Post pubblicò in prima pagina un'intervista al gestore di un bar che manteneva l'anonimato e dichiarava di essere stato uno dei ladri. Se si può fare affidamento su questo racconto, i ladri erano nove, ed erano Know-Nothings.

Il gestore del bar descrisse la pietra dicendo che aveva un'iscrizione in lettere dorate. I ladri avevano portato la pietra a nord del monumento, in un laghetto chiamato Babcock Lake (ora riempito). Da lì in qualche modo l'avevano spinta fino al fiume, seguendo il Long Bridge – più o meno dove si trova ora il George Mason Bridge. Un amico dal ponte faceva luce con una lanterna rossa. I ladri ruppero la pietra per prenderne dei pezzi come souvenir e gettarono il resto nel fiume.

“Se le draghe al lavoro nel Potomac trovano il punto giusto, pescheranno qualcosa che farà scalpore”, aggiungeva il gestore del bar. È proprio quello che successe nove anni dopo.

Il 19 giugno 1892, alla pagina 2, il Washington Post pubblicava un articolo sul ritrovamento della pietra. Dei sommozzatori erano al lavoro nella zona nord del Long Bridge per piantare le fondamenta per una nuova serie di moli. Un sommozzatore di nome Harry Edwards stava usando una grande idrante ad aspirazione per eliminare i detriti quando scoprì l'angolo di una grande lastra di pietra.

Un'ulteriore pulizia rivelò “un pezzo di marmo variegato ben tagliato e splendidamente lucidato, striato con venature rosa e bianche… spesso circa quindici centimetri, e forse di 45 centimetri per 90…”. Un lato riportava un'iscrizione danneggiata: “Ro – t – merica”, “incisa in caratteri gotici”.

Si riunì una folla di curiosi. Uno di loro, secondo l'articolo del Post, era un signore anziano con vestiti di altri tempi che colpì la pietra con il bastone. “Da dov'è saltata fuori?”, disse seccamente. Quando gli venne chiesto se ne sapeva qualcosa, gridò: “È opera del Diavolo, ed è tornata dall'inferno al quale apparteneva”, e poi se ne andò. Era un anziano Know-Nothing?

La pietra venne riposta in un una piccola costruzione lì vicino perché fosse al sicuro. Due giorni dopo, il 21 giugno 1892, la pagina 5 del Post riportò il titolo scoraggiante: “Rubata la pietra papale. La pietra misteriosa scompare per la seconda volta”. Alle 23.30 del 19 giugno, gli operai erano andati via dopo aver chiuso con cura la porta della costruzione nella quale si trovava la pietra. Una finestrella lasciata socchiusa per favorire la ventilazione venne ritrovata spalancata.

Nessuno scoprì mai cosa fosse accaduto, anche se il locale Evening Star del 26 maggio 1959, alla pagina B-1, menzionava una leggenda urbana in base alla quale la pietra era stata sepolta tra la 21ma e R Street.

Molto dopo, nel 1982, il Vaticano ha davvero inviato un'altra pietra per sostituire l'originale. È di marmo bianco e ora è collocata nel monumento a Washington, a cento metri di altezza, nel muro occidentale interno della scala. L'iscrizione recita “A ROMA AMERICAE”, che in latino significa “Da Roma all'America”.

John Lockwood è un park ranger di Washington, D.C. Avendo trascorso gli ultimi sessant'anni nella capitale statunitense, scrive con la generosa assistenza degli Archivi Nazionali e della Biblioteca del Congresso. Questo articolo è stato pubblicato in origine sul Catholic Journal US.

[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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