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Addio ad Elio Toaff, uomo di fede e di dialogo

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 20/04/15

Fu rabbino capo di Roma per 50 anni, amico personale di Giovanni Paolo II e pilastro morale per tutta l'Italia

Barukh atah Adonai Eloheinu melekh ha'olam, dayan ha-emet, ovvero "Benedetto sei Tu, Signore, nostro Dio, Re dell'universo, Vero Giudice”. Come risposta più breve da parte della comunità che si raccoglie attorno al defunto per omaggiarlo si risponde semplicemente Baruch Dayan Haemet (all'incirca: Benedetto sei Tu, Vero Giudice). E' questo che anche noi diciamo con affetto ad un grande uomo di fede, il Rabbino Elio Toaff che ieri è tornato alla casa del Padre alla venerabile età di 99 anni (ne avrebbe compiuti 100 tra appena 10 giorni).

La biografia
Elio Toaff studiò presso il Collegio Rabbinico della sua città natale, Livorno, sotto la guida del padre, Alfredo Toaff, rabbino della città. Frequentò al tempo stesso l'Università di Pisa presso la facoltà di Giurisprudenza, dove poté laurearsi nel 1938 nei tempi stabiliti, in quanto l'introduzione delle leggi razziali fasciste, precludeva agli ebrei l'ingresso alle università ed espelleva gli studenti fuori corso, ma consentiva di completare gli studi a chi ne fosse giunto al termine. L'anno successivo completò gli studi rabbinici laureandosi in teologia al Collegio rabbinico di Livorno, ottenendo il titolo di rabbino maggiore. Fu nominato rabbino capo di Ancona, dove rimase dal 1941 al 1943. Dopo l'8 settembre 1943, con la recrudescenza della violenza nazista e le prime deportazioni italiane per i lager, Toaff, sua moglie Lia Luperini e il loro figlio Ariel fuggirono in Versilia scampando all'assassinio in casa per l'aiuto del parroco della vicina chiesa che lo salvò avvertendolo dell'agguato, facendolo poi fuggire con l'aiuto di famiglie cattoliche e alterando le generalità sui loro documenti, girovagando tra mille insidie. Più volte Toaff scampò alla morte per mano nazista (in un'occasione scampò ai nazisti rifugiandosi a Città di Castello di cui è cittadino onorario dal 1999). Entrò nella Resistenza combattendo sui monti e vedendo con i propri occhi le atrocità ai danni di civili inermi (Il Messaggero, 19 aprile).

Toaff divenne rabbino capo di Roma nel 1951, ruolo ricoperto fino al 2001 quando, all’età di 86 anni, annunciò le proprie dimissioni. Questa decisione venne manifestata da Toaff stesso nella Sinagoga di Roma al termine delle preghiere per il “Oshannà Rabbah’

Grande fu la commozione tra i fedeli che erano in ascolto. Il successore alla carica venne scelto in Riccardo Di Segni. Oltre al suo ruolo spirituale, ha ricoperto diverse cariche nella comunità ebraica italiana: presidente della Consulta rabbinica italiana per molti anni, direttore del Collegio rabbinico italiano e dell’istituto superiore di studi ebraici, direttore dell’Annuario di Studi Ebraici. Inoltre era membro dell’Esecutivo della Conferenza dei rabbini europei fin dalla fondazione nel 1957 e dal 1988 era entrato a far parte del Praesidium (La Stampa, 19 aprile).

Per Riccardo Pacifici, presidente degli ebrei romani, "un gigante della storia che ha ridato orgoglio alle nostre comunità". I funerali si svolgeranno domani pomeriggio a Livorno (Avvenire, 20 aprile).

Quell'incontro pacificatore col Vescovo di Roma
Nel suo testamento spirituale, Giovanni Paolo II ha citato solo due persone: Elio Toaff e il segretario Don Stanislao. "I nostri fratelli maggiori, fratelli prediletti" così Giovanni Paolo II definì il popolo ebraico quando il 13 aprile del 1986 si recò al Tempio maggiore di Roma, per rendere omaggio alla più antica comunità ebraica della " diaspora". "Fu un gesto sconvolgente da molti punti di vista – aveva ricordato Toaff . Era la prima volta che un Papa entrava in Sinagoga e io ero molto impensierito perché non sapevo come sarebbe andata, né quale sarebbe stato l'atteggiamento del Papa nel momento in cui sarebbe entrato nel Tempio. Ma quando l'ho visto venirmi incontro a braccia aperte e abbracciarmi davanti a tutti, allora la tensione si è appianata e tutto si è fatto molto più semplice e amichevole" (Repubblica, 19 aprile).

(Una amicizia che si è protratta per molti anni)
 (La strada aperta e poi percorsa anche da Benedetto XVI: l'amicizia)

Del suo rapporto con i pontefici, nel 2010 (nell'ultima intervista resa ad un giornale) rispondeva:

Lei ha accolto alle porte della sinagoga di Roma il primo papa che fece visita alla comunità più antica della Diaspora ed è sceso in strada per salutare anche la recente venuta di Benedetto XVI. Quali segni di differenza possono essere tracciati fra questi due importanti momenti del dialogo fra le fedi?
Il dialogo è importante, e bisogna andare avanti con coraggio. Giovanni Paolo II era dotato di questo coraggio. L’ho visto e di questo posso testimoniare (Pagine Ebraiche, maggio 2010).

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