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Tratta e narcotraffico. Secondo round in Vaticano

Gustavo Vera

© TERRE D'AMERICA

Alver Metalli - Terre D'America - pubblicato il 15/04/15

Venerdì iniziano i lavori. Parla Gustavo Vera, relatore: “Impariamo dai gesuiti delle reducciones…”

Gustavo Vera le cose le prende sul serio e si sta preparando con diligenza all’appuntamento che lo porterà per la quinta volta in vaticano, come la presidente Kirchner che lo seguirà di qui a poco. Ha 30 minuti per parlare dei “successi, difficoltà e problemi nella riduzione della prostituzione e del lavoro schiavo”. L’invito glielo ha fatto Marcelo Sánchez Sorondo nella sua qualità di Presidente dell’Accademia delle Scienze sociali che ha a carico il secondo colloquio sulla Tratta e il traffico di persone dopo quello del novembre 2013. Ma si sa chi c’è dietro, e che il nome di Vera l’ha fatto il Papa. Che vuole sapere se ci siano risultati concreti nella lotta a quello che già da arcivescovo di Buenos Aires considerava un “orrore” e una “piaga” che gridano vendetta al cospetto di Dio.

La risposta di Vera, che dal 2001 dirige l’organizzazione non governativa “La Alameda”, è che l’impresa di “ridurre” – nel sobrio linguaggio ecclesiastico – è ardua ma di risultati ce ne sono, eccome. “Il tema è entrato con forza a tutti i livelli della società, e chi lavorava per debellare il lavoro schiavo e la tratta di persone ha ricevuto un grande impulso dal Papa” argomenta; “centinaia di nuove organizzazioni sono nate in tutto il mondo e tante hanno cominciato a riunirsi per meglio affinare l’azione sul terreno della prevenzione e della repressione”. Insomma, così, come le mafie e il crimine organizzato si coordinano tra di loro, anche chi li combatte ha cominciato a coordinarsi sulla spinta del Papa argentino. “Leader religiosi hanno firmato un documento per dichiarare la tratta e i delitti connessi come reati di lesa umanità. La pressione è forte e i risultati cominciano a vedersi nelle legislazioni nazionali e sul terreno concreto” spiega Vera che ricorda tempi recenti, quando le discussioni a livello parlamentare si arenavano contro un muro di gomma.

Nel suo ufficio al secondo piano del palazzo della legislatura di Buenos Aires Gustavo Vera consulta ricerche, sintetizza dati e studia il passato. “Mi hanno chiesto di parlare della tratta di bianche in Argentina e del suo legame con il narcotraffico…” riferisce. Ha intenzione di prenderla alla larga, ma poi – a ben vedere – non tanto da perdersi per strada. Sostiene che la lotta dei gesuiti nel XVII e XVIII secolo e il modo come i seguaci di Sant’Ignazio emancipavano gli aborigeni guaranì dalla sottomissione e dal lavoro in schiavitù cui li sottomettevano gli encomenderos spagnoli ebandierantes portoghesi sia un buon punto di partenza. Sono le famose reducciones, diffuse in America del sud su un territorio che andava dall’Ecuador al Cile, dalla Bolivia al Paraguay passando per Argentina, Uruguay e Brasile. Sta leggendo i testi di un non cattolico, un esponente della sinistra nazionale con venature trozkiste per l’esattezza che si chiama Abelardo Ramos e quelli di un uruguayano, un peronista, filosofo e storico, Methol Ferré. “Le missioni gesuite e la lotta alla schiavitù sociale ed economica sono nel DNA di Papa Francesco” sostiene, “ed oggi va portata avanti sul terreno come facevano allora i missionari della Compagnia di Gesù”.

Sarà un discorso colto quello di Gustavo Vera, dotto e severo. “Siamo in presenza di un nuovo processo di ri-accccumulazione capitalista di tipo mafioso, che scatena fenomeni come il contrabbando di armi, la tratta di persone, il narcotraffico e il commercio sotterraneo di organi umani”. Da cattolico rivendica la primogenitura storica nella lotta al lavoro in schiavitù. “Quando si produsse l’accumulazione originaria, nell’Inghilterra del XVIII-XIX secolo, poi negli Stati Uniti, i gesuiti vi si opposero, prima ancora che lo facessero i socialisti e i marxisti”. Oggi che un gesuita guida la Chiesa universale “questa lotta per la libertà, la dignità e uno sviluppo economico che superi la cultura dello scarto può dare risultati duraturi”.

Per Vera, e anche questo lo dirà nel suo intervento in Vaticano, tratta di esseri umani e droga hanno un punto di connessione molto forte. “Nessuno di questi delitti può essere commesso in maniera reiterata e per un tempo prolungato se non ci fossero complicità o reticenze a livello statale”. Il dito di Vera si alza e punta in direzione del potere politico. «Non si può trafficare droga da un posto all’altro se non ci sono complicità alla frontiera, se non c’è acquiescenza nei commissariati di quartiere, se non ci sono coperture nel sistema giudiziario, insomma senza “corridoi” e “nicchie” di corruzione nello stato nazionale».

C’è poi una indiscutibile sinergia del crimine. “I mafiosi non hanno delle specializzazioni rigide. Le rotte della droga sono le stesse di quelle del traffico di organi che a loro volta coincidono con quelle del contrabbando di armi”. I mafiosi, per Vera, passano da una all’altra di queste attività seguendo la logica del profitto. Fa l’esempio di una provincia argentina, Entre Rios, “una di quelle che cinque o sei anni fa registrava il maggior numero di postriboli”. Lui e l’Alameda ne hanno fatti chiudere a dozzine. “Ma è cresciuto il narcotraffico e la vendita a dettaglio della droga, ilnarcomenudeo, com’è conosciuto nell’ambiente, perché – mi ha spiegato un mafioso – era diventato più redditizio della prostituzione organizzata”.

Gli chiediamo a bruciapelo se anche lui, come il Papa, pensi che l’Argentina si stia messicanizzando. “Attraversiamo un processo simile a quello del Messico di un decennio fa” precisa con puntiglio, “quando la corruzione statale prolungata si è saldata con il crimine organizzato generando una stato di mafiosità”. “E’ così anche da noi” aggiunge; “ogni commissariato di Buenos Aires ha la mappa del delitto della propia giurisdizione con assoluta precisione, ma non per combatterlo, lo stato è assente o è presente in maniera mafiosa”.
E se anche lui creda che in Argentina la droga si produca, come ha detto il Papa nell’intervista a “La Carcova news”, il giornale della baraccopoli di padre Pepe di Paola? “Nella villa 1-11-14 ci sono laboratori di cocaina in 15 isolati, e cucine mobili dove si elaborano cloridrato di cocaina; la pasta base viene dall’Olanda…”.

Vera riserva qualche parola anche al prossimo viaggio della presidente Kirchner in Vaticano, “una visita richiesta che il Papa non può non concedere”. Poi enuncia «le tre linee di Francesco sull’Argentina: rispetto per i mandati costituzionali, perché tutte le volte che sono stati interrotti prematuramente non ci è andata molto bene, con svalutazione e crisi che finiscono con pagare i poveri; rispetto per i giudici, tutti, perché quelli impegnati in processi sensibili che toccano i settori del potere possano lavorare in libertà; politiche pubbliche sostenute dall’ “ufficialismo” e dall’opposizione per sconfiggere il narcotraffico che è il peggior cancro che abbiamo oggi in Argentina».

QUI L’ORIGINALE

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